sabato 30 gennaio 2010

File sharing


Siamo tutti ladri se facciamo uso del p2p? [1]

Risposta breve: sì.

Risposta lunga: sì, perchè se scarico dalla rete [2] una canzone (o un film o un libro o quello che volete voi) in una maniera non autorizzata dal suo autore, c'è un'unica maniera per definire il tutto: furto.
Tutte le scuse che si vogliono portare a giustificazione sono, per l'appunto, scuse, e non reggono ad un'analisi appena appena onesta. [3]
Rubare è rubare, io nel campo della musica lo faccio da anni, punto.

Perchè possiamo dire che scaricando una canzone non diamo i nostri soldi alle cattive multinazionali ed ai loro orrendi CEO, ma purtroppo così facendo non li diamo neanche a tutti gli altri che ci lavorano per i CEO, dalle segretarie ai fattorini - e indovinate chi saranno i primi ad essere lasciati a casa se le cose vanno male?

Ed è vero che così facendo non diamo i nostri soldi a quella tronfia rockstar da classifica che sarà purtroppo costretta a rinunciare alla sua nuova Ferrari annuale e a ripiegare sull'acquisto biennale - ma forse non se ne accorgerà nemmeno, quando parti da tantissimo un po' di meno non lo senti davvero - è quando parti da poco che anche pochissimo meno fa la differenza...

E' vero che magari poi andiamo a vedere il concerto di un artista che abbiamo conosciuto con il file-sharing, oppure lo sosteniamo comprando poi i supporti fisici, ma anche qui il furto rimane. [4]

E' un po' come nel '77 con gli "espropri proletari", che poi sono diventati giustamente una barzelletta: anche se gli cambi nome, un furto rimane un furto. E chi ne viene maggiormente danneggiato non è certamente la multinazionale - che i suoi soldi li ha già incassati dal rivenditore - e neanche il rivenditore, che può sempre ricaricare maggiormente i suoi clienti... eh già, il vero danneggiato alla fine è ancora il "consumatore finale"...

A questo proposito non è possibile ignorare la chiusura di tanti, troppi negozi specializzati di dischi negli ultimi anni - voi dite che il file-sharing non conta niente se ce ne sono sempre di meno in giro?

Perchè insomma: o io - musicista - decido che la mia musica deve essere disponibile gratuitamente per tutti, ed è perfetto, esistono modi e canali per permettere che questo si realizzi. [5]
Oppure io sono un musicista e lo faccio di mestiere, e con i dischi venduti ci devo pagare le bollette e la spesa al supermercato - o anche la Ferrari, per questo - e decido che la mia musica deve essere pagata da chi la vuole ascoltare, beh, ho il pieno diritto di non subire furti, così come il negoziante che vende pane o vestiti o lampadine.

E naturalmente il fatto che la merce elettronica sia per sua natura più "facile" da rubare (musica, film e software in particolare) non è mica una giustificazione :)

Detto questo, mi sembra giusto precisare che:
1. Non sono mai stato danneggiato da nessun tipo di furto elettronico, non avendo mai avuto da vendere nessun contenuto artistico/digitale.
2. Non smetterò per questo di approfittare di ogni opportunità per avere musica, film e software aggratis - mi dichiaro colpevole a prescindere, so che è sbagliato - ma nessuno è perfetto... ;)
3. Mi rimane l'ultimo dubbio: perchè posso prendere tutti i libri che voglio in una bibilioteca pubblica e va tutto bene, mentre con musica e film non è possibile?


Note e links:
[1] "Peer to peer", cioè il modo di distribuzione di contenuti digitali sul web usato in maniera più o meno illegale da Napster e da tutti i i suoi figli, nipoti, e pronipoti.
In una parola, "condivisione".

[2] Da Napster in poi insomma, passando per Audiogalaxy, WinMX, eMule, Soulseek, blog Mp3, bittorrents...

[3] Cosa che, d'altra parte, non ci si può aspettare da un ladro... ;)

[4] E poi chi l'ha mai detto che dietro un concerto non ci sia lo stesso tipo di organizzazione della multinazionale etichetta discografica?

[5] A partire dalla licenza "Creative Common" per arrivare alle net labels che offrono il download gratuito delle loro produzioni.

martedì 26 gennaio 2010

Leggere [1]


E rileggere, soprattutto [2].
A me capita molto spesso, e quando lo dico a qualcuno le reazioni di solito sono del tipo "Ma và? E perchè - tanto sai già come va a finire!"
Ma per me, se un libro mi è piaciuto abbastanza da averlo letto tutto [3], vale quasi sempre la pena di rileggerlo.
Non subito, certo, e non tutti i libri - esistono anche quelli di puro intrattenimento, il tipico libro da leggere in estate sotto l'ombrellone!
Ma gli altri. Quelli che vi dicono qualcosa. Quelli che dopo averli letti vi sentite un po' più "ricchi" di prima... io questi li rileggo :)
Perchè la seconda volta magari li capisci meglio, o perchè a distanza di anni trovi cose che la prima volta ti eri perso, vuoi perchè sei cambiato tu o il mondo intorno a te.
Perchè la seconda volta magari ti piacciono di più della prima, oppure ti chiedi "ma davvero questo mi era piaciuto così tanto?"

