mercoledì 26 giugno 2013

Cose intelligenti dette sulla musica - nona parte

Federico Guglielmi: Certamente avere altre fonti di reddito permette di mantenere un rapporto più puro con la musica: non dipendendo da essa si è liberi di seguire la propria indole infischiandosene delle vendite.
Steve Turner (Mudhoney): Esatto. Non si è schiavi di nessuno.
[1]

Bellissimo, non potrei essere più d'accordo.
Tenderei però a estenderlo anche ad altri campi, ad esempio a quello ultimamente piagnucolosissimo dei "critici rock".
Anche qui, ai professionisti prezzolati preferisco di gran lunga i dilettanti dei blog, quelli che avendo altre forme di reddito si permettono di avere un rapporto più puro con la critica musicale: non dipendendo da essa sono liberi di seguire la propria indole infischiandosene delle vendite degli spazi pubblicitari...


Note e links:
[1] Tratto da un intervista pubblicata sul blog di Federico Guglielmi

[2] La rubrica "cose intelligenti" mancava dal blog da più di un anno, ma è oggettivamente difficile renderla meno saltuaria...

22 commenti:

brazzz ha detto...

sposo tutto,specie il punto 2...in sostanza,diffidare dei professionisti,di qualsiasi cos essi lo siano..in quanto coinvolti da un evidente conflitto di interessi..

Federico Guglielmi ha detto...

Seriamente, ragazzi... ma dove li vedete, ormai, gli spazi pubblicitari sulle riviste specializzte? E davvero pensate che le etichette, che non vendono più dischi nemmeno a morire, abbiano soldi da elargire in mazzette? Queste cose accadevano, e comunque molto poco e solo per certi artisti, fino alla fine degli anni '90, ma dopo proprio no.
A mio avviso, il discorso di Steve Turner non è affatto adattabile alla critica. Chi lavora (seriamente, va da sé) come professionista, pensando - magari da decenni - solo a quello, è per forza di cose più competente ed esperto di chi ha un impiego normale e dedica alla musica solo i ritagli di tempo.
Io diffido (anche) di chi crede di essere in grado di scrivere (se non addirittura di "doverlo" fare) solo perché Internet gli permette di pubblicare qualcosa. Il conflitto di interessi più grave è quello che coinvolge tanti ignorantoni e il loro ego. Senza polemica e senza riferimenti al caso specifico, eh: è solo per dire la mia.

allelimo ha detto...

Non so se il commento qui sopra sia del vero Guglielmi, ma il ragionamento è fantastico:
"Un critico serio professionista che si dedica solo a quello è per forza di cose più competente ed esperto di chi ha un impiego normale e dedica alla musica solo i ritagli di tempo"

Parafrasi mia:
"Un musicista serio professionista che si dedica solo a quello è per forza di cose più competente ed esperto di chi ha un impiego normale e dedica alla musica solo i ritagli di tempo"

Giuro che non capisco perchè la prima debba essere valida e la seconda no.

Su chi sia intitolato a scrivere di musica, conflitti di interesse, ignorantoni e loro ego, passo, limitandomi a una reminiscenza dei tempi del liceo: mi viene in mente la frase "Cicero pro domo sua", ma non ne ricordo il significato...

Federico Guglielmi ha detto...

Eppure non è tanto difficile da capire.
La musica non è solo tecnica ed esperienza, ma anche (e soprattutto, direi) espressione, arte. Moltissimi artisti straordinari non sanno leggere il pentagramma, tante canzoni fantastiche sono state composte da ragazzini senza quasi pratica alle spalle. Musica (rock e dintorni, ma non necessariamente) = atto artistico.
A un giornalista (serio) che si occupa di musica non si chiede certo un atto artistico. Si chiede invece conoscenza della materia trattata (quindi, più lui si dedica a coltivare la propria cultura e meglio è) e la capacità di utilizzare la lingua italiana in modo corretto (per esempio, io non direi "intitolato a scrivere di musica"; direi, invece, "titolato") e se possibile interessante/intrigante/coinvolgente.
Quindi: un musicista professionista può essere un mostro di tecnica ma non saper scrivere mezza canzone decente, mentre un musicista dilettante può tirar fuori meraviglie anche se in possesso di una tecnica rudimentale. Un giornalista musicale che non ha "studiato" (nel senso di "ascoltato" e "letto") abbastanza, per esempio, sarà superficiale e/o sbaglierà i riferimenti e/o commetterà errori di contestualizzazione; un giornalista musicale che non è padrone della lingua, inoltre, avrà difficoltà a esprimere correttamente il suo pensiero e a farsi capire/apprezzare dai lettori.

