venerdì 27 settembre 2013

Can box set. 17 vinili e materiale fotografico inedito

Ottime notizie per i fan dei Can.[1]
Dopo la pubblicazione dei carbonari Lost Tapes, sia in edizione in triplo cd che in quintuplo vinile, l’etichetta Mute ha annunciato l’uscita del catalogo rimasterizzato della band, che conterrà 17 vinili da 180 g. racchiusi in una scatola di lino.

La release degli LP è attesa per il prossimo 3 dicembre. Ci saranno i 13 classici del gruppo, assieme ad Out Of Reach, fuori catalogo dal 1978, e Can Live, album dal vivo registrato con la line up storica, formata da Holger Czukay (basso), Michael Karoli (chitarra), Jaki Liebezeit (batteria) e Irmin Schmidt (tastiere). Inoltre, gli artwork di copertina verranno riprodotti nella forma originale, e ci saranno anche cinque poster e un booklet di 20 pagine in formato 12”, con fotografie inedite e note scritte da Alan Warner.

Can Vinyl Box:

Monster Movie
Soundtracks
Tago Mago (2LP)
Ege Bamyasi
Future Days
Soon Over Babaluma
Delay
Unlimited Edition (2LP)
Landed
Flow Motion
Saw Delight


Note e links:
[1] Non ho scritto una parola di questo post, è tutto tratto, senza permesso, da Sentireascoltare.
Ho solo evidenziato in grassetto sei parole.
La scatola di lino.
Ohibò.
Prossimamente mi aspetto: una giacca di cartone, gli spaghetti di acciaio, l'automobile di gommapane e i dischi di vinile.
Ah no, scusate: gli ultimi, sembra esistano già.

giovedì 19 settembre 2013

Yo La Tengo - Fade (Deluxe Edition)

Evvabbè, ma cazzo, ma proprio gli Yo La Tengo dovevano spostare il confine delle "De Luxe Edition" un altro poco più in là?
Non per il trentesimo, non per il venticinquesimo, nè per il ventesimo nè per il decimo o il quinto anniversario.
E nemmeno in contemporanea con l'uscita per la prima volta del disco.

Tutte robe già fatte, pfui.

Ecco il nuovo limite: il quasi primo anniversario del disco.
"Fade" è uscito a gennaio 2013, ora per il 19 novembre 2013 è prevista la deluxe edition, con il consueto contorno di inediti, demo, cover e versioni live (sintetico: "scarti") pubblicati sul secondo cd.
Alcuni dei quali brani (siamo moderni, suvvia) disponibili solo come download aggiuntivi all'acquisto della deluxe edition.

Cioè, aspettiamo una decina di mesi che ormai chi voleva comprarsi il disco se l'è già preso, e i fan più accaniti, che se avessimo pubblicato le due versioni insieme si sarebbero comprati direttamente la deluxe, adesso saranno "costretti" a ricomprarsi anche la nuova versione.

C'è indubbiamente del genio commerciale dietro a tutto ciò, eh.
Però dagli Yo La Tengo una cosa così non me la sarei mai aspettata.
Da tutti gli altri, magari, ma non da loro.
Uno dei pochi gruppi autoironici del rock indipendente.
Uno dei pochi gruppi che ho sempre stimato incondizionatamente per la coerenza se non per la qualità dei loro dischi, comunque costantemente al di sopra della media.

Poi si può capire, il tempo passa per tutti, due lire in più mica ti fanno schifo.
Ma gli Yo La Tengo, ecco: mi sembravano diversi.
Delusione dell'anno.

Il nuovo "Sentireascoltare"

"Sentireascoltare" è forse il migliore sito web che parla di musica, da diversi anni.
Senz'altro quello che io preferisco, sia per quello di cui parla sia per come ne parla.
Da qualche giorno il sito è stato profondamente rinnovato nella struttura.
Graficamente gradevole, ma lo era già prima.
Però.

Io lo leggo spesso in ufficio.
E in ufficio non ho esattamente l'ultimo modello di computer, eh.
Nemmeno il penultimo, a dire il vero.
Ho tre onesti cassoni di cinque o sei anni fa, Pentium 4 con 512 Mb di Ram, che per il lavoro di ufficio vanno benissimo.

