giovedì 3 gennaio 2013

Classifiche di vendita 2012

Ancora classifiche, questa volta sono i dati della vendita di dischi per il 2012.
Tratta ancora da SentireAscoltare, ecco le classifica delle prime dieci posizioni.
I dati si riferiscono alla vendita delle sole copie fisiche (download legale escluso, quindi) per tutto il mondo.
Quando tra parentesi è riportato il totale, vuol dire che quell’album è uscito prima del 2012.

1) Adele - 21 (2011) : 9,2 milioni (totale 24,5 milioni)
2) Taylor Swift - Red (2012) : 3,8 milioni
3) One Direction - Up All Night (2011) : 3,6 milioni (totale 4,1 milioni)
4) Lana Del Rey - Born To Die (2012) : 2,9 milioni
5) One Direction - Take Me Home (2012) : 2,8 milioni
6) Mumford & Sons - Babel (2012) : 2,7 milioni
7) Pink - The Truth About Love (2012) : 2,4 milioni
8) Justin Bieber - Believe (2012) : 2,3 milioni
9) Coldplay - Mylo Xyloto (2011) : 2,2 milioni (totale 5,5 milioni)
10) Maroon 5 - Overexposed (2012) : 2 milioni

Ora: non è proprio che i dischi non si vendano più, eh.
Togliamo pure di mezzo il primo posto, con lo strano “fenomeno” Adele (che non mi piace e di cui nulla mi frega).
Ci sono nove dischi da più di 2 milioni di copie.
A 10 euro circa per disco, non sono esattamente noccioline.
Sono 25 milioni di copie dal numero 2 al numero 10, 250 milioni di euro di fatturato solo per i primi posti.

Tra l'altro, dieci dischi uno più brutto dell'altro, con l'eccezione Mumford & Sons, che non mi piace ma ha una sua minima dignità artistica.
A conferma, direi, che la merda si vende sempre bene, soprattutto in musica.
E che se si vende bene, di solito è merda.
Magari non sempre, ma di solito sì.

Ora, vabbè che Thriller ha venduto 100 milioni di copie (in 30 anni però), e che Back in Black piuttosto che The Dark Side of The Moon sono arrivati a 50 milioni (rispettivamente in 40 e 30 anni circa)
Però al mondo ci sono solo 92 album che hanno venduto più di 20 milioni di copie, da quando esistono i "dischi" (il link è il solito a wikipedia)

La crisi c'è, non voglio negarlo, ma per chi è nelle posizioni alte della classifica direi che le cose non vanno poi così male.
Probabilmente c’è meno gente che sopravvive nelle zone basse della classifica, tra la serie A e la serie B, per dire.
Ma le case discografiche non hanno ancora chiuso, nonostante i piagnistei orami trentennali sulla duplicazione illegale dei dischi, via cassetta, cd-r e download illegale.
Direi che questi dati sono una possibile spiegazione al perchè: con la musica ci si guadagna ancora, e anche piuttosto bene.

10 commenti:

beppekin ha detto...

Ciao, posso dire che tra quelli che non conosco, quelli che non mi piacciono e quelli che non mi piacciono ma conosco per "ascolti forzati"(via radio-tv etc etc)questi signori certamente non si arricchiscono con i miei soldi ....

tony-face ha detto...

Il calo delle vendite c'è stato ed è stato vertiginoso per i motivi che ben sappiamo.
Ma sotto un certo livello probabilmente non si scende perchè c'è cmq un sacco di gente che la crisi non l'ha sentita e che continua imperterrita a comprare quello che comprava prima (CD inclusi), ce n'è altrettanta che è restata al suo fabbisogno annuale di CD (2, 3, 5...) che non incide di sicuro sul budget familiare, altri che, nonostante la crisi hanno continuato a compare (magari risparmiando su altro.
Non dimentichiamo infine che fino ad un certo periodo l'acquisto di "musica" era pertinenza del mondo occidentale (Europa, Usa, Giappone, Oceania).
Ora le rockstars girano abitualmente ovunque o cmq i loro video e streaming arrivano anche in Indonesia e Algeria, Turchia e Cina, Corea del Sud e Cile.

Metti tutto insieme e un po' di vendite ci saranno sempre....

SigurRos82 ha detto...

