mercoledì 11 settembre 2013

Troppi dischi?

Argomento annunciato nei commenti al post precedente sul "Cassette Store Day", lo spunto nasce dalla conversazione con Claudio della Seashell Records.
Sul web leggo sempre più spesso due lamentele, che provo a riassumere genericamente così:

Lamentela 1
Ai giovani di oggi la musica non interessa più.
Invece di comprare dischi (come facevamo noi negli anni 60/70/80/90, a seconda dell'età del lamentante) spendono i loro soldi in altre cose: computer, telefonini, videogiochi, internet.
La musica non la ascolta più nessuno.


Lamentela 2
Al giorno d'oggi escono troppi dischi: colpa del web, che ha reso possibile a tutti pubblicare la propria musica con investimenti minimi o nulli (mica come quando eravamo giovani noi che invece ci voleva un produttore e una casa discografica e solo i migliori etc.)
E così esistono troppe produzioni, e nessuno è più in grado di ascoltare tutto.


Ora.
Anche senza parlare del fatto che, per quanto mi riguarda, è sicuramente meglio avere più dischi che meno dischi, a prescindere.
Se poi ce ne sono di più brutti, pace: basta scegliere. E poter scegliere mi sembra sempre meglio del contrario.

A me le due cose sembrano altamente contradditorie.
A meno che la sovrabbondante messe di produzioni sul web sia prodotta esclusivamente da pochissimi musicisti ultra-quarantenni estremamente prolifici (ma mi sembra molto poco credibile) vuol dire che gente che fa musica ce n'è ancora, e molta.
Probabilmente, di tutte le età...

Poi possiamo discutere se sono cambiate le modalità con cui ci si rapporta alla musica.
Anche se a me sembra di no: non è che quando io avevo 15 anni tutti ascoltavano i Clash, anzi.
Nella mia classe del liceo, eravamo in 35 e i Clash li ascoltavamo in due, altri tre o quattro ascoltavano Genesis e Pink Floyd, agli altri 30 della musica non fregava un beneamato cazzo.

Certo, oggi la musica si vende quasi più.
Ed è anche vero che l'abbondanza di prodotti disponibili non si può vedere in modo univoco: per un ascoltatore è una cosa positiva, per un produttore un po' meno.
Ma si chiama mercato, che ci volete fare.
Lo stesso che ha reso stramiliardari gruppi e discografici nel secolo scorso, e che adesso è cambiato.

Però mi sembra che la musica ci sia ancora, che venga suonata e ascoltata grosso modo sempre dalla stessa percentuale di persone.
In maniera diversa, va bene: con i telefonini invece che con lo stereo.
E la musica che ascoltano i ragazzi non è la stessa che ascoltavamo noi, certo che sì.
Ma sarebbe strano il contrario.

22 commenti:

Lucien ha detto...

Un'altra differenza è che negli anni 80', quando suonavo io, c'era molta meno gente che aveva l'opportunità di suonare oltre che di produrre dischi. Il mio gruppo a livello locale aveva pochissima concorrenza!
Lamentarsi poi per i troppi dischi è davvero paradossale! Mio figlio ad esempio suona e ascolta musica, ma non ne compra perché ne può fare a meno. Negli ultimi due anni invece di svenarsi in cd o vinili come facevo io, con i lavori estivi si è comprato della strumentazione musicale.

Claudio Cataldi ha detto...

Tante questioni in un solo post. Anche io credo che non sia cambiata la percentuale di gente che "fa musica" o che l'ascolta. Tra l'altro c'è un aspetto marginale ma interessantte della faccenda: da quando la musica si diffonde su internet e da quando è possibile registrare a casa ecc ecc, di determinati autori si può trovare proprio di tutto, anche quello che prima veniva (giustamente o meno) consegnato all'oblio. Ovvero: prime demo, gruppi abortiti, prime seconde e terze stesure, cose di cui gli autori stessi si vergognerebbero, tutto quello che un tempo passava dal setaccio della registrazione in studio con produttore e via dicendo.
Facendo un salto, non sono tanto d'accordo sull'ultimo punto. La mia generazione, per dire (io ho 28 anni) ascolta pochi autori coevi e tanta musica del passato (sto generalizzando, ma a grandi linee i miei coetanei e anche gente più piccola viaggia dagli anni '60 ai '90). Non so se negli anni precedenti la cosa funzionasse allo stesso modo.

brazzz ha detto...

bè,posso solo fare un copia incolla del tuo post e farlo mio...ineccepibile su tutta la linea...

joyello ha detto...

