mercoledì 30 novembre 2011

Cose intelligenti dette sulla musica - seconda parte

Secondo episodio di "cose intelligenti" [1]
Il punto è: non se ne sentono moltissime di cose intelligenti in giro, e quindi se qualcuno ne dice una, mi sembra giusto dargliene atto e recuperarla qui, mettendola a disposizione di chi non l'avesse sentita.

Oggi parliamo di Giancarlo Onorato [2] (lui lo scrive, sa dio perchè, gianCarlo) che, parlando di testi e musica, dà una definizione perfetta del loro rapporto:
"Sangue bianco è principalmente un disco di musica. Un disco in cui anche le parole vogliono essere parte della musica. Questo lo distanzia da tutto quanto io abbia sinora prodotto, per il semplice fatto che non si tratta di un'opera narrativa come era Falene bensì essenzialmente musicale. Le parole di Sangue bianco non sono meno importanti di quelle degli altri miei dischi, ma sono incarnate nelle composizioni e vivono della musica di cui fanno parte. Una simbiosi che non vuole più essere canzone nel senso solito. Io sono al contempo regista e autore della colonna sonora di un'opera la cui visione scorra nella mente di chi ascolti."[3]

Oh, perfetta è anche un po' esagerato, perchè in ogni frase di Onorato c'è l'eco del troppo, del suo essere più dannunziano di D'Annunzio, sempre eccessivo e magniloquente [4].
Però se togliamo i riferimenti al disco di cui si sta parlando, e rimane una definizione, questa sì, veramente perfetta:
"Le parole sono incarnate nelle composizioni e vivono della musica di cui fanno parte"

Questa è per me la descrizione ideale di come deve essere guardato il testo di una canzone: un'entità che da sola non esiste e che ha senso solo come parte della canzone, che è fatta di musica e parole, insieme.
E ha, secondo me, ancora più valore perchè viene da un'artista che per lungo tempo ha fatto delle parole la sua "arma" principale, incarnando (provandoci, almeno) l'ideale di "artista globale", musicista, poeta, scrittore e pittore, performer etc.
E' una frase che denota una lucida intelligenza, che a Giancarlo/gianCarlo non è mai mancata, ed è bello sapere che l'ha mantenuta intatta negli anni.


Note e links:
[1] Una delle frasi celebri di David Bowie è senz'altro quella in cui lui sosteneva di avere deciso, a un certo punto della sua vita, di riutilizzare come proprie le cose intelligenti che avesse sentito dire da chiunque, come se fossero state sue.
Che è tra l'altro una delle basi su cui ha costruito la sua carriera musicale fatta di un cambio continuo di prospettive ed orizzonti (beh, continuo: diciamo almeno fino a "Scary Monsters" che dopo comincia il lungo declino di DB, non più in grado di cambiare davvero, fino a doversi limitare - proprio lui - a riciclare le sue vecchie cose)

[2] Che è l'ex-cantante degli Underground Life, come loro sempre in bilico tra l'underground e il mainstream, senza mai risucire a fare un passo deciso da una parte o dall'altra, nemmeno nella sua ormai decennale produzione solistica.
Ma parlare degli Undergorund Life e di Giancarlo Onorato è per me molto difficile, per quanto sono stati importanti entrambi nel mio percorso musicale, quindi rinuncio a farlo qui ulteriormente e rimando a un prossimo post.

[3] Frase tratta da un'intervista rilasciata a SentireAscoltare, che potete leggere qui, a proposito del suo ultimo disco, "Sangue Bianco".

[4] E pure pomposo e tronfio a volte, direi, se non fosse che, come ho appena detto due note sopra, gli voglio troppo bene per parlarne male.

domenica 27 novembre 2011

La musica moderna fa schifo

Recensione cumulativa, che io alla recensione canzone per canzone, con l'inevitabile uso delle solite banalità giornalistico-musicali (chitarre ruggenti, bassi roboanti, batterie potenti) sono allergico alquanto, e allora velocemente vi parlo di questi (pessimi) dischi di "musica moderna"[1].

