venerdì 26 ottobre 2012

Contemporaneità, ora e allora

Non è la prima volta che succede: anche questo post nasce da un commento lasciato qualche giorno fa sulla "Teiera Volante" di Lucien.
Perchè a volte si comincia un discorso che a me sembra interessante e si abbandona troppo presto o senza raggiungere nessuna conclusione.
L’argomento è "come i contemporanei parlano del loro stesso tempo", come è ovvio con particolare riferimento ai discorsi sulla musica.
Ovvero: per quello che ricordo io[1] negli anni '70 si parlava di quegli stessi anni come dei peggiori per la musica, dopo i fasti degli anni '60.
Trent’anni dopo, gli anni '70 sono diventati "leggendari" come il decennio precedente.
E quello successivo.
E come è successo a quello precedente a quello precedente, e come succederà a quello successivo a quello successivo, (ad. lib.)
Magari mi ricordo male.

E allora, leggiamo ad esempio l'introduzione dell'articolo[2] intitolato "Il cimitero degli elefanti", scritto da Blue Bottazzi[3] sul Mucchio Selvaggio nr. 24, Novembre 1979.

"Gli scaffali della mia discoteca sono più o meno polverosi a seconda di quanto sono frequentati. L'angolo più polveroso, è quello dei dischi di soft britannico, il rock sinfonico inglese della prima metà dei settanta. Forse ancora più polveroso di quello dei dischi tedeschi.
Se soltanto sto a confrontare questi dischi con il beat, o il blues revival, tutta musica inglese più antica anagraficamente ma ben più longeva e stimolante, mi domando se tutto il materiale registrato all'epoca '69 - '75 sia stato inutile, una mera perdita di tempo nei confronti del rock.
A parte che è meglio rinunciare a perdere il tempo domandandoci se qualche cosa sopravviverà di questa nostra musica che per la gran parte è solo pop di consumo, è vero che i risultati musicali dell'epoca, tradotti in canzoni, sono già inascoltabili oggi."


Poi passa a parlare più o meno male di Moody Blues, King Crimson, Genesis, Yes, Pink Floyd, ELP, Van Der Graf Generator, Gentle Giant, Jethro Tull, del jazz-rock degli allievi di Miles Davis e della "vecchia" Grace Slick.

Bene.
Io di articoli di questo tenore ne ricordo a decine.
Ricordo il clima generale,[4] che è ben riassunto dall'articolo di Blue Bottazzi.

E ricordo, mutatis mutandis, che gli stessi discorsi che si fanno adesso si sono fatti negli anni '80 e '90 e '00: che musica di merda che c'è adesso, prima sì che.
Probabilmente anche negli anni '60, ma lì non posso ricordarmi: c'ero ma non avevo ancora imparato a leggere.

Ad avere tempo e voglia, potrei citare decine di articoli delle riviste che ho ancora in cantina (Mucchio Selvaggio, Rockerilla e altre) che parlano degli anni '70 e '80 e '90 e... allo stesso identico modo.
Io sono sicuramente noioso, ma possibile che a nessuno venga il dubbio che questa costante, incessante ripetizione delle stesse "posizioni critiche" sia irrimediabilmente stupida?


Note e links:
[1] Io sono nato nel 1963, perciò quando parlo dei "miei" anni '70 musicali faccio riferimento alla seconda metà, che nella prima ero troppo piccolo per interessarmi di musica (anzi, in realtà per interessarmi di qualsiasi cosa diversa dal giocare. A pallone, possibilmente. Ma andava bene anche tutto il resto)
Nel '77 finisco le medie, comincio il ginnasio, insomma "cresco" (sempre ammesso che etc.)
Di lì a poco comincio a interessarmi di musica "seriamente".

[2] L'originale è liberamente scaricabile da questo link, insieme a decine di altri articoli dei primi anni del Mucchio Selvaggio.

[3] Di cui su questo blog si è parlato male, certo, ma quando era giovane mica scriveva su "Suono" come adesso...

[4] E il clima generale[5] era grosso modo questo: il punk e la new wave come reazione alla pessima musica degli anni precedenti: glam, tardo hippismo, hard rock tamarro, progressive, disco-music (la febbre del sabato sera, cazzo!) e via dicendo.
Per la riscoperta del funk, del soul e della disco music, ripassare più tardi. Al momento, gli idioti andavano in discoteca, gli altri compravano i dischi rock.

