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("A mio parere, secondo me, io penso che, credo ma potrei sbagliarmi, la mia umile opinione è che, se non è troppo disturbo
mi azzarderei a sostenere che" - distribuire a piacere in ogni cosa da me scritta!)
martedì 2 marzo 2010
David Sylvian - Manafon
Avvertenza: qui si parla dell’ultimo disco di David Sylvian. Non è un disco facile e non ci sono “canzoni” nel senso tradizionale del termine. Se siete tra quelli che a un disco di Richard Skelton preferiscono Radio DeeJay, lasciate pure perdere – molto probabilmente non c’è nulla che vi possa piacere qui :)
Per me invece, Manafon è un lavoro straordinario.
Ma molto più difficile del precedente “Blemish”, di cui porta all’estremo le tematiche sonore: Manafon non è un lavoro minimalista, non è un lavoro sulla sottrazione, è un lavoro sull’assenza.
Il primo brano è “Small Metal Gods”, e la prima frase cantata da Sylvian è questa:
“It's the farthest place I've ever been, it's a new frontier for me” cioè “E’ il posto più distante in cui io sia mai stato, è una nuova frontiera per me”
E Manafon è proprio così – un posto nuovo. Ed è facile sentirsi spiazzati all’inizio, perché mancano i riferimenti a cui si è abituati, manca il senso di “familiarità” che ci fa sentire più o meno a casa quando ascoltiamo per la prima volta il 99% degli altri dischi.
Qui invece ci aggiriamo per la prima volta in un posto che non conosciamo affatto – l’unica cosa familiare è la voce, quasi sempre “nuda” [1] – ma non sta veramente cantando. Sta “quasi” cantando, la melodia c’è ma è difficile coglierla.
Perché ci sono anche degli strumenti, ma sono in sottofondo, suonano note scarne ed appena accennate, integrandosi con i rumori dell’ambiente in una tessitura che a volte diventa, appunto, puramente ambientale.
E magari quando c’è la voce non ci sono gli strumenti, e viceversa. [2]
Strutturalmente siamo dalle parti della musica “drone”, con pochissimi accordi per ogni “canzone”, ma senza quella ricchezza timbrica data da una struttura fatta di decine e decine di ripetizioni e variazioni minimali. [3]
Qui invece siamo di fronte a quella che definirei come “estetica dell’assenza”: musica improvvisata in diverse sessioni, con diversi musicisti, poi smontata e rimontata dal solo David Sylvian, rielaborata in particelle sonore di quella che forse potrebbe essere descritta come “musica da camera” contemporanea.
E soprattutto la voce, che rende impossibile “imitare” questo disco – perché non puoi ispirarti a quella voce – puoi solo averla. Se ti chiami David Sylvian.
Note e links:
[1] Non è vero che è “nuda” nel senso tecnico del termine, la voce è registrata con i soliti accorgimenti (riverbero, compressore, de-esser, etc.), a volte è doppiata o armonizzata con se stessa, ma quello che la registrazione vuole –e riesce - a trasmettere è un senso di naturalezza, di “nudità”, qui ben raggiunto attraverso l’uso della miglior tecnologia disponibile…
[2] E volendo essere fighi si potrebbe citare il decostruttivismo di Jacques Derrida applicato alla musica – e così in effetti l’ho citato, ma prendendone allo stesso tempo le distanze – ancora più figo :)
[3] Il “normale” pezzo pop/rock è costruito per addizione, generalmente a partire da una semplice sequenza di note eseguite da un solo strumento, cui vengono via via addizionati altri strumenti e/o complementi armonici o contrappuntistici.
La ballata classica, diciamo, comincia con un arpeggio di chitarra, poi arriva un’altra chitarra (o un piano) a suonare gli accordi, poi arriva la voce, fino ad avere un pezzo “completo” di sezione ritmica - ed infine arriva la parte contrappuntistica (l’assolo).
Spesso il finale di una canzone viene risolto procedendo al contrario, ovvero togliendo elementi fino a rimanere con il solo tema iniziale, in una sorta di chiusura di un circolo.
Invece un esempio di costruzione per sottrazione sono i Breathless di “All My Eye And Betty Martin” (d’accordo, non esattamente il pezzo o il gruppo più famosi del mondo…)
A metà canzone sfuma la batteria, e rimangono una texture di synth e chitarra, mentre il basso continua a reiterare il suo giro, fino a quando non rientra la batteria. Ogni volta che lo sento (dal 1986…) mi sembra un’idea meravigliosa, probabilmente “trovata” per caso durante il missaggio del pezzo…
Un pezzo ambient/drone è invece normalmente costruito per accumulazione, una continua espansione che a partire da un semplicissimo tema (a volte anche una sola nota) costruisce micro-variazioni timbriche date dallo stratificarsi di suoni simili ma non identici.
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23 commenti:
Come ben puoi immaginare non amo Radio DeeJay e fra l'altro sono sempre stato un gran ammiratore, nonché appassionato di Sylvian (le sue qualità non sono in discussione) ma questo lavoro mi ha solo provocato freddezza e indifferenza. >:-(
Too much.