Ad esempio, "Sulla strada" di Kerouac - quando l'ho letto per la prima volta avevo 17 anni, poi l'ho riletto sui 30 e un'altra volta dopo i 40.
Ogni volta mi è sembrato di leggere un libro diverso - e non mi è mai più piaciuto come la prima volta...
Oppure "Il maestro e Margherita", letto per la prima volta verso i 25 anni, riletto verso i 40: anche la seconda volta mi è sembrato bellissimo, ma per motivi quasi completamente opposti alla prima lettura.


Note e links:
[1] Lo spunto è venuto scrivendo un commento a Ex-divoratori di libri sul blog di Lucien, cui domando scusa: è un involontario furto di idee :)

[2] Cosa c'entra questo con la musica? Quasi niente - a meno che l'abitudine a "riascoltare" un disco non abbia inciso anche sulle mie abitudini di lettore...?

[3] Perchè, a margine, io non capisco quelli che "mah, non mi piace tanto, però adesso che l'ho iniziato...".
Perchè perdere tempo con un libro brutto quando ne esistono così tanti di belli? Io non mi faccio nessun problema a piantare lì quello che non mi piace. Anche perchè molto raramente leggo qualcosa che ho comprato - il sistema delle biblioteche pubbliche della zona in cui abito è veramente fantastico :)

domenica 24 gennaio 2010

Lossless: FLAC


Il post sugli mp3 terminava promettendo (o minacciando, a seconda…) di parlare di altri due argomenti: la “transcodifica” ed i codec “Lossless”.

La transcodifica è la pratica di “trasformare un file audio da un formato ad un altro”, pratica molto comune soprattutto nei primi tempi del file sharing, quando gli mp3 erano ancora degli sconosciuti, ma ancora comunque fin troppo diffusa nel mondo dei blog mp3, di Soulseek, dei tracker pubblici: tutti posti dove l’accento non è – quasi mai - messo sulla qualità, ma sulla sempice disponibilità.

Parlando di mp3 abbiamo visto che il passaggio nel codec mp3 è un passaggio “lossy”, cioè a perdita di informazioni: dall’mp3 non è possibile ricostruire il file originale, ma solo una sua – più o meno fedele – approssimazione.

Questo vale per ogni passaggio in un codec mp3 [1]: ad ogni successiva codifica/decodifica si perde un po’ del segnale originale.

Vale a dire: se scarico un file CBR/320 e lo trasformo in un file ad esempio in un file CBR/128 (così mi occupa meno spazio sul player portatile!) il file ottenuto è della stessa dimensione ma di qualità inferiore a quello che si sarebbe ottenuto codificando direttamente da un cd a un file CBR/128.

La cosa vale ancora di più per il passaggio inverso: se aumento la risoluzione da 128 a 320, ottengo un file di dimensioni pari a quelle di un file codificato direttamente a 320, ma di qualità inferiore a quella del file 128 di partenza.

Ogni passaggio in un codec “Lossy” riduce la qualità [2] del file mp3 – ecco perchè i file mp3 non dovrebbero mai essere transcodificati, e perché i tracker privati più attenti alla qualità hanno regole precise e stringenti su questo aspetto.

Ma fin’ora ci siamo limitati a parlare di codec “Lossy”: esistono anche i codec “Lossless”, il più “famoso” dei quali è il FLAC, il formato che ha ormai vinto la “battaglia” con i concorrenti (APE, ALAC, DTS, etc) diventando lo standard de facto.
Il funzionamento del codec è identico a quello già visto per un codec mp3, ma con una fondamentale differenza: una volta decompresso un file FLAC, si ottiene un file audio (tipicamente wav) assolutamente identico al file originale. Non c’è nessuna perdita di informazioni nel passaggio.
Il file decompresso è identico, bit per bit, a quello originale che troviamo sul cd.

Per quanto riguarda le dimensioni, i codec “Lossless” non possono essere evidentemente così efficienti come i codec “Lossy”: semplificando al massimo, un file mp3 è circa 10 volte più piccolo di un file wav, mentre un file FLAC è solo il 50% più piccolo del file originale.
Ovviamente bisogna poi dare un significato a quel “solo 50%”… in termini di spazio su hard disk o sfruttamento di banda sul web i vantaggi di un file FLAC mi sembrano evidenti per chi non vuole accettare neppure il minimo compromesso sulla qualità.