Eh già, hai tracciato un bel quadro. I dischi, per lo più brutti, si vendono ancora eccome. Chi ascolta alla radio (solitamente per innumerevoli volte, sappiamo come funziona) l'ultima canzonetta di Adele o di Taylor Swift e stabilisce che non gli dispiacerebbe averla per uso proprio, di solito non sa nemmeno da che parte iniziare per "scaricarsi la musica da internet" (a questo proposito mi è capitato di essere guardata come un'aliena, o come una fattucchiera dotata di chissà quali poteri...). E ciò non avviene perchè la suddetta persona sia imbranata o poco abile, ma semplicemente perchè non si è mai sentita incuriosita e motivata a cercare su internet e a "vedere come si fa". Qualora avvertisse anche un minimo di curiosità, scoprirebbe tutto un mondo, e difficilmente si fermerebbe ad Adele e a Taylor Swift.

Penso ad un mio amico, poveretto, che è stato costretto a spendere 40 euro per accontentare la sorella, la quale gli aveva 'richiesto' per Natale gli ultimi CD di Robbie Williams e Lenny Kravitz :D

allelimo ha detto...

beppekin, puoi, puoi.
Ma questi, adesso come prima, non prendono i soldi degli appassionati, ma di quelli di cui parla tony-face: i milioni di copie si fanno con la gente che compra due cd all'anno, non con "noi".

tony-face, il calo delle vendite delle copie fisiche c'è stato, però mi piacerebbe vedere un bilancio vero delle varie majors discografiche. Non credo giustificherebbe i già ricordati e ormai trentennali piagnistei dei loro dirigenti.
Credo che la differenza sia soprattutto nella quantità di gruppi/cantanti che vendono tanto: ora ce ne sono di meno, ma quelli che vendono tanto continuano a vendere tanto.
Certo, c'è anche la globalizzazione, però senza dimenticare che i Beatles facevano tour nelle Filippine già nel 1966.
Per la musica non è un fenomeno troppo recente: già negli anni '60 i Beatles li ascoltavi ovunque (vedi i tuoi articoli sul "rock oltre cortina", ad esempio).

SigurRos82, verissimo: chi compra due cd all'anno non ha nessun vantaggio a "scaricare la musica da internet".
Sia perchè il risparmio economico sarebbe per loro minimo (a chi cambia la vita un risparmio di 40 euro all'anno?) sia soprattutto perchè l'investimento di tempo e risorse per imparare a farlo sarebbe una perdita molto superiore al possibile risparmio.
Senza voler parlare di curiosità e motivazione a scoprire un mondo diverso da quello delle hit della radio.

E' anche vero però che le cose cambiano in fretta: ai miei figli (11 e 12 anni) ho fatto vedere come si converte un filmato di youtube in mp3, e ormai sono autonomi: scaricano e ascoltano le loro canzoni preferite da soli.

Lucien ha detto...

"Mi è capitato di essere guardata come un'aliena"... :) sensazione comune per gli stessi motivi.

Che si venda sempre meno da Napster in poi, è un dato di fatto. Come hai sottolineato, sta sparendo una fascia intermedia di artisti che ormai ha puntato sulla rete: youtube, streaming, download e quant'altro per rimanere a galla e soprattutto concerti.
Un tempo le major guadagnavano in maniera allucinante e se c'era qualche produttore illuminato potevano anche permettersi di scoprire e lanciare nuovi talenti e dargli il tempo di crescere anche se con il primo disco non avevano sfondato. Ora, vai sicuro, che non rischiano più nulla e in classifica ai primi posti il 95% è solo cibo for dummies.

DiamondDog ha detto...

Il calo c'è stato ed è stato vertiginoso altro che.
Cito solo un caso.
Il primo LP di Van Halen fece il botto in USA se non ricordo male roba tipo 10 milioni di copie.
Il secondo LP fu giudicato un mezzo passo falso perchè se non erro si "fermò" a 4 o 5.
In quegli anni il disco di platino in USA (1 milione di copie) lo prendevano in tanti, dai REO Speedwagon ai Kiss, dai Foreigner ai Bad Company (e ne ho citati veramente a caso).
Quindi i fatturati provenienti dalla pura vendita sono davvero crollati; sono però d'accordo con te che le case discografiche hanno saputo trovare altre forme di introito, la situazione non può essere così disperata....

tony-face ha detto...

Probabilmente la crisi discografica ha comportato il licenziamento di un po 'di gente e la riduzione degli stipendi da mila e mila euro al mese a mila e basta dei vari dirigenti.
I soldi infatti continuano cmq a farli (solo con le ristampe o con i cofanetti deluxe che per loro sono a costo zero il guadagno è del 100% ).