Mi trovo pressocché d'accordo con allelimo e aggiungerei un altro fenomeno della Rete. Oltre al proliferare di produzioni home made attuali, c'è un intasamento di demo e registrazioni domestiche del passato. Chi aveva una band che registrò un demo negli anni 70, 80, 90 eccetera, ora si toglie la soddisfazione di metterla in rete: Bandcamp e Soundcloud pullulano di "nastri ritrovati" dei quali non frega un cazzo a nessuno. E ci sono anche etichette discografiche che si incaricano di pubblicare dischi di band talmente oscure che... un motivo ci sarà!

Ciò detto, provo a rispondere invece a Claudio, alla sua ultima domanda.
La mia generazione (io ho 50 anni) è stata peculiare, in quel senso. Inizialmente, tra il 1977 e il 1985, c'era una forma di rifiuto per tutto quello che era "vecchio" (e per vecchio si intendeva TUTTO quello che era stato fatto fino al giorno prima, con poche eccezioni). Se ascoltavi i Pink Floyd o i Beatles o gli Stones (ho solo citato l'eccellenza del passato) eri uno sfigato, un fricchettone.
Poi anche noi, nel decennio seguente, abbiamo cominciato a fare i nostri bei recuperi. Ci siamo appassionati di garage, di R&B, di Soul, di Beat eccetera... Ma ci siamo anche "organizzati" per creare una nuova scuola in quel senso. Tutte le nuove band, tra la fine degli anni 80 e i primi 90) facevano riferimento al passato. In giro c'era pieno di capelli a caschetto, vestiti optical e pork pie hat. E nelle nostre case cominciavano a vedersi dischi di 13th floor elevator, Marvin Gaye, Electric Prunes, Temptations, Desmond Dekker e.... Beatles, Stones e Pink Floyd.

Il GRUNGE, alla fine, ci ha anche fatto capitolare sulle caratteristiche fondamentali dell'hard rock, così dopo aver comprato i primi dischi dei Nirvana e dei Soundgarden, ci siamo comprati anche Black Sabbath, Led Zeppelin e Grateful Dead...

Da come la descrivi tu, adesso c'è solo quello. Vi manca una "corrente" attuale. E forse è così, ma certo io (che sono un vecchietto) non sono la persona più indicata per accorgermene. Io, per mia conformazione, continuo a cercare cose nuove e qualche volta mi ci appassiono. Tendo a non mitizzare il passato ma rimango ad esso affezionato. Adoro sentire "Songs in The Key of Life" o "Revolver" ma poi ho bisogno di Arctic Monkeys, Black Angels, Junip e Dirty Projectors.

silvano ha detto...

Mi trovo d'accordo con il post.

La gente che ascolta "musica seria", c'è ancora e ancora come una volta è una minoranza (ricordo anch'io al liceo in classe mia quando uscriono i Clash, ne facemmo una passione e una malattia in non più di due o tre).

Sono cambiate le modalità di fruizione e di distribuzione della musica, e certo l'impressione (guardando ad es. i miei nipoti che non posseggono nemmeno un cd, ma hanno le discografie sullo smart phone), è che la modalità d'ascolto musica sia diventata più privata invece che sociale - non si ritrovano più a casa del tale o del tal'altro ad ascoltare l'ultima disco di...

Sempre per le modalità di fruizione (ascolto per strada dal lettore mp3 + cuffiette) è anche divenuta "music for airports", ma niente di nuovo nemmeno qui, Brian Eno ne parlà qualche tempo fa, e quanto avrei pagato allora per poter ascoltare la mia musica sempre, camminando, sull'autobus etc.

L'unica cosa che manca ai ragazzi giovani è di poterla ascoltare "in aria", libera, secondo me si perdono un gran piacere.

Il vero problema che vedo è un po' la sovrapproduzione e l'impressione che nell'oceano di musica che c'è oggi, alcuni magari validi o validissimi rischino di passare inosservati sommersi da questo rumore di fondo molte volte anche mediocre che non viene filtrato. In ogni caso meglio l'abbondanza, se il male è questo è accettabile.

ciao, silvano.

Claudio Cataldi ha detto...