[5] Non sto dicendo che questo modo di vedere le cose fosse senz'altro giusto: questo è il clima che ricordo io e che ritrovo nell'articolo di cui si parla nel post.

lunedì 22 ottobre 2012

Ascolti recenti: Ottobre 2012

Dunque: riprendo a postare appunti su dischi ascoltati, vecchi e nuovi (vedi la prima puntata per motivazioni e vecchiaia incalzante)
Siccome scrivere recensioni è difficile, noioso e fondamentalmente inutile, le lascio così, nude e crude: fotografie, link e approfondimenti, troppa fatica.
A me servono come memoria, a voi non so.


Aceta - Sketches (2010)
giudizio: D

Post rock piuttosto anonimo, sa dio perchè l'avevo considerato degno di nota un annetto fa.
Avevo anche provato a procurarmi la copia del cd.
Boh

Akron Family - Set'em Wild, Set'em Free (2009)
giudizio: D

Su consiglio appassionato di Alberto, non li ho mica capiti.
E l'ho ascoltato un tre volte buone.
Boh

Album Leaf - An Orchestrated Rise to Fall (1999)
giudizio: C

Carino, ma non rimane nulla in mente per più di qualche istante.

David Sylvian - A Victim of Stars (2012)
giudizio: C

Compilation classica con le canzoni "più famose", senza inediti o curiosità.
Bella per chi non lo conoscesse, inutile per tutti gli altri.

Giardini di Mirò - Good Luck (2012)
giudizio: A

Rivalutato non poco il nuovo GdM, che all'uscita mi aveva lasciato piuttosto indifferente.
Ci sono belle canzoni e aperture più anni '80 del solito: una via di mezzo tra il post-rock smandolinato e la new wave, e a me piacciono molto.

June Miller - I couldn’t be with you even if I wanted (2012)
giudizio: A

Finalmente è uscito anche fisicamente il nuovo cd dei June Miller, già ascoltabile su Bandcamp da qualche tempo.
Loro sono uno dei miei gruppi italiani preferiti.
In questo disco mi manca tantissimo la voce di Federica, che ci posso fare?
Era la marcia in più del loro ultimo lavoro: questo nuovo è molto bello, ma quello era straordinario.
Questo parte con due brani cantati con splendide linee vocali (che evidentemente quindi vengono scritte dal gruppo e non da Federica), poi tre brevi variazioni e una seconda parte con diversi interventi acustici.
Cd ordinato.

A proposito di Federica e del suo gruppo, gli Antigone: non ne ho saputo più nulla.
Il loro sito MySpace, coem anche il profilo su Facebook, non sono più aggiornati da più di un anno (giugno 2011).
Non so se il loro disco sia uscito anche fisicamente.
Se qualcuno ne sapesse qualcosa...

Have a Nice Life - Deathconsciousness (2008)
giudizio: C

Non è un disco.
E non solo perchè sono due.

Più che altro, è un demo di "come non si usa il riverbero quando si registra un disco".
Purtroppo oggi un riverbero software non costa più nulla...
Mi immagino la scena.
L'ingegnere del suono pensa: "Qui ci vorrebbe un etto di riverbero, per sicurezza ce ne metto due".
Poi passa il chitarrista, guarda e pensa: "Se il tecnico ci ha messo due etti di riverbero (che è così importante per il nostro sound) ne aggiungo un po', facciamo tre etti".
Poi passa il cantante, guarda e pensa: "Se ci hanno messo tre etti di riverbero, per sicurezza facciamo quattro".
Poi passa il bassista, il produttore, un paio di ospiti (il batterista no, lui non ha nessuna idea di cosa sia un riverbero o, più in generale, di come funzionino quelle maledette macchine che ci sono nello studio di registrazione).
Alla fine, ci sono un paio di chili di riverbero su ogni maledetta traccia registrata, dalle chitarre alla batteria (qui ce l'hanno messo gli altri, allì'insaputa del batterista), dalla voce al basso, dai synth alle percussioni.
Più alcuni altri chili sul mixdown stereo.
Probabilmente anche il campanello della casa dove abitano gli Have a Nice Life è collegato in serie a un paio di Midiverb II d'epoca.
Che musica si intravede sotto il riverbero?
New Wave/Dark, giri di basso in primo piano e melodie primi anni '80, chitarre fastidiose e batterie elettroniche.

Donald Fagen - Sunken Condos (2012)
giudizio: E

Gran classe e zero idee.
Musica da intrattenimento. Se vi basta....

Goodsped You! Black Emperor - Allelujah! Don’t Bend! Ascend! (2012)
giudizio: C

Tra Spacemen 3, post-rock smandolinato e pastrocchi etnici.
Registrato in modo orribile.
Boh.

Dexy's Midnight Runners - Searching For The Young Soul Rebels (1980)
giudizio: B

Tre/quattro pezzi killer, un bel po' di fuffa e uno stile canoro affettato ed eccessivo.
In ogni caso il migliore dei loro lavori.