La versione precedente di Sentireascoltare era velocissima e perfettamente leggibile anche con i tre cassoni.
Adesso, cavoli: no.
E' diventato lento e pesante, ci mette alcuni minuti ad aprire le pagine, e se ne apro più di una mi manda in blocco il computer.

Per una volta, mi accodo ai crociati del "Meglio Prima".
E quindi sì: "Sentireascoltare", meglio prima.
Che almeno riuscivo a leggerlo...


Note e links:
Ad esempio: l'immagine qui sopra del logo di "Sentireascoltare" è significativa.
E' un png trasparente: sul sito è bellissimo, perchè lo sfondo è grigio scuro; qui fa schifo perchè lo sfondo è bianco.
Ma è un indice: un'immagine trasparente ci mette più tempo a essere caricata ed elaborata, rallentando i poveri vecchi cassoni del mio ufficio.
Tutto il nuovo sito funziona così.
Purtroppo.

venerdì 13 settembre 2013

Seashell Records - Pluviôse

Seashell Records è il nuovo progetto di etichetta cassettografica di Claudio Cataldi, musicista palermitano con all'attivo due ep per la - purtroppo defunta - Woolshop Productions e Federico Ghersi.
Esordisce in questi giorni con la prima release, la compilation "Pluviôse".

Che ha un sacco di pregi: ad esempio, ci sono pochi pezzi - nove - per una durata che è grosso modo quella di un Lp di una volta.
Di conseguenza è impossibile annoiarsi durante l'ascolto, come - siamo sinceri - capita nel 99% delle compilation, soprattutto quelle con venti/trenta pezzi di altrettanti gruppi diversi.

I gruppi partecipanti spaziano dall'Italia al Giappone, dalla Polonia agli Stati Uniti, con una bella varietà di zone d'origine che dimostra, una volta di più, quanto sia ormai ininfluente il luogo geografico in cui nasci rispetto alla musica che produci.

La compliation è disponibile in download digitale da Bandcamp, dove è anche possibile ascoltarla in streaming, al prezzo più che accessibile di 5 euro, compresa la spedizione della copia fisica (ci torno tra un momento)

Ma, soprattutto: la musica contenuta è bella, ed è esattamente quella che mi interessa ascoltare in questo momento.

Oltre al sempre ottimo Giampiero Riggio (qui con harmonium e cello, peccato per la voce registrata non benissimo) mi piacciono particolarmente i brani di Chewing Magnetic Tape (tra wave elettronica e krautrock), di Lipan (parte con una chitarra che mi ricorda gli Husker Du di "Too Far Down", poi l'uso della voce mi rimanda a uno dei gruppi italiani più amati da me, i Leanan Sidhe), di In Every Dream A Nightmare Waits (impressionante la somiglianza con la voce di Brendan Perry e con il suo folk medieval/apocalittico).
E soprattutto, Novanta, una rivelazione: un pezzo che parte da un arpeggio di chitarra e arriva a un pieno strumentale postqualcosa mybloodyvalentineggiante.

Non tutto è positivo, eh: la cosa della pubblicazione su cassetta, ne abbiamo già ampiamente parlato nel post dedicato al Cassette Store Day, anche attraverso i commenti lasciati da Claudio.

Anche se, visto che la cassetta è inclusa nel prezzo del download (o il contrario) la spesa è più che affrontabile, e in fin dei conti le considerazioni negative sul formato erano dedicate in particolare alle edizioni solo su cassetta.
Qui c'è la doppia versione, fisica e digitale, e allora va bene così.
In sintesi: esordio ottimo e ampiamente consigliato a chi si interessa di "suoni altri".


Note e links:
Seashell records
Facebook
Bandcamp

mercoledì 11 settembre 2013

Troppi dischi?

Argomento annunciato nei commenti al post precedente sul "Cassette Store Day", lo spunto nasce dalla conversazione con Claudio della Seashell Records.
Sul web leggo sempre più spesso due lamentele, che provo a riassumere genericamente così:

Lamentela 1
Ai giovani di oggi la musica non interessa più.
Invece di comprare dischi (come facevamo noi negli anni 60/70/80/90, a seconda dell'età del lamentante) spendono i loro soldi in altre cose: computer, telefonini, videogiochi, internet.
La musica non la ascolta più nessuno.