Giampiero Riggio[2]
Tra Palermo e la Germania (ma non ho idea del perchè), tra folk ed elettronica (folktronica credo la chiamino, ed è una delle cose che al momento trovo più interessanti) tra chitarre acustiche e loop in reverse, ha pubblicato un disco bellissimo ("Separations" per la Centre of Wood, 2008) e due dischi fondamentali per la Woolshop Productions.
Uno, "Summary of Symbiosis" (2010) purtroppo è fisicamente esaurito, ma quei cretini dell'etichetta invece di ristamparlo lo hanno reso disponibile per il download gratuito da Bandcamp. Gentaglia.
L'altro è doppio, si intitola "Watschenbaum/Hold", è bellissimo e costa 7 euro.
Fossi in voi, con la stessa cifra mi comprerei un dodicesimo del biglietto per il concerto di Paul McCartney a Milano, mica un lavoro di un brufoloso adolescente (forse, cazzo ne so di quanti anni/brufoli abbia Giampiero Riggio?)

BeMyDelay[3]
Fantastica. Già membro (membra?) di Massimo Volume, Franklin Delano e Blake/e/e/e, Marcella Ricciardi è una versione attualizzata degli Spacemen 3 (complimento) misti a un po' di drone, rumore, feedback e qualche suono acustico.
"ToTheOtherSide" è uno di quei dischi che ti fanno venire voglia di prendere la chitarra in mano e suonare un po' (complimentone).

Richard Skelton/A Broken Consort[4]
Due riedizioni "complete" di lavori che erano stati pubblicati in tempi diversi, con aggiunta di inediti: "The Complete Landings" e "the Complete Crow Autumn".
C'è una differenza con le solite raccolte del cazzo "De Luxe Edition"?
Certo che c'è: i lavori originali sono esauriti, e questa ristampa è solamente digitale: scaricate le canzoni da Bandcamp, e se proprio ci tenete vi fate un bel cd col masterizzatore.
Il prezzo, di conseguenza, è di 8£ a raccolta, cioè circa 1/3 del prezzo che avreste pagato per i lavori singoli su cd. Mica tutti pubblicano ristampe solo per prendere per il culo i fans...

Emphemetry[5]
Da Derby, Inghilterra, scoperto per caso su un blog, straordinario: folktronica e acustica, drone e folk, ma soprattutto belle canzoni. Il disco si chiama "A Lullaby Hum For Tired Streets", ordinato al volo via web, tra i miei preferiti di quest'anno.
Emphemetry è lo pseudonimo di Richard "Biff" Birkin, e il disco è anche disponibile gratuitamente per il download da Bandcamp.



Note e links:
[1] Ovvero, suonati e registrati in questi ultimi mesi, da gente che a volte osa avere meno di 60 anni. Come possono non fare schifo?

[2] Il sito di Giampiero Riggio. Qui trovate i link a Bandcamp, Facebook, MySpace, etc.

[3] Il disco lo trovate sul sito della Boring Machines, ed è in streaming integrale su Breakfast Jumpers.

[4] Il nuovo sito di Aeolian Editions su Bandcamp, altri link sparsi in giro per questo blog.

[5] Li trovate sul sito di Time Travel Opps, e anche sul sito dell'italiana "Roba Triste", che ha stampato l'edizione in vinile del disco.

giovedì 24 novembre 2011

Black music e heavy metal

Premessa[1]: visto l'argomento, le accuse di razzismo sono praticamente inevitabili, così lo dichiaro subito e non ne parliamo più: sono assolutamente razzista. Penso che gli amanti dell'heavy metal di età superiore ai 15 anni siano una razza inferiore.

Ragionando a proposito di musica nera (soul/r'n'b/funk/rap/disco o quello che volete voi) mi sembra di poter individuare alcuni caratteri comuni[2] tra quella e, insapettatamente, l'heavy metal.

1 - La "baracconaggine".
Ovvero tutto quel contorno di lustrini, pagliacciate, eccessi scenici da avanspettacolo che va dai mantelli e dalla corona di James Brown alle mascherine dei Kiss.