Death in Venice - tutto (1983-1986)
giudizio: D

Trovata su Blogspot tutta la loro produzione: il primo demo e i due ep.
Uno di quei gruppi che, se non avessi scaricato i lavori, avrei ricordato con l'aura del mito.
Invece, non c'è un pezzo che abbia retto al passare del tempo.
Peccato.

Nick Cave - Kicking Against the Pricks (1986)
giudizio: A

Grandissimo disco di cover di Nick Cave, che all'epoca mi era piaciuto molto e adesso ancora di più.
Gemello diverso di "Your Funeral, My Trial", che è ancora il mio album preferito di Nick.

Nick Mason - Fictitious Sport (1981)
giudizio: C

L'avevo comprato all'epoca, non me lo ricordavo per nulla (a parte il fatto che fosse in pratica un album di Carla Bley e che Nick Mason fosse lì come specchietto per le allodole)
Avendone letto recentemente una recensione che ne parlava bene e che faceva notare come il tutto fosse cantato da Robert Wyatt, ho pensato di riascoltarlo.
Musica strana per chitarre e tromboni.
Ma strana di quella che mi viene in mente, questi vogliono proprio essere strani, ma di per sè, che senso ha?

Christopher Willits & Ryuichi Sakamoto - Ancient Future (2012)
giudizio: D

Piano + ambient guitar
Molto gusto, bei suoni.
I pezzi lasciano un po' il tempo che trovano.
Sakamoto non ha bisogno di presentazioni, direi; Willits è uno dei guru di Ableton Live.
Le sue lezioni di uso del programma sono imperdibili per chiunque voglia suonare la chitarra con quel software.
Sono anche una testimonianza della sua lotta (perduta) con i suoi capelli, che lo abbandonano progressivamente durante le lezioni, nonostante pettinature a schiaffo in avanti, cappelli e trucchi vari...

giovedì 18 ottobre 2012

The Doors - Live at Hollywood Bowl

I Doors, pensa te.
C'è tutto un loro concerto del 1968 all'Hollywood Bowl, su Youtube.

Che quando avevo sedici anni e volevo essere Jim Morrison (il primo che lo chiama Jimmone, sparo!) ci si sognava di mettere le mani su un bootleg dei Doors, altro che filmati dei concerti.

Ricordo che dal mio spacciatore di vinili del tempo, Il Carillon di Monza, c'era un bootleg doppio (Live in Svezia, forse? Con una copertina nera e azzurrina) dal prezzo assurdo per le mie finanze di studente.

Mai comprato, ma quanto tempo speso a sognare di farlo, e a sognare di poter ascoltare i Doors dal vivo senza trucchi.
Anche se avevo già naturalmente "Absolutely Live", ma l'idea dei bootleg era che ci si sarebbe potuto scoprire chissà quale segreto, quale variazione, quale pezzo sconosciuto.
Nel bootleg ci doveva essere qualcosa di non costruito, di vero, di rubato.

Più avanti sarebbe venuto il film di Stone, iconograficamente perfetto, ma che dipingeva un Jim Morrison mentecatto e praticamente idiota, e anche Samuele Bersani con la sua "Freak" e "tanto so già che metterai su i Doors, oh no, metti un bolero", perchè nel frattempo i Doors erano diventati il gruppo dei fighettini fricchettoni.

Mentre scrivo sto guardando il video.
Jim ha un orrido paio di pantaloni di pelle marroni (!) che io avevo sempre immaginato fossero neri, e un gilerino ricamato ad alamari francamente inguardabile, come il suo taglio di capelli.

Lui è praticamente fermo davanti al microfono, cui si aggrappa come se avesse paura di perdersi.

Uno spettacolo che dire statico è dire poco - eppure loro (lui) non era/no famosi per le performance infuocate e ribelli?
Boh.
Inquadratura laterale quasi fissa su Jim, di tanto in tanto Manzarek di fronte, con la testa reclinata di tre quarti, che suona in simil-trance artistica, e qualche inquadratura di Krieger di nero vestito che si confonde con lo sfondo.
Densmore, con la sua batteria, troneggia altissimo, sopra la testa di Jim.

Cioè, al confronto un gruppo shoegaze era uno spettacolo vario e coinvolgente.

E’ proprio vero che i miti giovanili si dovrebbero lasciare là dove li hai conosciuti, nella tua gioventù.
Perchè difficilmente sopravvivono allo scorrere del tempo.