Naturalmente esistono audiofili che invece sostengono che un file FLAC non è uguale a un cd, ma Santa Polenta, se neppure il fatto che i due file siano identici dal punto di vista matematico [3] – e stiamo parlando di audio digitale – è sufficiente a convincere chi crede nella magia… ;)

E a questo punto possiamo ricollegarci all’argomento precedente: il terzo [4] vantaggio fondamentale dei file FLAC è quello di rendere possibile sia una transcodifica “Lossless” (nel passaggio tra formati come FLAC e ad esempio ALAC) sia una transcodifica “Lossy” identica a quella ottenibile dal file originale.
Dovrebbe essere più che evidente che, ricavando ad esempio un mp3 per il lettore portatile da un cd audio o da un file FLAC ottengo due file esattamente identici, così come sono identici i file di partenza!


Note e links:
[1] La stessa cosa vale per tutti i codec “Lossy”, sia nel caso di transcodifica “interna” al codec (da mp3 a mp3) sia nel caso di transcodifica “esterna” tra codec (da mp3 a wma e tutte le possibili combinazioni con gli altri codec esistenti)

[2] Questo vale – e dovrebbe essere ormai ovvio - anche nel caso in cui si utilizzi come file di partenza un cd “masterizzato”, cioè creato a partire da file mp3. Il passaggio da mp3 a cd audio è ovviamente “Lossy” così come il successivo passaggio da cd a mp3.
In effetti, quando facciamo una transcodifica “diretta” di file mp3, il codec esegue esattamente questo passaggio: decomprime da mp3 a wav e poi ricomprime in mp3 :)

[3] La cosa è facilmente verificabile utilizzando l’hash dei due file…

[4] Dove i primi due sono l’archiviazione di una copia perfettamente identica all’originale ed il risparmio del 50% di spazio. E volendo ne aggiungiamo qui un quarto: il codec FLAC è completamente gratuito (ed open source), qualsiasi player software “decente” è in grado di usarlo senza nessun problema.

venerdì 22 gennaio 2010

John Entwistle "Isolated bass"



John Entwistle - cazzo! Sarà che i dischi degli Who non li ascolto più da anni, ma prima di trovare questo video non mi ero accorto di quanto fosse bravo a suonare!
Su YouTube ci sono anche degli "isolated" di Pete Townshend, ma non sono mica così "tecnicamente" impressionanti...

Note e links:
Nessuno...

mercoledì 20 gennaio 2010

Donald Fagen - The Nightfly


Era il 1982, si ascoltava un po' di tutto, e quindi anche questo disco di pop raffinatissimo che non c'entrava veramente nulla con tutto quello che stava succedendo in quel periodo (punk, new wave, dark) - l'unico altro disco di quell'anno vagamente accostabile a questo è "Night & Day" di Joe Jackson [1].
Ma “The Nightfly”, pur non avendo nulla a che vedere con la “rivoluzione” musicale di quei primi anni ’80, era un disco bellissimo, fatto di melodie orecchiabili, accenni jazz, produzione inappuntabile [2], e soprattutto quei suoni, carezzevoli ed analogici, che uscivano dal vinile – un’atmosfera, un mood richiamato alla perfezione dalla foto di copertina: un microfono a condensatore, un pacchetto di sigarette, un giradischi, il “dj” che parla e fuma nello stesso tempo, vestito in perfetto stile anni ’50 – insomma il trionfo dell’iconografia pre-cd, pre-mp3, pre-internet, addirittura pre-rock :)
Poi purtroppo dischi così se ne sono fatti sempre meno, sacrificando alla freddezza del suono digitale il calore inconfondibile di quel modo di fare artigianato pop. [3]


Note e links:
Un grazie ad Harmonica per avermi fatto ricordare di questo disco che non ascoltavo più da anni - è ancora molto bello :)

[1] Memorabile il concerto di quell’anno al Rolling Stone – da qualche parte ho ancora la cassetta!

[2] Come d’altronde erano – mi dicono – tutti i lavori degli Steely Dan. Prima o poi li ascolterò…

[3] In quello che ho scritto c’è una cazzata grossa come una casa – ricchi premi e cotillons al primo che indovina (ma non è poi troppo difficile!)

sabato 16 gennaio 2010

Moonbabies



Ci sono alcuni pezzi semplicemente perfetti, e "We're Layabouts" è un pezzo perfetto: indie-pop purissimo, artigianato pop della migliore specie. Un gioiellino fatto di ritmo incalzante, melodia, canto di coppia, chitarre nervose, finale rumoroso: c'è dentro tutto quello che ci deve essere in un pezzo pop - e le dosi sono quelle giuste :)
Anche dal punto di vista della costruzione musicale il pezzo è molto interessante: è fatto di due strofe senza un vero ritornello, separate da un quasi-middle-eight, che si risolvono in un break seguito da un assolo di chitarra "noise", la non ripetizione della strofa ti lascia quel vago senso di pezzo finito ma non concluso che quasi ti costringe a premere il tasto "repeat" :)