2 - Musica rigidamente strutturata.
Sono musiche senza anima, rigide e strutturate, dove la fredda perfezione tecnica e l'ostentazione del virtuosismo sono molto più importanti delle idee.
E questo mi è sempre sembrato tanto più inspiegabile per una musica che si autodefinisce "Soul". Dov'è l'anima in una musica così rigidamente strutturata, con i musicisti che addiritura eseguono balletti coordinati mentre suonano (!), senza nessuno spazio di improvvisazione?
Nell'heavy metal siamo esattamente nella stessa situazione: strutture rigide, improvvisazione (?) limitata all'assolo dell'axe-man di turno. Nulla di particolarmente eccitante.

3 - Ossessione per eccellenza e bravura tecnica.
Qui devo citare Simon Reynolds, da "Hip-hop-rock 1985-2008", un brano che spiega quello che anch'io penso del soul/r'n'b e della musica nera in generale:

"...i musicisti neri, anche nella loro versione più rumorosa ed aggressiva, sono sempre un po' troppo leccati e trattenuti, quasi schiavi di ideali come "levigatezza" ed "ostentazione". Concetti come "meno è più" e il valore del "non virtuosismo" (la limitazione è la madre dell'inventiva, sosteneva Holger Czukay) non attecchiscono nella musica nera, anche in quella più legata al rock. Sembra che questi artisti non abbiano conosciuto il punk: la bravura è segno di orgoglio, e padroneggiare il proprio strumento significa quasi essere padroni di sè stessi."

Per l'heavy metal grosso modo siamo lì: anche se la bravura tecnica generalmente si riduce al suonare il più velocemente possibile il solito assolo pentatonico.
E' anche vero che la velocità è un parametro "utile", in quanto capibile anche da chi non capisce un cazzo di musica e/o tecnica strumentale (cioè il tipico quindicenne appassionato di metal).

Questi sono solo alcuni dei punti di contatto che vedo tra black music e metal.
Non voglio sostenere nè che la musica black e il metal siano fatte solo di questi aspetti (sarebbero altrimenti una cosa sola) nè che non esistano altre caratteristiche proprie di queste due musiche.
Però mi incuriosisce molto questa forma di contatto tra due musiche che sembrerebbero non avere nulla in comune.


Note e links:
[1] Uff, sono ancora qui, nonostante cinque giorni in ospedale...
Per festeggiare, garantendo nel contempo diversi anni di future e sterili polemiche musicali, ne ho messa insieme una bella nuova, seppur rintracciabile nella sua prima formulazione in alcuni commenti da Harmonica e DiamondDog.

[2] Quello che sostengo qui di seguito è che alcune caratteristiche dalla black music mi ricordano alcune caratteristiche della musica metal. E sono, guarda caso, le caratteristiche che mi fanno preferire altri generi a questi.
Non sono forse quelle più rappresentative in assoluto, ma sono quelle comuni ai due generi in questione.

venerdì 18 novembre 2011

Mazzy Star - Common Burn / Lay Myself Down

Nuovo singolo quindici anni dopo l'ultimo album, "Among My Swan", uscito nel 1996.
Giudizio: non pervenuto.
Due pezzi che, volendo, potrei definire innocui, più in linea con gli inutilissimi lavori di Hope Sandoval coi Warm Inventions che con il già trascurabile "Among My Swan" di cui sopra. Ma non voglio.

Non voglio perchè c'è la chitarra di David Roback, e c'è Hope alla voce.
E loro due insieme hanno fatto un disco fondamentale come "So Tonight That I Might See", con su nove pezzi bellissimi e, come decimo, "Fade Into You". Che è oltre il bello.
E allora, visto che sembra ci sia un nuovo album in arrivo a breve, sospendo il giudizio su queste due nuove canzoni e spero[1].
Magari non in un nuovo "So Tonight...", ma almeno in una via di mezzo tra "Among my Swan" e "She Hangs Brightly", sarebbe già un bell'ascoltare.