Ho smesso di guardare il video a 17:54.
Preferisco affidare la memoria dei Doors ai miei ricordi e alla mia fantasia, nei quali sorpavviveranno meglio se non finisco di guardare sto video qui...

lunedì 15 ottobre 2012

La musica è una cosa meravigliosa

Come dice il titolo: la musica è una cosa meravigliosa.
Sì, era l'amore.
Ma qui si parla di musica, e allora parafrasiamo.

Pensate ad esempio a quanti tipi di passione permette di sviluppare, uno diverso dall'altro, e tutti così forti.

C'è l'audiofilo che ascolta l'impianto, per godere della potenza dei bassi e della setosità dei medi.

C'è il vinilomane che ascolta il supporto, per godere dello scricchiolio della puntina e del fruscio dei solchi, mentre annusa la copertina e lecca la busta interna.

C'è il collezionista che non ascolta (si rovina!) il suo ultimo acquisto (magari la copia è ancora incellofanata, mai aperta!), limitandosi a rigirarselo estasiato tra le mani, prima di riporlo intonso assieme ai suoi mai ascoltati colleghi.

C'è l'appassionato di tecnica strumentale che misura quantità e velocità delle note emesse da (di solito) un chitarrista dall'aspetto estetico quantomeno discutibile.

C'è il musicista appassionato di tecniche di registrazione, che cerca di capire se il riverbero usato sul rullante è un Lexicon degli anni '80 o una sua replica software dell'anno scorso, ammirando tipicamente le singole foglie senza riuscire a cogliere la foresta che vi sta dietro.

C'è il nostalgico ad ogni costo, che qualunque cosa ascolti non importa, perchè l'unica cosa che gli interessa è la nostalgia che gli provoca il riascolto di musiche conosciute per la prima volta quando non aveva la pancia e aveva ancora tutti i suoi capelli.

C'è il musicista aspirante che di una canzone cerca di carpire i segreti compositivi, i trucchi e il mestiere di chi l'ha composta e registrata, provando a ricrearne la magia in una sua canzone.

C'è il rocker pentito che ormai ascolta solo l'opposto di quello che gli piaceva in gioventù (preoccupandosi però di rimanere sulla stessa lunghezza d'onda snobistica: cose all'opposto ma non troppo famose o di successo, che va bene tutto ma se no come cazzo faccio a distinguermi dalla massa)

Poi, per fortuna, ci sono io...
:)


Note e links:
L'immagine del collezionista di dischi l'ho presa dal bel blog The Evil Monkey's Records.
(Click per ingrandirla)

giovedì 11 ottobre 2012

I soliti accordi

Non ce la faccio, ormai ce l'ho tra i bookmark e di tanto intanto ci capito sopra...
Però avevo deciso di non parlarne più.
Poi leggo oggi sul blog di Joyello questa introduzione:
"Il crescente disinteresse per i dischi (intesi come oggetti fisici) da parte delle giovani generazioni, è inversamente proporzionale a quello per la musica. Semplicemente si cercano strade diverse, modi alternativi di produrla e distribuirla."

E allora, mi torna in mente che qualche giorno fa ho letto dell'uscita del nuovo numero di "Suono", e questo è il nuovo editoriale di Max Stefani.
Come faccio a non riportarne alcuni passaggi?[1]

"Come può un ragazzo di 20 anni, col testosterone a palla, ascoltare con la dovuta concentrazione Dylan, Knopfler ma anche Bob Mould o i Calexico? Oddio, io lo facevo (e come me molti altri), ma erano altri tempi e sicuramente noi eravamo diversi. Più curiosi, più aperti, con meno barriere mentali. Il che sembra anche strano visto quanto eravamo ingabbiati. Vero che apprezzavo Stones, Animals o Stevie Winwood, ma ero anche curioso di ascoltare i loro eroi. E poco m’interessava l’età di Muddy Waters o Johnny Cash. E come non dare ragione a una persona matura, che ha vissuto la giovinezza negli anni Sessanta o Settanta (senza dubbio alcuno gli anni migliori e irripetibili del rock), quando sostiene che quello che esce da vent’anni a questa parte è quasi sempre fuffa?"[2]

C'è tutta la banalità del rocker post-cinquantenne nelle parole del condirettore del simpatico giornaletto, da quanto eravamo meglio noi dei giovani d'oggi alla musica che è morta negli anni '70.
Figuratevi un po' quale può essere la linea editoriale conseguente a queste idee: una sorta di Buscadero senza negozio di dischi da promuovere.
"Strade diverse, modi alternativi di produrre e distribuire la musica", nemmeno ne sospettano l'esistenza.
Sconfortante.