Lamentela 2
Al giorno d'oggi escono troppi dischi: colpa del web, che ha reso possibile a tutti pubblicare la propria musica con investimenti minimi o nulli (mica come quando eravamo giovani noi che invece ci voleva un produttore e una casa discografica e solo i migliori etc.)
E così esistono troppe produzioni, e nessuno è più in grado di ascoltare tutto.


Ora.
Anche senza parlare del fatto che, per quanto mi riguarda, è sicuramente meglio avere più dischi che meno dischi, a prescindere.
Se poi ce ne sono di più brutti, pace: basta scegliere. E poter scegliere mi sembra sempre meglio del contrario.

A me le due cose sembrano altamente contradditorie.
A meno che la sovrabbondante messe di produzioni sul web sia prodotta esclusivamente da pochissimi musicisti ultra-quarantenni estremamente prolifici (ma mi sembra molto poco credibile) vuol dire che gente che fa musica ce n'è ancora, e molta.
Probabilmente, di tutte le età...

Poi possiamo discutere se sono cambiate le modalità con cui ci si rapporta alla musica.
Anche se a me sembra di no: non è che quando io avevo 15 anni tutti ascoltavano i Clash, anzi.
Nella mia classe del liceo, eravamo in 35 e i Clash li ascoltavamo in due, altri tre o quattro ascoltavano Genesis e Pink Floyd, agli altri 30 della musica non fregava un beneamato cazzo.

Certo, oggi la musica si vende quasi più.
Ed è anche vero che l'abbondanza di prodotti disponibili non si può vedere in modo univoco: per un ascoltatore è una cosa positiva, per un produttore un po' meno.
Ma si chiama mercato, che ci volete fare.
Lo stesso che ha reso stramiliardari gruppi e discografici nel secolo scorso, e che adesso è cambiato.

Però mi sembra che la musica ci sia ancora, che venga suonata e ascoltata grosso modo sempre dalla stessa percentuale di persone.
In maniera diversa, va bene: con i telefonini invece che con lo stereo.
E la musica che ascoltano i ragazzi non è la stessa che ascoltavamo noi, certo che sì.
Ma sarebbe strano il contrario.

venerdì 6 settembre 2013

Cassette Store Day

Fantastico.
Dopo il "Record Store Day", il "Cassette Store Day".

Esiste, davvero: è per domani, 7 settembre 2013.
Con la collaterale serie di nuove produzioni appositamente realizzate per.[1]
Ho trovato il link su Facebook, come pure il link a questo fantastico articolo tratto da "Elle".

Che, per chi non lo sapesse, è un giornale di moda.
Ecco, giusto lì si può scrivere "...la manifestazione che vede celebrata la musicassetta, supporto d’eccellenza per tutti i musicofili degli anni ’80 e ’90."
Supporto d'eccellenza?
La musicassetta?
Chi c'era e ascoltava musica non può che mettersi a ridere...

Subito dopo, la solita stronzata sulla dimensione fisica della musica: "Un’iniziativa "nostalgica" (che cavalca il trend vintage), ma che allo stesso tempo - secondo noi - cerca di riportare la musica in una dimensione tangibile: una musica da "toccare", fatta di supporti materiali che rimangono, così come lo sono i cd, i vinili e così come non lo sono gli MP3."
La musica da toccare, come no.
Manca solo il paragrafo sulla dimensione della copertina, forse perchè le copertine delle cassette erano più piccole di quelle dei cd?

Le cassette hanno un indice di figosità snobbistica hipster retrò assolutamente imbattibile, e infatti il primo articolo da me trovato che ne parla è tratto da una rivista di moda.
E lì è giusto che rimanga 'sta roba qui: è moda, non musica.

Avevamo già parlato, un anno fa circa, delle produzioni solo su cassetta.
Continuo a pensare che, "...se io compro della musica, mi piacerebbe poi poterla ascoltare senza dovermi comprare un nuovo (vecchio) mezzo di riproduzione sonora a seconda del grado di indie-snobbità di chi l'ha prodotta."