Rispondo brevemente a joyello: devi considerare che, oltre alle tue giuste osservazioni, la mia generazione (e quelle a venire) si trova in una condizione unica e nuova. Ovvero: TUTTA la musica del passato disponibile all'istante. E io il passaggio me lo ricordo. Quando, per dire, ho iniziato ad ascoltare i Nirvana, leggendo e cercando scoprii i Wipers e i Meat Puppets. E ancora, ai tempi, se te li volevi ascoltare le strade non erano molte: o trovavi l'amico/conoscente che te li duplicava oppure andavi al negozio di dischi e ti ordinavi un album a scatola chiusa. Qualche anno dopo eccoli lì: Wipers e Meat Puppets, tutto su internet. Questo per fare un esempio. Per cui, se per dire, tu ragazzino scopri i Joy Divison, ne hai di roba da cercare e ascoltare degli anni lì attorno. Così tanto che poi difficilmente hai tempo di badare agli Strokes. O magari puoi fare il percorso inverso, dagli Strokes ai Joy Division. Col risultato che nell'80% dei casi il disco degli Strokes resterà a prendere la polvere (vera o virtuale). Ho usato esempi "comodi", sia chiaro. Però sono dinamiche abbastanza diffuse.

allelimo ha detto...

joyello, la tua storia degli ascolti musicali è assolutamente uguale alla mia, passo per passo, dal punk al grunge.
Altro che separati alla nascita: identici... :)

Sull'aregomento musica del passato e musica di oggi:
ci sono due aspetti: uno, quantitativamente la musica del passato, inevitabilmente, aumenta giorno dopo giorno.
Per chi parte da zero, è una montagna di roba da conoscere, ed è facile riamnerci invischiati dentro.
Due, qualitativamente è molto più semplice trovare un "disco bello" vecchio che uno nuovo.
Perchè dei dischi vecchi si sa già tutto, e a meno che uno abbia dei problemi suoi, difficilmente andrà ad ascoltare un disco genericamente giudicato brutto: andrà ad ascolatre piuttosto un disco di cui qualcuno gli ha parlato bene.

poi, ancora come dice joyello: per mia conformazione, rimango affezionato al passato senza mitizzarlo e continuo a cercare cose nuove, e a volte mi ci appassiono.
da ascoltatore, per me la musica è questo: scoprire cose nuove.
esattamente come da strimpellatore di chitarra per me la musica è scrivere le tue canzoni, non suonare in una cover band.

tony-face ha detto...

Da un punto di vista PRODUTTIVO c'è anche una questione "generazionale"
Negli anni 70 o 80 se avevi 40 anni (ma anche 30) eri fuori dal giro.
Oggi incidono 8e suonano in giro) i 14/15enni e gli ultra 70enni.
"Prima" incidere un disco era (anche da un punto di vista di approccio mentale) qualcosa di estremamente difficile.
Adesso io (che so suonare quattro accordi con la chitarra) posso mettermi davanti ad un computer fare due brani alla cazzo e un'ora dopo "pubblicare" il mio nuovo 45 in download etc...

Ricordo un articolo su "Musica 80" del 1980 intitolato "Dinosauri rock" che parlava di Stones, Kinks e Pretty Things (che all'epoca erano 35enni).

allelimo ha detto...

tony-face, hai ragione.
Una volta suonavi nel gruppetto beat quando eri ragazzo, poi cominciavi a lavorare, ti sposavi e la piantavi lì.
La musica veniva sostituita da altri hobby: il tennis, la partita a poker con gli amici, cinema, teatro.
Tutte cose più "serie", più adatte a chi non aveva più vent'anni.

Oggi noi cinquantenni siamo forse la prima generazione degli "indie per sempre": abbiamo cominciato a suonare e non abbiamo mai smesso, nonostante il lavoro e i figli e il successo spesso molto relativo.

Però mi sembra molto più "sano" e condivisibile un diciottenne che parla dei 35 come dinosauri piuttosto di un dicottenne nostalgico che pensa che la musica sia morta negli anni '70.

Poi oh, quattro accordi? Così tanti?
Guarda che ne bastano tre per mettere su la tua punk band!
;)

tony-face ha detto...

Io che NON SONO NESSUNO ho suonato in 50 tra album e 45, partecipato a 50 compilation, prodotto una cinquantina di prodotti altrui.
Da solo faccio 150 "dischi".
E siccome non ho intenzione di smetterla mi sa che se ne aggiungeranno altrettanti.