Ma "Suono" è anche tecnologia: c'è la nuova puntata del sistema "Pono" di Neil Young, che ha presentato il prototipo di un lettore ad "alta definizione".
In evidenza nella foto di apertura di questo post (click per ingrandire) è quel coso giallo triangolare di dimensioni assurde, il cui nome deve essere stato scelto per intercettare tutti i click di chi sbaglia a scrivere "Porno" su un motore di ricerca.
Un altro motivo non può esserci!

Che dire.
Aspetto solo che sia disponibile sul mercato per avere il sottile piacere di non comperarlo...


Note e links:
[1] Lo so, lo so, sono sempre gli stessi tre argomenti.
Mi piacerebbe essere più originale e trovare una cosa nuova da dire ogni giorno, ma non ne sono capace, e così scrivo di quello che mi interessa o che mi fa girare le scatole, abbiate pietà.

[2] Parti in grassetto mie, poi continua parlando male delle altre riviste di musica italiane e confessando che anche il Mucchio faceva recensioni-marchette in cambio di pubblicità... boh.
Ecco un altro estratto (grassetti sempre miei):
"Da una parte si sostiene dunque che "i vecchi" regalano ancora emozioni su disco (il caso di Dylan è un esempio lampante - Duquesne Whistle è una delle sue migliori canzoni, così come il blues elettrico, sferragliante, cattivo di Narrow Way), ma soprattutto dal vivo; dall’altra si sostiene che quello che esce di nuovo è davvero poca cosa. E mi dispiace per tutti quei lettori che si perdono dietro le centinaia di recensioni mensili positive dei vari mensili italiani come Blow Up, Rumore, Mucchio.
C’è molto fumo e pochissimo arrosto, è un dato di fatto, e spesso ci si prende gioco di chi legge. Perché comprare riviste che fanno quasi solo "marchette"? Forse, e dico forse, le uniche riviste che hanno un senso oggi sono cose tipo Mojo o Classic Rock che si occupano dei grandi del passato con uno sguardo intelligente al presente.
Nel momento in cui ho pensato a come impostare la parte musicale di questo giornale, mi sono prefisso come obiettivo che le recensioni di nuovi dischi non fossero più di una ventina al mese. Quando dirigevo il Mucchio eravamo anche noi caduti nel perverso sistema che ci obbligava a recensire positivamente più dischi possibile per soddisfare le case discografiche che in cambio acquistavano qualche pagina pubblicitaria (peraltro a prezzi scontatissimi), ci davano la possibilità di fare interviste e di avere le anteprime e così facendo non perdevamo il treno con le riviste concorrenti. Una lenta corsa verso il suicidio, un vendersi per niente, un appiattirsi senza motivo."

lunedì 8 ottobre 2012

Hook vs. Sumner

Questa è una cosa che mi rende davvero triste: i litigi tra gli ex-Joy Division e New Order.
Ne trovate un riassunto a tutt'oggi su questo articolo di SentireAscoltare.

Hanno cominciato da un paio di anni a farsi pure i dispetti: Peter Hook fa i concerti suonando gli album interi dei Joy Division e prossimamente dei New Order, Bernard Sumner fa una reunion senza invitare il bassista e annuncia nuove registrazioni dei New Order per il 2013.

Senza la minima eleganza: sono purtroppo (come dice Peter Hook) due grassi signori ormai di mezza età che non sanno far altro che litigare, come due vecchie zitelle, per gli scampoli della fama e della gloria legati a due gruppi davvero storici.
Anche se sembra (non li ho evidentemente mai conosciuti di persona) siano sempre stati due discrete teste di cazzo, adesso sono diventati nè più nè meno di due Pink Floyd qualsiasi...

Naturalmente, oltre agli scampoli di cui sopra, c'è pure la questione tutt'altro che marginale dei diritti economici, ma mi fa davvero tristezza pensare al chitarrista e al bassista dei Joy Division che litigano per qualche soldo.

Io, come tutti, avrei voluto che almeno la mia generazione, almeno i miei "eroi" fossero un pochino migliori degli altri.
Anche senza arrivare all'esagerazione teorizzata da Simon Reynolds: "ogni generazione invecchiando vorrà vedere la propria gioventù musicale trasformata in mito e monumento".
Mi sarebbe bastato, al posto di miti e monumenti, un po' più di coerenza tra il punto di arrivo e le idee da cui si era partiti.
Non è mai successo, eh.
Ma sarebbe stato bello se ci fosse stata una prima volta.

venerdì 5 ottobre 2012

Alanjemaal - Dalla ruggine

Degli Alanjeemal ho già parlato un paio di volte; ora è finalmente uscito il loro sospirato primo cd, "Dalla ruggine".
Che è un disco strano, per come e per quando è nato[1], cioè una decina di anni fa, registrato con Fabio Magistrali al mixer e con ospiti illustri come i Perturbazione, e poi rimasto nel cassetto fino ad oggi. Un biglietto da visita temporalmente un po' fuori fuoco, che sarà seguito a breve da un nuovo lavoro, attualmente in fase di completamento.