Note e links:
[1] Dopo il per, completare a piacere.
Ad esempio, "celebrare la festosa ricorrenza", oppure "fare un regalo agli appassionati che parteciperanno alla giornata".
Per quanto mi riguarda, metterei "raccattare gli ultimi euro dai fessi che ci cascheranno".

mercoledì 4 settembre 2013

Dischi prova

A proposito dei dischi audiofili in edizione masterizzata MFSL al 50% della velocità su vinile vergine da mezzo chilo.
Magari di stampa giapponese, che non si sa bene per quale ragione dovevano suonare senz'altro meglio degli altri.
Nel post precedente ho citato tre titoli che esaurivano il parco "software" degli appassionati di "hardware" dell'epoca.
Cioè quelli che non avevano problemi di budget per i dischi: per ascoltare l'impianto hi-fi tre/quattro dischi erano più che sufficenti.
Ne vogliamo parlare più a fondo?

1 - Pink Floyd - The Dark Side of the Moon
Perchè c'erano gli "effetti".
I registratori di cassa, le sveglie, le risate.
Ma, soprattutto:
a - il battito del cuore;
b - i passi che andavano dal canale destro al canale sinistro (o viceversa, non ricordo e non ho voglia di controllare)
Con il primo, facevi sentire agli amici la potenza dei bassi delle tue casse:
"Che storia, è un cuore che batte! Senti che bassi!"
Con i secondi, li facevi meravigliare della fedeltà di riproduzione della "realtà" del tuo impianto:
"Oh ma sembra vero eh, i passi vanno da destra a sinistra! Incredibile, sembra di essere lì!"

Tra un effetto e l'altro c'era anche della musica, piuttosto fastidiosa per l'audiofilo medio: troppo strana.
Ma era sufficiente spostare la testina a mano sui solchi contenenti i magnifici effetti per evitare di doverla sentire.


2 - Mike Oldfield - Tubular Bells
Questo era ottimo per far sentire la fedeltà di riproduzione dell'impianto rispetto a un particolare strumento.
Si usava all'uopo la parte in cui il buon Mike enunciava lo strumento che, subito dopo, avrebbe suonato il tema della composizione, evitando così l'impervio compito di doverlo riconoscere da soli.
La musica inserita prima e dopo l'elenco, che finiva con il trionfale annuncio delle maledette campane tubolari, nessuno l'ha mai ascoltata.


3 - Alan Parsons Project - Un disco a caso
Perchè Alan Parson era il mitico "produttore" di "Dark Side of the Moon", disco feticcio degli audiofili (vedi punto 1).
(Certo, in realtà era il "sound engineer", cioè il tecnico del suono, ma all'epoca nessuno sapeva esattamente quale fosse la differenza)
Quindi il disco suonava bene per definizione, e a differenza di quello dei Pink Floyd lo potevi sentire anche in discoteca, e quindi suonava un po' meno strano anche per l'audiofilo medio.


Questi erano i dischi standard irrinunciabili.
Alcuni malati di mente possedevano anche un disco a caso di musica classica della Deutsche Grammophone, che - anche solo per la rigorosità della grafica di copertina - dava l'idea di essere un prodotto serio e ottimamente registrato.
Poi in realtà a nessuno piaceva la musica classica, ma per testare la riproduzione dei pieni e dei pianissimi un disco con un'orchestra ci voleva.
Più avanti gli stessi malati di mente di cui sopra si sarebbero procurati anche un disco di jazz virato classica (o di classica virata jazz), che non poteva che essere "The Koln Concert" di Keith Jarrett.
Sull'ascoltare un disco dal vivo come esempio di perfezione sonora, evito di commentare.

Gli incurabili si compravano pure un disco di "Sound effects", cioè di effetti sonori NON musicali.
Queste persone non hanno fatto in tempo però a vedere l'avvento del cd: sono stati internati prima del 1982.
Gli audiofili in libertà dopo il 1982 avevano invece l'ulteriore immancabile disco (questa volta in cd) per ascoltare l'impianto: "The Nightfly" di Donald Fagen.
Primo disco registrato completamente in digitale, quando "digitale" non era ancora una parolaccia, veniva usato per dimostrare la superiorità del digitale rispetto all'analogico.
In seguito prontamente rinnegato con la riscoperta delle superiorità dei vinili analogici rispetto al digitale...

lunedì 2 settembre 2013

Condividere la musica prima dell'era digitale

Ovvero, non è che la condivisione della musica sia nata con il web o con gli mp3.
Anzi.
C'è sempre stata.
Anche nei mitici anni '60/'70/'80.