Note e links:
[1] Tanta bontà mi preoccupa. Devono essere i primi segni di rincoglionimento senile (i primi che riconosco io, intendo), oppure non sono ancora guarito dall'innamoramento per Hope. Che poi è la stessa cosa del rincoglionimento...

mercoledì 16 novembre 2011

Yo La Tengo - The Summer

Note e links:
"Fakebook" è un album non propriamente centrale nella discografia degli Yo La Tengo, fa da spartiacque tra i primi album (acerbi) e il primo loro "vero" disco, "May I Sing With Me", coincidente con la nascita della formazione definitiva.
E' un disco di folk prevalentemente acustico, composto di undici cover (Cat Stevens, Gene Clark, Kinks, Daniel Johnston, John Cale, Flamin Groovies, etc.) e cinque originali, due rifacimenti acustici di pezzi già editi e tre inediti, uno dei quali è proprio The Summer.
Che è di gran lunga il pezzo migliore dell'album.

Pezzo molto semplice: gli accordi sono F#, C#, G#, B, tutti maggiori e suonati con il barrè, con pennate insistite sulle tre corde basse della chitarra acustica.
Si può anche suonare il pezzo ad accordi aperti, alzando il tutto di un semitono (G, D, A, C), però perdendo l'effetto ritmico dato dallo spostamento sulla tastiera degli accordi col barrè.

La struttura del pezzo è semplice come gli accordi:
- | F# C# | per l'intro
- | F# C# | F# C# | F# C# | G# B | per il chorus
- | F# C# | G# B | per l'ending
in particolare, la struttura è la seguente:
- intro x 2
- chorus cantato x 2
- chorus con chitarra arpeggiata
- chorus cantato
- chorus con chitarra arpeggiata
- chorus cantato (da qui fino alla fine: batteria con rullante)
- chorus con chitarra arpeggiata
- ending cantato x 2
- ending con chitarra arpeggiata x 3

In sintesi la canzone è un chorus ripetuto dall'inzio alla fine (intro ed ending sono semplicmente la prima e la seconda parte del chorus), davvero minimale.
Le variazioni non sono affidate alla struttura ma all'arrangiamento: dopo il primo chorus cantato una seconda chitarra elettrica sottolinea l'accordo di F# con una semplice pennata; le parti cantate sono separate da parti identiche in cui un arpegio i chitarra sostituisce la voce; dal terzo chorus cantato la parte della batteria diventa molto più tradizionale con l'aggiunta del rullante.
Alla base di questo tipo di arrangiamento c'è, se vogliamo, un'estetica molto "punk", che fa della semplicità il suo centro, mentre la chitarra acustica in primo piano (e i suoni più in generale, batteria, basso e chitarra elettrica molto puliti) danno un sapore simil-folk al pezzo.

Un pezzo così dimostra ancora una volta come non sia necessario battere record di velocità nè usare metri strani per scrivere una grande canzone, ma solo un po' di buon gusto.
E direi che se c'è una cosa che non manca agli YLT è proprio il buon gusto: la loro immagine assolutamente normale di Ira, Georgia e James, tre ragazzotti bruttini che però suonano canzoni meravigliose sembra rispecchiare esattamente il loro modo di essere. Che magari di persona sono tre stronzi assoluti, ma mi piace pensare che loro siano esattamente come appaiono nello straordinario video di "Sugarcube", uno dei video più divertenti che mi sia mai capitato di vedere.
L'immagine di apertura viene proprio da questo video e ritrae uno dei professori della "Rock Academy" che gli YLT sono costretti a frequentare dalla casa discografica per aumentare le potenziali vendite.

venerdì 11 novembre 2011

Lo strumento musicale più antico del mondo

Lo strumento musicale più antico del mondo
Ha 35mila anni, è fatto con un osso di avvoltoio preistorico ed è lungo 22 centimetri. Sarà per la prima volta in Italia in occasione della mostra Homo Sapiens al Palazzo delle Esposizioni, a Roma. Si tratta di un flauto, ritrovato nel 2008 in un sito archeologico in Germania, a Ulm. E' conservato all'Università di Tubingen. Si chiama Flute 1, perchè è il più antico dei cinque flauti ritrovati finora in tutto il mondo.