"We're Layabouts" si trova in "June and Novas", album di esordio (anno 2000) degli svedesi Moonbabies, fondamentalmente un duo formato da Carina Johansson e Ola Frick.
Nell'album ci sono altri 5/6 pezzi di assoluto valore, gioiellini di pop come l'iniziale "I'm Insane But So Are You", parente stretta di "We're Layabouts", con linee vocali che si intrecciano alla perfezione, o "June and Novas", un pezzo che parte da un intro atmosferica e finisce vicino a certe cose dei My Bloody Valentine.
Oppure ancora "Have You Ever Said Goodbye" con un arpeggio di chitarra non banale, e "Count Starts >> Be Patient", chitarra modulata da un pedale del volume in un delay, voci filtrate e finale in backward.
Poi "Sister Gold" - una sorta di brano dance in cui la melodia è fatta di due parti vocali semplicicsime che si inseguono e si completano, e naturalmente non potva mancare una ballata quasi acustica come "Winter Broken Time" a chiudere il cd con una nota malinconica.

Questo primo lavoro, preceduto da alcuni singoli ed ep, è stato seguito da altri due album (e mezzo, contando gli otto brani del mini "War on Sound") - tutti dignitosi, ma nessuno al livello di questo primo lavoro.


Note e links:
Dal sito dei Moonbabies potete scaricare "We're Layabouts" in mp3, insieme ad altri "singoli" tratti dai lavori successivi, e ad una serie di demo/out-takes/pezzi live (ma questi ve li consiglio solo dopo aver sentito i dischi - i demo sono veri demo, in versioni davvero distanti da quelle per così dire "ufficiali").

venerdì 15 gennaio 2010

Mp3


I file "mp3" non esistono.
Dire "un file mp3" è un po' come dire "una macchina" [1], o meglio, "una Fiat".
Sì, ma quale Fiat? Una vecchia 126 usata? Una Bravo nuova? Una 500 Abarth?
E quindi: quale tipo di mp3? Di quale qualità? CBR/320 o ABR/200 oppure VBR/v2 [2]?

E’ necessario prima fare un piccolo passo indietro per capire come funziona l’audio digitale in relazione agli mp3.
Semplificando [3], l’audio digitale vive in un computer sotto forma di file wav (Audio Wave), che è il formato “non compresso” con cui è possibile fare copie digitalmente perfette di un CD audio.

Un file mp3 invece è un file “compresso”, ovvero di dimensioni decisamente inferiori all’originale, ottenuto utilizzando un “codec” [4] mp3: quindi quando creiamo un file mp3 il codec comprime il file wav, riducendone le dimensioni, mentre quando ascoltiamo un file mp3 il codec decomprime il file, ricreando un file wav che viene poi riprodotto da altoparlanti o cuffie [5].

Mp3 è solamente un tipo di codec, ne esistono altri e si dividono in due categorie:
- a perdita di informazioni o "lossy" [6]
- senza perdita di informazioni o "lossless" [7]
Qui c’è una differenza fondamentale: decomprimendo un file “lossless” si ottiene un file WAV identico al file WAV originale (ma identico davvero, bit per bit), mentre decomprimendo un file “lossy” si ottiene un file WAV più o meno simile al file WAV originale, ma sicuramente non identico e di qualità “oggettiva” inferiore all’originale.

Della parte lossless ce ne occuperemo un'altra volta [8] - rimaniamo su quello che per varie ragioni, più o meno legittime, è diventato lo standard de facto dell'audio digitale compresso, cioè l'mp3.
Il passaggio dal codec in fase di creazione del file mp3 è il motivo per il quale ho scritto che “i file mp3 non esistono”: durante questa fase i vari parametri del possono essere impostati in maniera anche radicalmente diversa, ottenendo quindi come risultato differenti combinazioni di dimensioni e qualità sonora del file prodotto.

Una delle migliori spiegazioni che potete trovare in rete (in inglese) è qui

In sintesi, il tipo di codifica possibile con un codec mp3 come lame si sono evoluti da CBR a ABR a VBR [9].
La codifica CBR produce file più grandi della codifica ABR, che a sua volta produce file più grandi della codifica VBR, ma (a parità di dimensioni) la qualità di VBR è maggiore di ABR che è maggiore di CBR.

A sua volta ogni tipo di codifica può essere effettuato con una diversa impostazione numerica del bitrate: per usi musicali si parte da 128 per arrivare al massimo possibile di 320, per usi non musicali è accettabile anche un bitrate inferiore a 128.
Nel caso dei VBR al posto della specifica numerica del bitrate si usano dei preset denominati, a partire dal migliore, v0, v1, v2, etc.

Quando sono nati, gli mp3 CBR/128 erano quelli di uso più comune ed erano classificati come "CD-like quality" [10], e questo tipo di file mp3 ha molto contribuito a costruire una cattiva fama per tutto il formato.