Anonimo ha detto...

Caro Federico Guglielmi,
ciò che scrive è vero, ma c'è anche il rovescio della medaglia, che da semplice lettore cercherò ora di spiegare.
I critici professionisti, oltre ad avere i pregi da lei decantati, hanno anche un grave difetto, insito nella natura stessa della loro professione: devono scrivere di tutto, e su tutto avere un'opinione.
Questo fa sì che, in molti casi, le loro analisi siano estremamente superficiali, se non addirittura erronee e fuorvianti per il lettore.
Un caso emblematico è il famoso Mereghetti, la guida dei film, in cui l'autore (Mereghetti, per l'appunto), dovendo scrivere un commento per, più o meno, tutti i film della storia del cinema, alterna rari momenti di intuizione a frequenti momenti di imabarazzante superficialità, in cui si intuisce che certi film, se veramente li ha visti, li ha dovuti vedere per forza, svogliatamente, per poi produrre i commenti e pubblicare il libro.
Ora, la differenza fra professionisti e non professionisti, secondo me, è anche e soprattutto questa: i non professionisti scrivono, in genere, di ciò che gli interessa veramente e, di solito, di ciò che conoscono bene ed hanno approfondito ed amato. Questo, dal mio punto di vista, rende i loro articoli mediamente più utili e interessanti.
Saluti,

SC

Federico Guglielmi ha detto...

Bene, noto con piacere che si sta aggiustando almeno un po' il tiro. Aggiungo qualche altro elemento, allora.
Il discorso del professionista obbligato a scrivere di tutto può essere valido per i quotidiani e per i periodici generalisti, ma sicuramente non lo è per quanto concerne le riviste specializzate. In 34 anni di carriera attraverso una decina abbondante di giornali, nessuno mi ha mai costretto a scrivere di argomenti ai quali non fossi genuinamente interessato. Questo perché, in generale, si tende ad affidare gli articoli ai giornalisti più in sintonia con l'argomento da trattare. Che ci siano grafomani e arrivisti disposti a scrivere di qualsiasi cosa pur di vedere la loro firma pubblicata è un triste dato di fatto, ok, ma stai certo che nessuno di quelli "affermati" si comporta così. Avere una cultura musicale di base piuttosto ampia è comunque basilare per comprendere "il quadro globale" e anche per sapere dove e come approfondire le conoscenze nel caso occorra. Il dilettante, invece, si occupa quasi sempre soltanto del tipo di musica che gli piace: sarà quindi magari in grado di scrivere un bel pezzo su... per esempio, i Death In June, ma sarà per forza di cose un pezzo "semi autistico", chiuso in un ambito ben delimitato. Io, invece, sono per la cultura musicale "aperta" e miro a conoscere almeno decentemente i Genesis e i Venom, i Bauhaus e Brian Eno, Scott Walker e i Neurosis, Rino Gaetano e gku Steeleye Span, Kim Fowley e Fred Neil, i Mad River e gli Area... e potrei continuare chissà fino a quando. Possibile che di alcuni di questi non scriverò mai una riga, ma la visione d'insieme e utilissima. E per maturare e mantenere una visione d'insieme bisogna "studiare" costantemente.
Poi, certo, ognuno ha il diritto di fare quello che gli pare (anche di scrivere senza che, di fatto, nessuno lo legga), ma la teoria che il professionista è peggio del dilettante mi sembra abbastanza ridicola. Magari facciamo qualche ulteriore distinzione, fra professionisti seri e professionisti cialtroni.

brazzz ha detto...

non saprei,ma per esperienza so che se da un determinato lavoro si guadagna di che vivere,esistono lacci e lacciuoli,per forza..la libertà di espressione si riduce,è ovvio..e questo,senza tirar fuori i cialtroni della categoria,perchè poi non se ne esce più..
il quadro d'insieme è certo utile,ma non dà nessuna garanzia del fatto che non si tratti di una semplice spolverata superficiale,che può far più che altro danni...

Anonimo ha detto...