(Da "Repubblica on line" di oggi, 11 novembre 2011)

Purtroppo il noto quotidiano non aveva a disposizione le ultime ricerche dell'Università di Tubingen riguardo a questi antichissimi strumenti.
"Place to Be" invece si: questa è la conversazione tra Oohhffmmgb, giovane appassionato di musica rock[1] e il suo anziano padre, Hommggffbb, che a 32 era comunque ancora abbastanza in forma (gli rimanevano la bellezza di dodici denti!) ma apprezzava - giustamente - la musica "dei suoi tempi".

Oohhffmmgb - Hey papi, hai visto il mio nuovo flauto in osso di avvoltoio? Altro che il tuo vecchio flauto in corno di mammuth... la tecnologia sta facendo passi da gigante di questi tempi!
Hommggffbb - Senti, pirletto: cosa volete mai capire voi giovani di musica? L'emozione che ti da il suono di un buon vecchio flauto in corno di mammuth non è nemmeno lontanamente paragonabile alle vostre diavolerie moderne. Nessun flauto di avvoltoio potrà mai dare le stesse sensazioni che ci davano i nostri: basta prenderne uno in mano per rendersi conto della differenza... il colore, l'odore, il sapore del flauto in mammuth sono tutta un'altra cosa.
Oohhffmmgb - Ma papi, è il progresso! Il flauto in osso di avvoltoio è molto più piccolo e leggero del flauto in corno di mammuth! Vuoi mettere la facilità di trasporto? Lo posso usare anche fuori dalla caverna, quando vado in forestorella con la Giusy[2] che poi me la da più facilmente.
Hommggffbb - (scuotendo la testa) Guarda che anche a me piaceva saltare la cavallina da giovane, ma un flauto all'aperto? Ma come si fa? Certo. il flauto di mammuth puoi usarlo solo nella grotta, ma il suono ne guadagna enormemente. Ci sono i rivereberi naturali della grotta, che ti costringe a raccoglierti, a concentrarti su quello che stai facendo.
Suonare all'aperto, con tutti i rumori e il traffico di uccelli, bestie feroci e mandrie di bisonti, npn ti potrà mai dare le stesse sensazioni, sonore, visive, tattili, olfattive e gustative!
Oohhffmmgb - E' inutile opporsi al progresso, papi: tra breve il flauto in osso di mammuth sarà solo un ricordo, una cosa da bancarelle dell'usato. Il futuro è del faluto in osso di avvoltoio, uno step[3] di evoluzione tecnologica che non credo potrà mai essere superato: siamo arrivati alla fine della storia[4], non sarà più possibile creare ulteriori innovazioni di questa portata.
Hommggffbb - Come no. Piuttosto, io ti dico che, di qualunque materiale sia il tuo flauto, non è più possibile inventare nuove canzoni con le note musicali.
C'è un limite alle combinazioni che si possono inventare, e direi che con le cinque canzoni che già esistono, abbiamo già raggiunto quel limite. Da ora in poi sarà impossibile creare alcunchè di veramente nuovo: si potrà solo rimescolare quello che è già stato fatto - e meglio - dai grandi gruppi della mia generazione, come i Rolling Stones[5].


Qui purtroppo si interrompe il documento.
Sono passati quasi 40.000 anni ed è bello sapere che non sono passati invano: al giorno d'oggi nessuno si azzarderebbe più a parlare di fine della storia della musica o a scambiare oggetti e tecnologie obsolete con il rimpianto per la propria giovinezza...


Note e links:
[1] Siamo nell'età della pietra, quale altra musica avrebbe potuto ascoltare il nostro Oohhffmmgb?

[2] Questo nome è giunto intatto fino a noi, come anche la difficoltà del farsela dare da giovani....

[3] Si, quelli cool parlavano già in angliano (o italese) fin da allora.

[4] E invece, guarda un po', eravamo nella preistoria, e la storia non era nemmeno cominciata.

[5] Esistevano già, ma sicuramente non è una sorpresa per nessuno. Da notare piuttosto che appartenevano già alla generazione precedente.

mercoledì 9 novembre 2011

Cose intelligenti dette sulla musica - prima parte

Dunque, rubrica nuova: "Cose intelligenti dette sulla musica".
E' una scommessa, d'accordo: il materiale a prima vista non sembra poi così abbondante, probabilmente la rubrica non avrà una lunga vita.