Allo stato attuale, il file mp3 di migliore qualità ottenibile è CBR/320, che è anche il file mp3 di dimensioni maggiori.
Un file VBR/v0 ha praticamente la stessa “qualità percepita” di un CBR/320, ma è di circa il 25% più piccolo - e questo è ancora un vantaggio non da poco se dovete mettere gli mp3 in un player portatile!
In realtà, anche un VBR/v2 è praticamente indistinguibile dal CBR/320, ed ha dimensioni inferiori di circa il 45% - insomma, è l'ideale per il suddetto player: usando il VBR/v2 potete metterci il doppio delle canzoni che ci starebbero usando i CBR/320, senza nessuna perdita qualitativa udibile.

L'immagine che apre l'articolo, tratta dal link precedente, è un riassunto grafico di quanto ho cercato di spiegare fin'ora.

Per quanto riguarda invece il confronto tra mp3 e file wav originale (o cd audio), anche qui esistono diversi test ABX (o doppio cieco) [11] che dimostrano l’assoluta trasparenza – cioè il fatto che all’ascolto non esistono differenze tali da permettere un’identificazione delle due diverse sorgenti – dei file CBR/320 e VBR/v0.
Fare un test in doppio cieco con l’aiuto di Foobar2000 è una cosa semplicissima – provate, i risultati vi stupiranno!

Rimarrebbe da parlare della pratica della transcodifica – anche per questa vi rimando alla nota [8]


Note e links:
La maggior parte del supporto documentale a quanto dico qui viene dal wiki di HydrogenAudio, una delle più rispettate fonti di informazione per la tecnologia audio (purtroppo è solo in inglese.)

[1] L’analogia con la macchina vale più per “un file audio”, dove la marca corrisponde alla tipologia del file audio: mp3, flac, etc. – magari ci torno sopra più avanti.

[2] Sono tutti spiegati più avanti, ma non sto semplicemente dando i numeri… andate anche alla nota 9…

[3] Mi riferisco principalmente a Windows, per Mac e Linux possono esserci differenze nei formati (AIFF ed AU rispettivamente, ma ce ne sono altri)

[4] Codec: coder-decoder, cioè un dispositivo hardware o software che si occupa di codificare e/o decodificare digitalmente un segnale perché possa essere salvato su un supporto di memorizzazione o richiamato per la sua lettura.

[5] Ho detto semplificando, quindi qui non parliamo del percorso che il file wav deve fare per arrivare ad altoparlanti o cuffie, cioè fondamentalmente passare da un convertitore DAC.
Ma di ADC e DAC magari ne parliamo un’altra volta, il discorso qui sarebbe legato al passaggio da analogico a digitale e viceversa, è un altro argomento!
Le definizioni comunque sono:
ADC e DAC: convertitore analogico a digitale e digitale ad analogico - Analog to Digital Converter (ADC), è un circuito elettronico in grado di convertire un segnale analogico con andamento continuo (ad es. una tensione) in una serie di valori discreti. Il convertitore Digital to Analog Converter (DAC) compie l'operazione inversa.

[6] Lossy sono i codec come ad esempio mp3, ogg vorbis, wma, aac, acs

[7] Lossless sono i codec come ad esempio FLAC, ALAC, DTS

[8] A questo punto non potrete scampare alla futura seconda parte di questo post, FLAC vs. mp3 :)

[9] CBR: constant bit rate, cioè bit rate fisso
ABR: average bit rate, cioè bit rade medio
VBR: variable bit rate, cioè bit rate variabile
Il bit rate (sempre semplificando) è il numero di campioni memorizzati per ogni secondo di musica, quindi usando CBR il numero è fisso per ogni secondo della canzone, usando VBR il numero varia in funzione delle parti della canzone: se c’è silenzio o ci sono poche informazioni musicali, il codec riduce il bitrate, e lo alza nelle situazioni opposte.
L’ABR è una via di mezzo tra le due precedenti impostazioni, ma non è efficiente come il VBR né in termini di qualità né in termini di dimensioni.

[10] In realtà un mp3/128 è abbastanza facilmente distinguibile dal file wav originale in un test ABX cieco.

[11] Il test ABX o doppio cieco consiste nel paragonare due fonti audio conosciute (A e B) ad una terza (X) selezionata di volta in volta a caso tra le prime due.
Il componente ABX COMPARATOR di Foobar2000 permette a chiunque di svolgere questo test per paragonare diversi tipi di file audio.

giovedì 14 gennaio 2010

Ghosts



Per lo stesso David Sylvian "Ghosts"[1] più che l'ultima canzone incisa con i Japan è la prima della sua produzione solista - tanto è vero che l'ha inserita nella raccolta "Everything and Nothing", proprio a rimarcare il significato di punto di svolta tra le due fasi musicali.