Il disco è liberamente ascoltabile e scaricabile, nella sua versione digitale, su Bandcamp.
Se siete interessati ad una copia fisica da lì si può ordinare a partire da 5 euro, mentre la versione digitale è ad offerta libera: anche zero, ma non fate i pitocchi...

Stavo cercando di dimenticarmi del fatto che sono amici per poter parlare liberamente del disco, quando mi è venuto in mente che la conversazione che ho avuto via mail con Alberto[2] qualche giorno fa era meglio di qualsiasi recensione potessi scrivere. E così, eccola qui:[3]

Alberto Casiraghi a me
Alessandro Limonta ha scritto:
Sentito il cd una prima volta in macchina, prime impressioni:
- belli i suoni delle chitarre e del basso
- non mi piace il mixaggio, poca batteria e strumenti un po' impastati (però non è facile mixare i vostri pezzi, le due chitarre, il basso distorto e le tastiere si "mangiano" quasi sempre gli stessi spazi a vicenda)
Infatti: tieni conto che anche il poco tempo che ci siamo potuti permettere per mixare è determinante.
E' necessario però ascoltare ad alto volume. Tenendo il livello basso il suono rimane più impastato.

Come mai così poco cantato?
Uscivamo dal nostro periodo post rock :-) A parte gli scherzi, i nostri pezzi strumentali erano quelli che al magister piacevano di più, e sono per quelli che lui ha voluto fare questo lavoro. Forse oggi faremmo diversamente, ma sono appunto passati dieci anni.
Da allora, mai più pezzi strumentali.

Non so se è un pro o un contro, ma non riesco mai a incasellarvi in un genere o un'ispirazione ben definita: la vostra musica è sempre difficile da classificare, e a volte può essere un problema.
Per noi è una cosa voluta e positiva. Ci rendiamo conto che in questo modo ci seghiamo le gambe sia con il pubblico che con le etichette discografiche.
Ma che ci vuoi fare: la libertà ha il suo prezzo.

Troppi pezzi troppo complessi, con continui cambi di ritmo (ma questa è un'allergia mia)
Io sono allergico al contrario, guarda un po'
Nel complesso mi siete piaciuti molto di più nei vostri ultimi live.
Tieni conto che negli ultimi live abbiamo suonato solo tre di quei pezzi
La vita agra, Memoria eidetica e Allucinazione Ipnagogica
Il nuovo repertorio è di certo più lineare e di facile lettura (per dire, eh)

Pezzi che mi hanno colpito al primo ascolto: "Via Corelli" e "Memoria eidetica", con un bel giro di basso distorto molto motorpsychiano.
Strano che citi Via Corelli che è il brano più lungo, più articolato che abbiamo. E' vero, il ritmo è quasi sempre quello dall'inizio alla fine e l'ispirazione deriva dalla lunghe suite dei Motorpsycho. E' un pezzo che ci piace molto ma dal vivo devi avere due palle così per proporlo. Data la lunghezza (più di 10 minuti) c'è il pericolo che ci si possa addormentare. Però oggi la griderei a squarciagola.
Lo riascolto almeno un altro paio di volte prima di parlarne sul blog.
Sii clemente :-)
Ho riascoltato e oltre ai due pezzi citati prima mi è piaciuto in particolare anche "Allucinazione ipnagogica", molto compatto e noise.
E' un pezzo che ha richiesto un po' di lavoro sulla definizione della ritmica. Cercavamo di coniugare i nostri ascolti post-rock (siamo alla fine degli anni '90) con la condivisa passione per la psychedelia.
Certo, dire che sia un pezzo psychedelico è forse un po' troppo, visto che è molto noise, come giustamente dici. Però la ripetizione degli stessi temi nella parte finale, il groove del basso, l'uso dei wha-wha e le tastiere, tutto rimandano a una concezione moderna del genere.
Pensiamo ancora a distanza di anni che sia ben riuscito, tanto che è un brano fisso nei nostri live.