Ma certo, non intendevo togliere dignità alla categoria: ci sono critici seri e critici cialtroni, come in tutte le professioni.
Però ribadisco che esiste un problema serio per il critico professionista, e tale problema si chiama redazione. Magari a te non è mai successo, ma in moltissimi casi è così: il capo viene e ti dice "per domani scrivi un pezzo su Elvis Costello", e magari tu sei bravissimo ma non hai mai avuto particolare sintonia con la musica di Costello né voglia di approfondirla (lo scibile musicale è pressochè infinito e aumenta ogni giorno, c'è poco da fare, non si può ascoltare tutto); ecco, a quel punto, essendo un buon professionista, potrai comunque mettere insieme un certo numero di informazioni corrette e scrivere un pezzo dignitoso, ma non arriverai mai alla profondità di analisi di chi quella discografia l'ha ascoltata per anni, metabolizzata, amata (e che magari può anche prendersi un mese di tempo per scrivere il pezzo, perchè nessuno gli corre dietro). E questo vale soprattutto per quegli autori che richiedono parecchio tempo per essere apprezzati a fondo. Ti faccio un esempio: io sono appassionato della musica di Peter Hammill, e raramente, per non dire mai, ho trovato analisi veramente puntuali sui dischi di questo autore che non siano state fatte da fan dell'autore stesso, cioè da gente che ha assimilato appieno la sua musica, il che richiede un'infinità di tempo (decine e decine di album, tutti ostici di primo acchito) e, di conseguenza, toglie tempo all'ascolto di altra musica.

SC

P.S. E comunque, se è vero che esistono critici seri e critici cialtroni, lo stesso discorso vale automaticamente anche per i blogger non professionisti.

allelimo ha detto...

Io veramente avrei una risposta per il finto Guglielmi, veloce e circoncisa: "Max Stefani".

allelimo ha detto...

"circoncisa" è un errore voluto, eh :)

allelimo ha detto...

Allora: il discorso del professionismo si meriterebbe un post a parte, tante sarebbero le cose da dire, appena trovo il tempo lo scrivo.
Come antipasto, direi che c'è un piccolo scollamento di senso tra la mia parafrasi, che parlava di "competenza" e "esperienza", e la prima risposta di Guglielmi, che si addentra nell'atto creativo e artistico e nella conoscenza della lingua italiana (a proposito, è vero, ho sbagliato a scrivere "intitolato" piuttosto che "titolato", ma questi sono i commenti di un blog, scritti di getto, normalmente senza revisioni e riletture. ma voglio essere gentile, ed evito di far notare gli errori di battitura nelle tue risposte, scappano, non per questo ti qualifico come utilizzatore scorretto della lingua italiana. ma capisco che la tentazione è stata troppo forte per resistere...)

ora, posto che io sono assolutamente d'accordo con il discorso sulla scarsa rilevanza della tecnica strumentale, il problema del giornalista musicale non è la "tecnica".

è la libertà con la quale scrive le sue recensioni.
e scusatemi, ma questa libertà è infinitamente più limitata di quella di chi scrive da non professionista.

posso dire che conosco decine di cialtroni professionisti che scrivono sulla carta stampata? (senza negare che ci siano cialtroni anche sui blog, ci mancherebbe. ma non mi sembra qui il punto)
posso dire di avere, da ragazzo, comprato svariate copie del catalogo di un negozio di dischi travestito da rivista rock prima di capire che il maggior pregio dei dischi lì recensiti era quello di essere acquistabili solo in quel negozio lì?

ma soprattutto, l'unica distinzione possibile tra chi fa qualsiasi cosa è solo tra chi la fa bene e chi no.
"professionista", nel campo musicale e critico, di solito non fa rima con "serio" ma con "cialtrone".
potrei fare tutti i nomi, ma perchè perdere tempo? di stefani max ho già detto, ci aggiungo luzzato fegiz e dimmi tu se è meglio leggere quello che scrivono loro o quello che scrive l'ultimo dei blogger sul web.

Federico Guglielmi ha detto...

Sarà che nella maggior parte dei casi la mia redazione sono (stato) io stesso ma, ribadisco di avere avuto totale libertà di scrivere quello che volevo. E questo vale anche per le decine (forse centinaia) di persone che hanno lavorato con/per me in questi tre abbondanti decenni. Logico che magari dalle case discografiche e dai management arrivino richieste di spazio, fa parte del gioco, ma se non mi andava di fare/far fare qualcosa, semplicemente non si faceva. Parlo sempre di riviste specializzate, sia chiaro.
Comunque, per come la vedo io, scrivere sulla carta stampata (cosa che molti fanno gratis) non rende automaticamente "professionisti".... infatti, non a caso, su tante riviste scrivono un sacco di ragazzi pescati nella Rete. Ed è anche vero che molti professionisti con contratto di assunzione sono incompetenti e cialtroni. Quindi, appunto, bisogna analizzare caso per caso e "classificare".
Poi, chiaramente, ognuno è padrone di leggere chi preferisce, così come centinaia di blogger sono padronissimi di lamentarsi della situazione solo perché vorrebbero essere letti di più e/o vorrebbero essere pagati per scrivere. E non mi si venga a dire che non è vero. :)

SHRC ha detto...