In "Ghosts" forse solo lo stile vocale è ancora un po' troppo enfatico (tanto è vero che nella raccolta "E&N" è presente una versione con la voce sovraincisa nel 2000 alla traccia strumentale originale), ma il pezzo è comunque straordinario, sia per la costruzione armonica (fatta quasi completamente di accordi minori) che per la tessitura strumentale - i suoni dei synth sono perfetti, rifiniti in maniera maniacal-certosina.
E rimanendo in tema di synth, nel video si vede Richard Barbieri che suona un Prophet 5, un vero mito per gli appassionati di elettronica analogica vintage: se avessi i soldi per acquistarlo (e mantenerlo, secondo le testimonianze già all'epoca era un incubo farlo funzionare, figuratevi 30 anni dopo..) sarebbe l'unico synth che vorrei avere in casa :)

Da "Ghosts" nasce quindi tutta la successiva carriera solistica di David Sylvian, che a mio avviso trova i suoi episodi migliori nella perfezione formale di un disco come "The Secrets of the Beehive" ("Orpheus" è una canzone che ha spinto a comprare non so quante chitarra acustiche dopo anni di solo elettriche) e - molti anni dopo - "Blemish"[2], testimonianza che un musicista intelligente non si ferma ma continua a cercare strade nuove.


Note e links:
[1] Questo video l'ho trovato su "La Teiera Volante", in un post di un paio di anni fa. Non l'avevo mai visto prima, quindi grazie a Lucien per il link :)

[2] Con la fondamentale collaborazione di Christian Fennesz, nel cui album "Venice" David ricambia il favore.

martedì 12 gennaio 2010

Richard Skelton



"Bisogna muoversi veloci, sempre più veloci: dribbling stretti, passaggi rapidi, tutto di prima. Bisogna spiazzarli, Elia."

La frase qui sopra è tratta da "Sud" - film minore di Gabriele Salvatores - ed è una delle poche cose che mi ricordo di quel film.
Ma è una frase che cerco sempre di tenere a mente: muoversi, sempre, per non rischiare di morire prima del tempo, congelati in un immutabile presente fatto di un passato che non diventa mai futuro [1].

Anche per quanto riguarda la musica, naturalmente: mai fermarsi, ma continuare a cercare stimoli nuovi (che non vuole dire ripudiare quello che ti piaceva prima, ma piuttosto costruire un percorso, un filo che lega il prima al dopo)

E io questo filo lo vedo ancora, e cerco di tenerlo sempre in movimento: il filo che lega nei miei ascolti Doors, Velvet Underground, Clash, Joy Division, Echo and the Bunnymen. E poi David Sylvian, Jesus and Mary Chain, Spacemen 3 e Loop, Sonic Youth/Nirvana/Dinosaurs Jr, e My Bloody Valentine, Yo La Tengo, Opal e Mazzy Star, PJ Harvey, Mogwai, Fennesz, fino al DYI di Message to Bears, Ekca Liena e Richard Skelton.

Lo stesso filo che in italia lega Gaznevada, Diaframma, Weimar Gesang, 2+2=5, Carnival of Fools e Afterhours, fino ai Giardini di Mirò.

In questo momento all'estremità del filo - che spero continui a dipanarsi ancora a lungo - ci trovo Richard Skelton.

L'ho già citato in risposta ad un commento di Lucien: trovo che le cose che lui produce - che non sono semplici dischi o cd, ma piuttosto un'esperienza artistica - siano molto belle e molto tristi.

Io vi consiglio di procurarvi almeno uno dei suoi lavori - la musica è una contaminazione tra ambient, musica classica, suoni acustici ed arrangiamenti non banali, lontana anni luce dall'approssimazione di troppa musica ambient oggi disponibile.
Sul sito di Richard è possibile ascoltare in streaming alcuni brani tratti dai suoi lavori, pubblicati sotto diverse sigle (Clouwbeck, Harlassen, A Broken Consort, Carousell, Heidika, Riftmusic) - non è probabilmente musica "per tutti", quindi provate ad ascoltare prima di comprare :)
Poi, se decidete di fare la prova e ordinate qualcosa via mail, vi arriverà a casa un'edizione "personalizzata" del CDr, con la data di realizzazione della vostra copia ed una dedica: a mio modo di vedere, una piccola opera d'arte.

P.S. Il titolo del blog è "Place to Be" con ovvio riferimento a Nick Drake - nella musica di Richard Skelton, che pure ne è stilisticamente lontana anni luce, io sento una sorta di vicinanza spirituale ed emozionale con la musica di Nick :)

Note e links:
[1] Chiedo scusa per il tentativo pseudo-poetico, in fin dei conti io ho sempre suonato la chitarra, i testi li scriveva qualcun'altro :)
Comunque, riferimenti:

Joy Division - Heart and Soul:
Existence well what does it matter?
I exist on the best terms I can.
The past is now part of my future,
The present is well out of hand.