I Beatles facevano i tour nelle Filippine ma erano tra i pochissimi (e credo che il pubblico filippino non fosse particolarmente ricettivo in questo senso).
Prima per raggiungere un mercato e vendere il tuo disco dovevi andare là, apparire in TV, passare in radio, farti un mazzo di concerti, tornarci e ritornarci.
Oggi basta un video ben fatto su Youtube, un facebook, un mp3, un digitalminchia record e arrivi nelle Filippine a costo zero.

E cmq le vendite si fanno con la marea di persone che per i compleanni o le feste o per gusto personale acquistano , appunto, quei tre CD l'anno (quello di Mina, quello di Adele, il best dei Queen o il nuovo di Vasco/Liga/Jovanotti/Zucchero).

allelimo ha detto...

Lucien, in effetti quella che ricordi tu è probabilmente la parte più vera del problema.
Il calo degli utili ha fatto sì che le case discografiche abbiano molto meno spazio per "sbagliare" promuovendo nuovi talenti.

Anche se, volendo vedere, il problema è più profondo.
Ovvero.
Se le case discografiche sono realtà economiche, devono generare profitto.
Se producono qualcosa in perdita, non funziona.
A lungo andare sono costrette a chiudere.
Questo vale per tutte le case discografiche, dalle majors alle net-labels diy.
Su scale di grandezza diverse, certo, ma la realtà non cambia: produco qualcosa, se lo vendo ho soldi per produrre altro, altrimenti nisba.
Al netto di stravaganti multimiliardari che possano decidere di buttare un tot di milioni nel cesso in un'attività in perdita, sempre lì si finisce: niente soldi, niente dischi.

Quindi: le case discografiche fanno bene il loro lavoro vendendo merda a milioni di persone, non vendendo "buona musica" a pochi appassionati.
Justin Bieber, One Direction e Maroon 5 sono la testimonianza che le case discografiche lavorano bene.

Una volta i profitti generati dal mercato erano così alti che le case discografiche potevano permettersi di lavorare male, producendo dischi che non vendevano o vendevano poco.
Poi magari qualcuno di loro, con la ripetizione e l'abitudine, riusciva a ripagare l'investimento. Ma era un'eccezione.
Bene: era allora che la situazione era strana, non oggi.

Poi certo, potremmo parlare di espressione artistica e cultura, ma, seriamente: viviamo in Europa, anno 2013.
La realtà che ci sta intorno potrà anche non piacerci, ma vivamo in una società di libero mercato.
Anche imperfetto, eh, ma sempre mercato più o meno libero.
Se vogliamo fare finta che il profitto non sia importante, facciamolo pure, però rendendiamoci conto che stiamo mentendo a noi stessi.
Qualsiasi prodotto funziona se genera un profitto, per quanto minimo.

Se invece vogliamo parlare di arte e cultura "pure", lasciamo perdere case discografiche e mercato.
Si può fare "arte pura" solo come produzione non professionale: se ti sleghi dalla necessità di vendere, puoi fare quello che vuoi.
Nel momento in cui, però, provi a vendere qualcosa, sempre al mercato si torna, anche se non vuoi farne una professione.

allelimo ha detto...

DiamondDog, eppure nel 2012, secondo la classifica pubblicata da SentireAscoltare, ben 40 dischi hanno venduto più di un milione di copie.
Una volta si vendevano più dischi, certo, ma non è che adesso se ne vendano proprio pochi...

tony-face, non sono convinto che oggi sia così più facile: certo, può bastare basta un video su Youtube per fare il botto, ma nella realtà: quanti gruppi hanno fatto il botto con un video su Youtbe? E soprattutto, in quale percentuale rispetto a tutti quelli che hanno messo un video su Youtube per fare il botto e non hanno invece ottenuto niente?
Oggi c'è lo spazio perchè chiunque possa ottenere visibilità anche senza avere grossi supporti alle spalle, vero.
Ma ci sono anche così tanti che cercano di sfruttare questi spazi che l'intasamento degli stessi è inevitabile.

Poi, come dici tu e come dicevo prima anche io a beppekin, i milioni di copie si fanno con la merda ben confezionata al solo scopo di essere vednuta in milioni di copie.

tony-face ha detto...

Non parlo di Lilith and the Sinnersaints o dei Khonnor ma degli U2 o di Zucchero.
Che senza fare estenuanti tour nelle Filippine o in Tanzania se la cavano in mille altri modi 10 /100 volte più economici ed efficaci.