Lo stesso accade nell'editoria.
"Prima" fare un libro era un'impresa.
Ora spendendo 8 euro a copia ti stampi il tuo libro in quante copie vuoi.
E quindi perchè negarsi il piacere di 50 o 100 copie di un tuo libro di poesie o con un avvincente romanzo che parla della tua vita ("la mia vita è un romanzo") da vendere (cioè regalare) agli amici ??

Bulimia artistica, democratica e alla fine positiva ma che intasa tutto.

enri1968 ha detto...

Tutto questo fenomeno si chiama musica liquida.

Anonimo ha detto...

Com'e' possibile che - a parte la tamarraggine di Springsteen - io trovi nelle tue parole sia il mio pensiero che i modi precisi in cui lo esporrei io stesso? Grazie
Stefano - malapaz@yahoo.it

allelimo ha detto...

tony-face, e chi ha intenzione di smettere?
figurati che io - che in confronto a te non sono DAVVERO nessuno - continuo a scrivere di musica su questo blog, a suonare la chitarra e registrare canzoni con il computer.
la musica è la nostra vita, cazzo.
:)

Joyello ha detto...

Mi piace da matti il concetto (e anche la definizione) "Indie per sempre".
Mi piacerebbe svilupparla e la bullo lì, così pubblicamente: Tony, facciamo un bel libro con questo titolo e analizziamo un po' questo fenomeno?
Pensiamoci: negli anni 70, se suonavi da 20 anni, eri un dinosauro. Oggi Afterhours, Subsonica, Statuto eccetera sono... i gruppi giovani.
Mumble.
Lo so che se ne parla sempre ma... se provassimo davvero a mettere giù qualcosa? Haivistomai?
Ma... niente editoria "fai da te" (8 euro a copia e ti stampi il tuo libro ecc..ecc...) Indie per sempre, sì ma... Con un limite! :)

Joyello ha detto...

"la bullo lì" era, ovviamente "la butto lì".
Un lapsus con cui Freud scriverebbe un trattato
:-)

allelimo ha detto...

Joyello, un pelino ci sono rimasto male eh... ma come, la definizione è mia, e anche a me era sembrata carina, tanto è vero che il prossimo post si intitola proprio "indie per sempre", e tu proponi a Tony di scriverci un libro?
E a me mi ignori così, come niente fosse?
Sigh...
Vabbè va, almeno citatemi in una nota a piè di pagina...
:)

Joyello ha detto...

E c'hai ragione pure te. Mi accorgo adesso che il commento con quella definizione l'hai scritta tu. Pensavo fosse nel commento di Tony (tant'è che l'idea del libro veniva dalla sua sulle autoproduzioni editoriali...)
Nel marasma di commenti (invidia!) m'ero confuso.
E adesso come facciamo? L'ho proposto a Tony, se cambio partner lui ci rimane male. Ci tocca fare un libro a sei mani. Oppure, per punizione, lo fate voi due e magari vi firmate con uno pseudonimo, per non far torti. Ne ho uno perfetto: JOYELLO. Vi piace?
:)

allelimo ha detto...

A sei mani, perchè no, sai cosa ne verrebbe fuori?
Altro che "Retromania" di Reynolds, questo potrebbe essere il libro definitivo sulla nostra generazione musicale...
:)

brazzz ha detto...

mi propongo..facciamo a 8 mani,,se mi volete..

allelimo ha detto...

per me va benissimo, potrebbe essere quasi una cosa seria.

tony-face ha detto...

Eh no, sono offesissimo, Prima lo si propone a me e poi entrano tutti !
Stamane sono andato alla Camera di Commercio e ho registrato il logo "Indie per sempre".
Se ci fai un post mi devi 170 euro !

OK per il libro a 100 mani...direi che si può tracciare una linea di massima a cura di noi "Ottomani" e poi interpellare un po' di giovani/indie per sempre a dirci la loro (magari anche "famosi")

joyello ha detto...

urge organizzare briefing enogastronomico per discutere del libro.
Tony è quello che sta a metà strada, quindi lui dovrà farsi carico di invitarci a casa sua, il vino lo portiamo noi e... vai con Indie per Xyxxry (così non devo parare i 170 :-) )