Ma non due canzoni qualunque.
Quelle che per me sono le due più belle canzoni italiane degli ultimi 15 anni, e sono tutte e due di Stefano Giaccone.
Entrambe tratte dal suo primo disco "solo", quello pubblicato nel 1998 con lo pseudonimo di Tony Buddenbrook, "Le stesse cose ritornano".
E siccome la coerenza non è una virtù che molto mi interessi, metto qui i due "video" che ho caricato su YouTube e trascrivo pure i testi, che mi sembrano bellissimi.
Trovare il cd adesso non è facilissimo, ma se digitate "indieitalia" su Google potrebbe essere un buon punto di partenza per recuperarne una copia in m3p o pm3, una di quelle robe lì, digitali e orribili.
E se questi due pezzi non vi piacciono almeno un po', a mio parere potete anche cominciare a preoccuparvi: mica basta respirare per essere vivi.
Il sarto
Ci sarà tempesta dice il sarto
la sua forbice punta il cielo
la mia voce è una moneta di ferro
sepolta nella terra più lontana che so
nemmeno dopo un mese posso scambiarmi
per uno di qua, nemmeno dopo un mese
perchè cammino senza guardare
perchè il mare tra le cabine fa pensare
A qualcosa che ci dev'essere più in là
e bisogna avere occhi chiari e una poesia per ogni luna
o mille palchi o mille torri
per avvistare una vela che non so dire
come sarà, che colore avrà
perchè cammino senza guardare
perchè il mare tra le cabine fa pensare
E il sarto lui fuma, lui ha capito
che non c'è verità che non si possa tagliare o cucire
è solo un gioco di specchi, un gioco di specchi
un'altra estate che finirà
Pure il sarto, lui, è di un altro mondo
da trent'anni taglia stoffe nel modo più esatto
vive nella stanza in affitto con sua moglie
dentro un ritratto
nuvole nere ora ci coprono
ma lui di certo non le vedrà
Le vedo io riflesse negli occhiali scheggiati
come il suo mestiere che muore
ma la sua mano resta precisa come tagliasse qualcosa
solo per me
E il sarto lui fuma, lui ha capito
che non c'è verità che non si possa tagliare o cucire
è solo un gioco di specchi, un gioco di specchi
un'altra estate che finirà
un altro temporale che passerà
Cosa ci siamo persi
(Concerto in Sardegna)
Sprofondato in una nuvola grigia
che non capisco se è il fumo
o sono i miei pensieri
Nel salone del bar i soli che beviamo
gli arabi seduti sono statue
di sabbia e rancore
Non so perchè non riesco a scordare
le ultime parole dette
all'ombra della nostra fine
saranno gli occhi del ricordo
che bruceranno per primi
nella calce bianca dei giorni
Cosa ci siamo persi
come ci siamo persi
Da questo ponte è bello pensare
che laggiù nella notte
ci sono isole e montagne
La nostra voce ha un'ala spezzata
quattro muri di troppo e pazienza indurita
Da questo ponte è bello pensare
che qualcuno ci aspetta
magari solo per salutare
come vagabondi del Dharma, come Andrè Gide
come se Dio da lassù si mettesse a gridare
Cosa ci siamo persi
come ci siamo persi
Niente di niente, l'ultima bestemmia
adesso sono stanco anche di fissare le stelle
è l'amore che ci graffia e ci fa ammalare
o è la paura di non poterci lasciare
vedrai che domani anche questo cielo andrà bene
anche questo andrà bene, lo sai
Cosa ci siamo persi
come ci siamo persi
2 commenti:
Non conoscevo questo disco di Stefano Giaccone (ex Franti), del resto ha una discografia piuttosto importante ampia... Comunque tornando ai testi li trovo toccanti e profondi, ci devo ritornare.
che smargiasso questo alle, che fa lo snob solo perchè c'è una bella fetta di talebani del vinile, non è bello burlarsi di loro.
viva i mangianastri.
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