Farmi pagare per fare la cosa che amo di più e a cui dedico ogni minuto del mio tempo libero e per cui un giorno mia moglie mi lascerà?
OVVOVE! :)

Scherzi a parte.
Come penso sia giusto non generalizzare per i professionisti, penso si debba fare altrettanto anche per gli appassionati.
Esistono tanti motivi per cui un appassionato che vive di altro possa essere competente su un campo come quello della musica.

Poi è vero che ogni tanto ti assale il Dubbio del blogger sconosciuto(quello con la D maiuscola) che è: ma chi me lo fa fare?
L'amore per la musica ed il sogno recondito di diventare un critico che si presenta con la pelliccia a torso nudo ai vernissage del MOMA fa il resto.

allelimo ha detto...

Federico, è vero: tutti i bloggers, quorum ego, si lamentano della situazione solo perché vorrebbero essere letti di più e/o vorrebbero essere pagati per scrivere.
E' il sogno di tutti.
Almeno quanto è vero che tutti i critici musicali sono musicisti frustrati, che non potendo essere rockstar in prima persona si accontentano di poter ogni tanto godere della luce riflessa di chi rockstar lo è davvero.

Mi sembrava che avessi appena detto bisogna analizzare caso per caso e non generalizzare, ma si vede che avevo capito male anche stavolta...

Per quanto mi riguarda, questa è la mia biografia:
Alessandro Limonta nasce a Monza negli anni '60.
Cresce negli anni '70.
Vive negli anni '80.
Comincia a invecchiare negli anni '90, e da allora continua imperterrito in tale occupazione.
Ha studiato qui e là e lavorato su e giù, ma soprattutto ha perso un sacco di tempo in attività non retribuite come giocare a pallone, fare e ascoltare musica, sviluppare software open source.
Attualmente ha figli in numero variabile e scrive su un blog, tanto per non smentire la sua vocazione a fare cose che monetariamente non rendono un cazzo.
Si è pure messo in mente di registrare delle nuove canzoni, pensate un po' voi.

Federico Guglielmi ha detto...

Però, guarda un po' che combinazione, molti di coloro che scrivono soltanto in Rete dedicano molti scritti a commentare/criticare i professionisti reali o presunti e più in generale quelli che scrivono su carta (riviste o libri che siano). Anche il modo in cui si è avviata questa discussione parla piuttosto chiaro: uno stralcio di un'intervista apparsa sul mio blog viene utilizzato come pretesto per cercare di screditare chi fa il mio lavoro, accusato di essere una specie di marchettaro e un "piagnone". Mi sa che non ti sei reso bene conto di quanto il tuo post fosse offensivo, al di là dell'ampio spargimento di luoghi comuni e di almeno un'osservazione - quella sugli spazi pubblicitari - che è davvero fuori dal mondo.
Immagino che se dicessi di non avere mai nutrito la minima ambizione da rockstar non sarei creduto, ma pazienza.... lo dico lo stesso. Francamente trovo parecchio ridicole molte delle pantomime che vedo consumarsi sui palchi, e interpretarle sarebbe una cosa lontanissima dalla mia indole.
Comunque amen, la faccio finita... tanto non si va da nessuna parte.

allelimo ha detto...

Federico, che delusione.
Io ho cercato di screditare chi fa il tuo lavoro?
Ti assicuro che siete più che abbastanza voi stessi.
vai a rileggerti quello che è stato scritto da te, da Stefani, da Cilia, da Del Papa etc. in questi ultimi mesi, e se hai ancora il coraggio di dire che il mio post era altamente offensivo, che dire... ribadisco la delusione.
Non si va da nessuna parte, direi di no: ci si confronta. A meno che andare da qualche parte per te voglia dire essere d'accordo con te.
Ma ormai non mi meraviglia più constatare quanto poco siano disposti ad accettare una critica quelli che dei pareri critici ne hanno fatto una professione.

tony-face ha detto...

Personalmente credo che il musicista dilettante possa andare al Rock Contest di RoccaAbbacchiata di Sotto e bestemmiare per emzzora su una base elettronica.
Il musicista professionista pagato dal locale deve fare il concerto nei termini previsti.
L'elettricista che mi aggiusta la lavatrice a 100 euro per un quarto d'ora di lavoro me la deve far funzionare anche se è una Indesit e lui ama le Zoppas e le Indesit sono vecchie da buttare.