Nel complesso devo dire che non sono sicuro di avere capito il perchè del cd.
Mi spiego: è bello ma senza esagerare, soprattutto perchè è abbastanza inferiore a quello che riuscite a fare dal vivo adesso. Io avrei invertito l'ordine di pubblicazione: prima il cd con le nuove registrazioni e dopo, casomai, quelle vecchie. Oppure le vecchie registrazioni come bonus di quelle nuove, qualcosa del genere insomma.
Perchè chi arrivasse a conoscere gli Alanjemaal attraverso questo cd potrebbe farsi un'idea che non corrisponde a come siete adesso, dieci anni dopo: più compatti, più asciutti, più decisi.
L'obiezione è più che pertinente.
Del resto pure noi eravamo indecisi se aspettare la pubblicazione del nuovo album e in seguito fare uscire Dalla ruggine.
Sarebbe in effetti stato più logico, se il nostro obbiettivo fosse stato solo far conoscere gli Alanjemaal di oggi. E' così vero questo concetto che fatichiamo a promuovere il cd. E non solo per una questione di qualità, ma proprio perché le redazioni sono ingolfate di cd nuovi da recensire.
Tutto vero, tutto giusto.
Mancano però due elementi.
Il primo, diciamo di carattere "personale/sentimentale" è quello di parlare a noi stessi, al gruppo che eravamo più di dieci anni fa, a quello che siamo stati in tutto questo periodo fino ad oggi.
E per fare questo, per poter ripartire con una nuova consapevolezza dovevamo per forza farlo da dove ci eravamo fermati, dall'ultima volta che ci siamo sentiti una vera band con un vero progetto, con una solida identità.
Non dico che il decennio seguente sia passato invano.
Questo mai.
Dico solo che gli Alanjemaal per troppo tempo sono stati visti come il diversivo, come la via di fuga, come la panic-room necessaria per controbilanciare tutto quello che stava succedendo nel privato di ognuno di noi. Chiariamoci, fosse solo questo lo scopo di suonare in un gruppo è già importantissimo. Stare assieme per tutti questi anni (il nucleo fondante è del 1993) è per forza una scuola di vita. Quindi, si doveva partire da lì, a costo di bruciarci i pochi contatti e di sentirci dire che stavamo sbagliando tutto.
La seconda questione è strettamente musicale.
Neanche il prossimo disco, che stiamo registrando sempre con Fabio Magistrali e che uscirà nel 2013, è così fedele ai live che hai visto tu. Sicuramente suonerà più compatto; sicuramente ha più cantato e quasi nulla di strumentale; sicuramente suonerà meno datato.
Ma nonostante questo ha molti pezzi più riflessivi, più sognanti e, se vuoi, più leggeri, per quanto leggero possa essere un brano degli Alanjemaal.
Quindi, non è detto che il nuovo cd avrebbe fotografato gli Alanjemaal che hai visto live nel 2012, perché è per scelta che i nostri concerti, che hanno scalette che sono un po' il riassunto di 13 anni di vita, siano molto carichi e compatti.
Come è una nostra scelta costante, cercare, coi limiti della nostra imperizia musicale, di trovare vie nuove e ogni tanto cambiare, sempre cercando di mantenere uno stile riconoscibile.
Per dire, sarà molto difficile scrivere per noi un altro pezzo come "Allucinazione ipnagogica". Quel territorio di scrittura lo abbiamo già battuto ed è per noi naturale andare oltre.


Niente da aggiungere, direi.
Certo, se qualcuno degli amici bloggers volesse far girare la voce, la cosa sarebbe molto apprezzata...


Note e links:
[1] Trovate una esauriente biografia del gruppo su Rockit.

[2] Voce e chitarra degli Alanjeemal, nonchè collaboratore assai poco prolifico di questo blog...

[3] Oh intendiamoci, rivista e corretta, tolti gli errori di battitura e un paio di cose private, integrata con una mail successiva.
Non è esattamente un falso, ma nemmeno una vera mail...

mercoledì 3 ottobre 2012

Ho visto le migliori menti di ogni generazione...

Ho scoperto, su un forum dedicato ai Beatles, una serie di articoli tratti da giornali italiani dell'epoca dei loro concerti in Italia.

Sono quasi tutti piuttosto divertenti da leggere, soprattutto quelli che parlano dei fan dei quattro "urlatori di Liverpool" ("uomini e donne, tutti molto giovani, zazzeruti, accaldati, frenetici e pronti alla bagarre per stringersi intorno ai loro idoli") o dei resoconti dei concerti ("Strillano le ragazzine, dimenandosi come ossessi. Tutti in piedi sulle sedie. È un crescendo che mette i brividi. La polizia fa cordone, accorre dove può, calma, minaccia, picchia.")(Notare in quest'ultima la polizia che "picchia" i pericolosi soggetti che ballavano in piedi sulle sedie)

Ma il migliore di tutti è questo, tratto dal Corriere della Sera del 28 giugno 1965, a firma C.L.:
"Opinioni di alcuni personaggi famosi sui Beatles.
Pier Paolo Pasolini: «Non mi so spiegare il successo dei Beatles, questi quattro giovanotti completamente privi di fascino che suonano una musica belluina».
Franca Valeri: «Per me il trionfo dei Beatles è un mistero, sebbene sia convinta che chi riesce ad emergere deve avere le carte in regola per farlo».
Milva: «Non riesco a rendermi conto della loro bravura, eppure c’è gente che impazzisce per loro».
Strehler: «Questi Beatles non mi dicono molto, ma ci deve essere una ragione se vanno tanto forte»."