Weimar Gesang - Light-Tight Place:
Future and past
I live no more
Where they touch each other

[2] Tutto il suo lavoro è dedicato alla moglie, Louise, purtroppo morta alcuni anni fa. Le confezioni dei CD fanno uso, tra le altre cose, dei lavori visuali lasciati da Louise e sono una delle più tenere dichiarazioni di amore che io abbia mai visto.

lunedì 11 gennaio 2010

Vinile o CD?


Ma siamo proprio sicuri che "tornare al vinile" sia una cosa "buona e giusta" [1] ?
Io, scusatemi, mi permetto di dubitarne.
E' sicuramente l'hype del momento, tra ristampe in 180 gr. e nuove edizioni in tiratura limitata da parte ormai di un po' tutti, dalle major internazionali alle piccole etichette dyi fiorite su internet, ma insomma, vi siete mica chiesti perché – quasi di punto in bianco – anche la grande industria si è messa a riscoprire il vinile?
Io si, e le risposte che ho trovato non mi piacciono per nulla…

Il discorso "vinile contro cd" discende da quello meno recente "analogico contro digitale" (inteso come tecnica di registrazione del suono)
Oggettivamente non ci sono dubbi: il suono digitale è più accurato del suono analogico (alla fine ci sono un po' di link a pagine di spiegazioni tecniche - purtroppo per la maggior parte sono in inglese), quindi TECNICAMENTE il discorso non ha senso: qualsiasi media digitale è più fedele all'originale di qualsiasi media analogico.
Quindi ogni volta che sento parlare di "superiorità tecnica del vinile rispetto al cd" - con relativi vaneggiamenti tecnici - mi viene l'orticaria...
In particolare non è vero che "il suono originale è analogico" - analogico viene dal greco, la radice è la stessa di "analogo", ovvero "simile, che approssima": qualsiasi tecnica di registrazione e riproduzione analogica è una tecnica che approssima il suono originario, esattamente come la tecnica digitale.
Poi la tecnica digitale si misura con limiti matematici e quella analogica con limiti fisici - ma i limiti della tecnica analogica sono molto più pesanti dei limiti della tecnica digitale.
Se qualcuno di voi è mai stato in uno studio a registrare una canzone, non può non sapere che un cd sarà sempre più fedele a quello che è stato registrato in studio sul multitraccia.
Poi si può sostenere che un disco in vinile suona "meglio", o che preferiamo il suono analogico a quello digitale - basta non sostenerne la superiorità tecnica rispetto al digitale.

Ma torniamo a bomba [2]: a un certo punto (1982) l'industria del disco e della riproduzione musicale inventa il cd, per un po' lo vende a prezzi così alti che lo comprano in pochi (io ho cominciato nel '93, mentre il mio primo lp l'ho comprato nel '78), poi piano piano sono costretti a portare il prezzo dei cd più o meno alla pari degli lp, la bilancia delle vendite comincia a pendere dalla parte del cd e produrre lp diventa anti-economico, e quindi stop ai padelloni neri.

E qui l'industria si rende conto di essersi tirata una grandissima mazzata sui coglioni: il cd come formato non è passibile di miglioramenti [3] - e allora dopo aver fatto profitti schifosi per anni rivendendo tutto il catalogo in cd a noi appassionati [4] mi immagino i CEO delle aziende che si guardano intorno con aria terrorizzata, domandandosi e adesso che cazzo ci inventiamo?
E allora ci hanno provato, con i SACD e gli AudioDVD, ma essendo tecnicamente IDENTICI ai Cd di coglioni che li comprano ne hanno trovati pochi...

Parallelamente i CEO delle società di Hi-Fi si rendevano conto che una volta comprato un cd player non c'erano vere ragioni per comprarne un altro (rotture escluse) e che era difficile continuare a ciulare [5] la gente come prima, proponendo prodotti sempre nuovi (il nuovo giradischi! Più preciso dello 0,01% di quello dell'anno scorso! etc., se c'eravate ve ne ricordate senz'altro)

Nel frattempo arriviamo alla fine degli anni '90, internet e computer cominciano ad essere ovunque, nascono gli mp3. E a ruota Napster.
Vi rendete conto che senza i cd non sarebbero mai nati gli mp3?
Vi rendete conto che senza cd non sarebbe mai nato Napster?
Per trasformare un cd in mp3 bastano 5 minuti di tempo e un computer qualsiasi, il risultato è indipendente dall'hardware usato: è tutta roba digitale! – mentre per trasformare un lp in mp3 ci vuole una botta di tempo e una botta di equipaggiamento, e soprattutto bisogna essere capaci di farlo.

Poi dell’mp3 si può dire tutto il male che si vuole – basta ignorare la realtà e basarsi sui “si dice” [6] - ma non si può negare che la digitalizzazione della musica unita alla diffusione di internet sia stata una vera rivoluzione, con aspetti negativi (pochi) e positivi (molti di più).