Cominciamo con Julian Cope.
La citazione esatta non ce l'ho, dovrei andare a spulciare in cantina, tra i vecchi Rockerilla dei primi anni '80 e non ne ho molta voglia, però a memoria ricordo una cosa del genere:
"Io chiamo la mia musica "soul spastico"[1], perchè non sono tecnicamente abbastanza bravo per rifare esattamente i pezzi che mi piacciono, così ne suono una versione approssimata che diventa poi una mia canzone".

E' una citazione che trovo, trent'anni dopo averla letta, ancora bellissima: c'è dentro tutto quello che per me vuol dire "suonare": provarci. E fanculo la tecnica strumentale.
Che poi serve, d'accordo, ma è un mezzo, non il fine: è la differenza fondamentale tra estetica punk ed estetica metal, e per quanto mi riguarda, mille volte meglio la prima.
Come diceva in un'altra occasione Bernard Sumner dei New Order:
"Io non sono bravissimo a suonare la chitarra o il synth, se voglio ottenere qualcosa magari ci metto più tempo di uno tecnicamente più bravo, ma alla fine ci arrivo"[2].

E c'è anche la descrizione di come spesso nascono le canzoni: certo, l'ispirazione miracolosa e la sofferenza creativa dell'artista fanno molta più scena, ma chi ha suonato in un gruppo e ha provato a scrivere canzoni lo sa, è successo così milioni di volte: senti un pezzo, ti chiedi come è fatto, mentre cerchi di riprodurlo ti viene in mente qualcosa di simile ma diverso, che diventa il "tuo" pezzo. Lo hanno fatto tutti, anche se mica tutti sono abbastanza onesti per ammetterlo.


Note e links:
[1] L'espressione può sembrare forse un po' forte adesso, ma si parla dei primissimi anni '80, un periodo pre-politically correct.

[2] Qui forse ho esagerato, due citazioni per lo stesso post di cose intelligenti dette sulla musica sono effettivamente uno spreco di risorse...

lunedì 7 novembre 2011

Message to Bears - Folding Leaves

Si è chiusa oggi la campagna di raccolta fondi[1] per la stampa del nuovo lavoro di Message to Bears: "Folding Leaves": sono stati raccolti ben 4.720 dollari, cioè 720 in più dell'obiettivo fissato per la campagna.
Ciò vuol dire che, al netto del 4% che viene trattenuto dal sito che ha gestito la raccolta, la cifra a disposizione di Message to Bears/Dead Pilot è più che adeguata a realizzare il progetto, ovvero:

- ristampa del primo ep ("EP1") in cd e vinile;
- stampa del secondo lp ("Folding Leaves") in cd e vinile.

Nell'attesa della produzione fisica dei due lavori, un grazie a tutti quelli che hanno partecipato/contribuito/aiutato in qualche modo.

Certo, ci sono in giro cose per cui spendere meglio i vostri soldi: chessò, concerti di Paul McCartney a 100 euro, o cofanetti Super-Extra-DeLuxe di Rolling Stones o Who.
Io preferisco dare qualche euro a chi è ancora vivo, come Message to Bears e Dead Pilot Records...


ps - ebbene sì, riapre Place to Be.

ps2 - sto rimettendo on line tutti i post di Place to Be e quelli che ho scritto io per Sunday Morning, naturalmente senza nessuna censura, neppure nei commenti.
Sunday Morning è purtroppo morto di solitudine: mi sembrava un bell'esperimento, ma invece di diventare un blog collettivo era diventato il blog di allelimo con qualche contributo esterno, e giustamente non è sopravvissuto al mio ritiro.

ps3 - ricominciamo subito con un po' di polemiche, contenti? :)

xbox360 - battuta scontata (e già usata) ma mi fa ancora ridere...


Note e links:
[1] Ne avevano dato notizia alcuni amici un paio di mesi fa: Webbatici, Enrico/Sull'amaca, brazzz e desbela.