C'erano le cassette, e c'erano gli amici con cui formavi dei gruppi d'acquisto informali.
Tu compravi i Genesis, un altro i Pink Flyod e un terzo i Queen, e poi ci si scambiavano i dischi e si facevano le cassette.
"Home taping is killing music" avvisava la lungimirante industria musicale, e intanto inventava i cd, senza i quali non sarebbero mai esistiti gli mp3... realizzando il più clamoroso caso di "zappa sui piedi" del mondo occidentale fino alla fondazione del PD.
Ma lo scambio funzionava solo fino a un certo punto.
C'erano gruppi e dischi che piacevano solo a te, e non avresti potuto registrarli da nessun amico...

Ma per fortuna c'erano i negozi di dischi[1] usati.
Sui dischi usati, la mia posizione è semplicissima: dal 1980 circa a pochi anni fa, ho sempre comprato solo dischi usati.
Dischi nuovi, pochissimi.
Di solito in casi eccezionali, quando dopo qualche mese il disco usato non si trovava proprio e dovevi assolutamente ascoltare quel disco, che ti avrebbe sicuramente cambiato la vita.

In tutti gli altri casi, ho sempre preferito aspettare qualche settimana in più e comprare due dischi usati invece di uno nuovo, e il fatto di aver prima studiato e poi lavorato a Milano mi ha sicuramente aiutato: avevo a disposizione una scelta davvero vasta di negozi di dischi usati.

Perchè quello che importava allora era conoscere: riuscire ad ascoltare quanti più gruppi e dischi possibili, compatibilmente con le scarse risorse finanziarie di cui si disponeva all'epoca.
Era la curiosità che ti portava a voler conoscere tutto, e l'unico modo di farlo era rivolgersi al mercato dell'usato.

Certo: oggi siamo abituati a sentire un disco qualche settimana prima dell'uscita ufficiale.
Allora si ascoltava tutto con qualche mese di ritardo rispetto all'uscita in Inghilterra o in Usa: perchè noi ascoltavamo i famigerati dischi "import", quelli che in Italia non venivano stampati ufficialmente.
Così, un disco usciva in Inghilterra, un paio di mesi dopo arrivava in Italia, e dopo un altro paio di mesi c'era la recensione sul numero in edicola di Rockerilla o del Mucchio.
Aspettare un mese in più per poter comprare il disco usato non era davvero un grosso problema, anzi: a volte trovavi dischi usati di cui non era ancora uscita la recensione sulle riviste italiane.

E poi, i dischi usati si potevano rivendere.
Li compravi grosso modo al 50% del prezzo del nuovo, e li rivendevi al 50% di quanto li avevi pagati.
Con 10.000 lire compravi dischi che avresti pagato 20.000 lire da nuovi, e potevi poi rivenderli a 5.000 lire.
Quindi, aggiungendo solo 5.000 lire potevi ricomprare dischi per un valore di 20.000 lire, che poi rivendevi etc.
Bastava non affezionarsi troppo ai pezzi di plastica e tenere in casa solo quelli che ne valevano davvero la pena.
Tutte le cose così così, quelle che adesso ingombrano cartelle sperdute sugli hard-disk, una volta venivano ascoltate, poi, se del caso, si registrava una cassetta, e venivano rivendute.

Perchè era molto più importante conoscere musica nuova che collezionare vecchi supporti fonografici.


Note e links:
[1] Per "dischi" qui si intende sia disco in vinile che compact disc. Per quanto mi riguarda il discorso è assolutamente identico per entrambi i supporti.
Una volta si compravano gli Lp perchè c'erano solo quelli, poi perchè costavano meno dei cd, poi si compravano i cd perchè costavano meno degli lp.
I discorsi sull'odore del vinile e sulle sue dimensioni qui non c'entrano nulla.

[2] Discorso del tutto simile per i dischi "bucati", in edizione economica o in offerta: ho sempre comprato il supporto fonografico meno costoso che riuscivo a trovare.

[3] Il collezionismo di dischi, l'ho già detto più volte, non mi ha mai interessato. Il collezionismo di musica, quello sì. A prescindere dal pezzo di plastica.
Poi certo, ho anch'io il mio bel "Siberia" dei Diaframma in vinile trasparente, o "Compagni Cittadini..." dei CCCP in picture disk. Ma solo perchè l'uscita originale era fatta così.