Allo stesso modo il blogger dilettante si può dilettare nel dire che il nuovo di Elvis Costello è una merda e che Costello stesso è un cretino e artisticamente da sempre incapace.
Il giornalista professionista che leggi perchè paghi 5 euro per compare il giornale in cui scrive deve farmi capire con parole chiare e semplici se il nuovo di Costello è bello o no, se devo comprarlo o no, se Costello è un artista che vale o meno.

Insomma ci sono delle regole.
E vanno rispettate se vuoi essere e fare il professionista.
Altrimenti fai un blog e dici quello che vuoi

allelimo ha detto...

Boh, direi che dipende tutto da quale significato vogliamo dare alla parola "professionista".
E qui il terreno è scivolosissimo.
Se si intende qualcuno pagato per fare qualcosa in esclusiva, confermo che non necessariamente il professionismo è una cosa positiva: Luzzato Fegiz è un professionista, come Gigi d'Alessio.

Se si intende qualcuno competente in quello che fa (al di là del problema di chi sia autorizzato a giudicare la competenza di un altro) allora professionisti sono Lilith & The Sinnersaint e TonyFace che scrive di musica sul suo blog.
Magari anch'io, che se parlo di musica nel mio blog non affronto un argomento di cui non so nulla.

Anche se, a seguire il ragionamento di Guglielmi, io lo faccio solo per invidia del pene del Critico Professionista Giornalista Retribuito.

Le regole da rispettare, minchia no.
Tutto quello che "noi" abbiamo fatto a partire dal punk è stato esattamente quello: non rispettare le regole.
Se avessimo rispettato le regole non sarebbe esistito praticamente nulla di quello che abbiamo ascoltato e amato negli ultimi 35 anni, dai Clash in poi.

Cercare adesso di far passare la versione del valore dell'esperienza dei giornalisti cinquantenni in confronto ai ventenni del blog che non hanno ascoltato 10.000 dischi e quindi non hanno il diritto di esprimere le loro opinioni, come dire: mi sembra esattamente l'opposto di quello che abbiamo fatto e in cui abbiamo creduto noi, da ventenni.

L'elettricista mi sembra invece un esempio fuori fuoco: se si parla di lavori che richiedono esclusivamente competenze tecniche, ovvio che tutti le pretendiamo.
L'eleettricista, ma anche l'idraulico, l'avvocato, il cardiochirurgo e il consulente finanziario: mica voglio arte da loro, voglio le loro competenze tecniche.

Nel campo dell'arte, le competenze tecniche a volte sono addiritura un intralcio: sono altre le cose che contano.
Se così non fosse, buttiamo a mare cinquant'anni di musica rock in senso lato e rivolgiamoci solo ai professionisti usciti dai conservatori...

tony-face ha detto...

Intendo dire che se scrivi su un giornale "ufficiale" (si chiami Mucchio o Repubblica, Rumore o il quotidiano della tua città) devi rispettare un certo tipo di regole.

Se invece scrivi per un blog hai tutta la libertà che vuoi, non hai regole, puoi non averlo nemmeno ascoltato il disco...

allelimo ha detto...

mah, io credo di aver visto succedere più spesso il contrario.
così al volo ricordo negli anni '80 una mitica recensione di luzzato fegiz di un concerto di Sadè facente parte di un tour italiano annullato...

secondo me l'unica differenza la fanno la competenza e l'onestà, sui blog e sulla carta stampata.

a margine, direi anche che più che ascoltare 10.000 dischi serva capire quello che si ascolta.
a meno che il rapporto tra qualità, quantità e nozionismo non sia cambiato a vantaggio degli ultimi due...

tony-face ha detto...

e va bè Fegiz è un caso eclatante.
Ricordo anche la recensione di un album dei Fuzztones (toh...) da parte di un tipo sul Buscadero, dal cognome eclatante (poi radiato) che parlava di ogni brano in dettaglio.
Quando poi l'album uscì fu chiaro che si era inventato tutto !!!!
Anche i Not Moving furono massacrati da una fanzine che recensì nel 1983 un nostro concerto a Roma (che non avevamo mai fatto !!!)

allelimo ha detto...

esatto tony-face, i tuoi esempi dimostrano un'altra volta che quello che fa la differenza è la persona che scrive, non dove o come scrive ;)