A me verrebbero delle simpatiche considerazioni su come vengono recepiti i gruppi musicali dei 'ggiovani dai loro contemporanei, in particolare da quelli di qualche anno più anziani, ma direi che è meglio, elegantemente, soprassedere.[1]


Note e links:
[1] Certo, se mi abbandonasse l'eleganza, potrei parlare di come anche le menti migliori di ogni generazione possano non capire un cazzo di quello che succede tra chi ha pochi anni meno di loro.
Potrei parlare anche di come non basti essere tra gli attori più raffinati e brillanti, o tra i più stimati uomini di teatro per capire automaticamente le altre forme d'arte, specialmente se fatte da 'sti famigerati 'ggiovani.
Potrei parlare di come tra chi fa lo stesso mestiere più che la curiosità di capire quello che succede esista la preoccupazione di tenersi stretto il proprio orticello, sparlando se possibile degli altri.
Guardate un po' quante cose cattive avrei potuto dire se non avessi scelto, con qualche difficoltà, lo ammetto, la strada dell'elegante svicolamento...

lunedì 1 ottobre 2012

Angelis Labor Gabriel

Fantastico.

Stavo cercando un'immagine per il post precedente, quello sulla musica che gira, e ho trovato questo incredibile giradischi.
Il Gabriel della Angelis Labor.

Che fa concorrenza all'inneffabile Horomusic WJE 168 Arte, di cui si è parlato diverso tempo fa.

Per la modica cifra di 64.000 dollari.
E non è neppure il più costoso al mondo, sebbene sia ben piazzato nei primi dieci: il primo costa 300.000 dollari.

Ma qual è il colpo di genio?
I quattro braccetti.

Perchè si sa, differenti testine "suonano" in maniera differente.
E io mi chiedo, machecazzo, alta fedeltà a che cosa allora, se ogni pezzettino dell'impianto suona diversamente?
In teoria, se l'alta fedeltà è riprodurre esattamente un modello, tutti i prodotti non dovrebbero tendenzialmente suonare allo stesso modo, e non avere ognuno le proprie caratteristiche?
Boh.

Dicevamo, i quattro braccetti.
Con le loro belle quattro testine, risparmiandoti così il fastidio di dover montare la testina più adatta al disco o al genere di musica che vuoi ascoltare in un dato momento.

Perchè chi non l'ha mai fatto?
Io ho passato ore intere da ragazzo a cambiare la testina del giradischi tra un disco dei Pink Floyd e uno dei Genesis, come tutti, no?

In alternativa, potrebbero essere utili per ascoltare quattro canzoni diverse contemporanemante.

Oppure, "mixare" una canzone con un'altra dello stesso disco.

Gli usi creativi son millelmila, e visto il costo esiguo, cosa aspettate a sperimentare un po' nella vostra casetta?

Poi ci sono altre caratteristiche tecnico-fuffiche di tutto rispetto:

Costruito in allumino, bronzo e acciaio inossidabile, i braccetti sono prodotti a Modena, in una non meglio precisata fabbrica che "produce parti per la ferrari" (probabilmente gli stabilizzatori termoionici dell'impianto di trasduzione negativo del turbo-compressore)

Il piatto è a sospensione magnetica, così da ridurre le vibrazioni, che potrebbero ridurre la qualità del suono.
Praticamente levita, come i treni maglev giapponesi.
Non so quale sia la velocità del Gabriel, però i treni maglev viaggiano a oltre 500 Km/h.

Il telaio è costruito su misura, per ridurre ulteriormente le vibrazioni, e il tutto viene installato dai tecnici della Labor Angelis in una mezza giornata di laboro.

La ditta, dice il suo CEO Pappalardo (parente?) non ha interesse a vendere sul web, ma solo attraverso negozi che possano dimostrare il prodotto direttamente ai clienti.

Insomma, un prodotto italiano del quale andare fieri, una ditta che rientra nel campo delle eccellenze tricolori, nel solco dei venditori della Fontana di Trevi o del Colosseo.
Chiunque ami seriamente la musica, non può che procurarsene uno.