Da Napster sono nati tutti i programmi di file sharing: chi c’era si ricorderà AudioGalaxy, WinMX, eMule, SoulSeek, i Blog mp3 per finire con i torrent “privati” (Oink, nessuno?)

E insomma l’auto-martellata sui coglioni dell’industria discografica ha cominciato a fare davvero male: altro che passare un lp a tre amici che si facevano la cassetta, qui ci sono copie perfette (o quasi nel caso degli mp3) che passavano a centinaia di migliaia di persone…
Pensa che ti ripensa, finalmente a qualcuno è venuta in mente l’ideona: il vinile! Come si stava bene quando non esisteva la musica digitale, niente “furti” di massa via internet!
Rapida telefonata agli amici produttori di Hi-Fi: essì, che idea! Per ascoltare un disco in vinile allo stesso livello di un cd da 100 euro si deve spendere almeno 20/30 volte tanto!
E allora basta cominciare a far circolare la voce che il vinile, però, come era più caldo il suono analogico del freddo suono digitale!
Qualche complice nel campo editoriale, qualche vecchio appassionato che magari ci crede davvero, la voce si sparge e comincia a diventare il nuovo Graal degli appassionati di musica, che non vedevano l’ora di farsi prendere di nuovo per il culo dall’industria musicale tutta.
E allora via, ce l’hanno fatta di nuovo, ci stanno rivendendo DI NUOVO lo stesso catalogo, ma questa volta in formato “Hi Quality Vinyl – 180 gr. Pressing”

E il bello è che noi ne siamo contenti, vuoi per un misto di nostalgia per i nostri 18 anni (per chi ha una certa età), vuoi per una certa sensazione elitaria che ci da il vinile (per i nuovi adepti), vuoi perchè siamo così stupidi da credere a stronzate come la "sensazione tattile" di prendere il disco e metterlo sul piatto, o l’artwork della copertina più grande, o a quello che volete voi.
Purtroppo l'industria sarà sempre un passo avanti a noi, e l'industria non fa mai nulla se non c'è profitto: quindi, buon viaggio a chi vuole percorrere la “nuova” strada del vinile, io – scusatemi – mi rifiuto di seguirvi.


Note e links:
[1] Si esatto, la mia generazione c’è passata tutta dalla messa della domenica…

[2] L'utilizzo di questa locuzione desueta denota la non verdissima età dell'autore :)

[3] Se non ci credete, la matematica contenuta in questo articolo lo dimostra senz’ombra di dubbio – poi naturalmente siete liberi di credere ai fantasmi e a Babbo Natale…

[4] Nel conto possiamo pure buttarci le ristampe – inizialmente si usavano le ristampe economiche o nelle linee mid-price, poi il solito CEO si deve essere detto: ma checcazzo, perchè ristampe a basso costo? Con la tutta la fuffa avanzata che abbiamo negli archivi inventiamoci piuttosto le bonus tracks, le rimasterizzazioni, poi magari le “Deluxe editions” e i cofanetti, e altro che prezzo ridotto! Via a prezzo pieno se non maggiorato!
Che poi esistono anche cose fatte con un po' più di amore e che hanno un minimo di senso, tipo la ristampa di un lp con bonus delle tracce che erano magari state pubblicate solo su singolo o ep e non eri mai riuscito ad ascoltarle - ma la maggior parte delle edizioni con bonus di outtakes, inediti, pezzi live etc. sono pure speculazioni - quanti inediti avete ascoltato che se anche fossero rimasti tali non sarebbe cambiato nulla?
E ci sono cascato anch'io, eh, mica sono più intelligente di voi - così ad esempio "Crocodiles" di Echo and the Bunnymen l'ho comprato in lp quando è uscito, poi l'ho ricomprato in cd a metà anni '90 e poi l'ho ricomprato “Remastered ed Expanded” nel 2000 e rotti…

[5] Milanese, sta in questo caso per “turlupinare, truffare”. “Che ciulata!” – “che truffa!”

[6] Una cosa in particolare: gli mp3 suonano male. Provate a fare un “blind test ABX” per esempio usando foobar2000, e vi accorgerete che distinguere un mp3 “di qualità” (diciamo codificato a v0) dal cd è impossibile. Decine di blind test tenuti in tutto il mondo lo confermano, ma fate anche voi la prova. Io l’ho fatta, e ci sono rimasto veramente male nel vedere che non ero in grado di riconoscere la differenza… :(

Altri link interessanti sull'argomento digitale/analogico e cd/vinile:
Vinyl Myths
Vinyl FAQs

Un link fondamentale per capire perchè non tutti gli mp3 sono uguali (in particolare il grafico a metà pagina circa)

E in generale tutto il wiki dell'HydrogenAudio Forum.