Si, ne avevamo già parlato nel mio precedente post su "Ghosts". Proprio quei commenti mi hanno stimolato ad ascoltare attentamente "Manafon" - beh, credo che ne valga la pena :)
francamente non lo ho mai amato tanto..l'ho visto anche dal vivo nel 93 con fripp..deeludente,assai.SECONDO ME..fece una versione di exposure irritante..
brazzz: Ehilà, meno male che per una volta non siamo d'accordo :)
Però il disco con Fripp è forse la cosa più debole che abbia fatto Sylvian, due musicisti che non hanno trovato una vera "fusione" musicale: in quel disco sembra che Sylvian e Fripp siano in due stanze diverse, e poi qualcuno ha messo insieme due parti ma come in una coppetta di gelato vaniglia/cioccolato - sono una di fianco all'altra, ma non si mescolano...
"Blemish" e ancor più "Manafon" sono comunque una strada nuova per Sylvian, diversa dal resto della sua carriera solista almeno quanto questa lo era dai dischi dei Japan :)
di suo mi è piaciuto gone to earth..e qualcosa di brilliant trees..,a non riesco a amarlo troppo..
Sono un grande fan di Sylvian da quando avevo 13-14 anni e la mia opinione è questa: è stato immenso negli anni '80, poi si è un po' perso nei '90 vivacchiando della sua classe ma senza trovare troppe illuminazioni, cosa che fra l'altro succede anche negli ultimi anni.
Soltanto che Manafon per me è un grande disco, segnale del fatto che l'artista è in grado di reinventarsi ora che ha raggiunto la mezza età e non sembra avere più vincoli artistici di nessun tipo. E' dissonante, arido, ostico e diverso da qualsiasi altra cosa che abbia fatto (anche da Blemish). Lo trovo un esperimento molto coraggioso, riuscito e che colpisce duro, sebbene col guanto di velluto di Mr. Sylvian :-)
Ma la musica di Terry Riley si può definire drone?
io ho visto un dronedario (scusa ma è stato più forte di me) ;oD
:-D bellissimo, il dronedario :-)))
DiamondDog: per me Riley, con Reich e Glass ad esempio, è meglio individuato dal termine "minimalismo".
Fa uso di elementi "drone" (o "bordone" in italiano, c'è una voce su Wikipedia ben fatta), ma non è questo il centro delle composizioni.
Molto interessante per capire Terry Riley la partitura ed i "consigli" di esecuzione di "In C".
Per la musica drone invece c'è un altro ottimo articolo su Wikipedia (in inglese) che fa un percorso storico largamente condivisibile.
Infine, per la musica drone di questi anni, segnalerei due correnti principali: quella legata ad atmosfere metal di gruppi come Sunn O))) e Nadja, e quella più underground e minimalista di gruppi come Ekca Liena o Stray Ghost, gruppi "di punta" della label DIY Dead Pilot, che ha pubblicato tra le altre cose l'interessante raccolta Drone Poets.
Harmonica: spesso i dronedari si sfidano in corse all'interno degli autodroni, piuttosto noiose in quanto sono lunghissime e vi succede ben poco :)
Questo lavoro di Sylvian non l'ho ancora ascoltato, ma seguendolo dai tempo dei Japan e non essendomi perso praticamente nulla per strada penso si tratti di un altro gran disco. Sylvian è forse il migliore tra i musicisti emersi negli anni 80. Unico neo: è sempre rimasto un gradino sotto alle sue immense possibilità.
Brazzz: mi sa che nel '93 abbiam visto lo stesso concerto... io li ho visti a Reggio Emilia.
Allelimo: Fripp considera The First Day un gran disco - "a major album" per usare le sue parole - e anche la critica, in linea di massima, gli dà ragione... a me comunque piace moltissimo.
Mi daresti un suggerimento su uno o due dischi da cui iniziare per Sylvian? (non ho seguito la sua carriera solista)
@simone: tutti...ma se proprio ne vuoi uno di prova direi "Gone To Earth" (è il suo terzo album solista ma qui lui si dispiega tutta la sua bellezza). Ti consiglierei anche "Oil on Canvas" album dal vivo dei Japan, che anticipa però per certi aspetti la successiva carriera solistica si Sylvian.
ciao.
Simone: oltre a quanto detto da silvano puoi vedere i commenti al post su "Ghosts", ci sono le due "classifiche" mie e di Webbatici:
la mia:
1. Secrets of the beehive
2. Blemish
3. Brilliant Trees
quella di Webbatici:
1. Secret of the beehive
2. Brillian Trees
3. Gone to earth
Grazie mille. Allora, per il momento, mi annoto Secrets of the beehive, Gone to earth e Brilliant trees.
Ciao
simone.mi sa.con trey gunn e pat mastellotto..
Brazzz: Sì, al teatro Valli mi pare. All'epoca Gunn e Mastellotto non li conoscevo, ma in effetti quelli erano per 3/4 i futuri King Crimson, con Sylvian al posto di Belew.
Ascolto poco la radio solo controradio e radio3..ma con questo lavoro ,Sylvian di cui sono un fedelissimo, è andato un po' troppo oltre. Non ce la faccio :-( peccato.
Io la penso così:
http://fard-rock.blog.excite.it/permalink/510308
Joyello
simone
esatto teatro valli..trey gunn ottimo,mastellotto(da batterista qual'ero)non mi piace..fra lui e bruford c'è l'oceano di mezzo..e senza belew..non si può stare..eheh
Benvenuto a Joyello, il nome del tuo blog è fantastico!
Condivido praticamente tutta la tua recensione di "Manafon", la trovo parente stretta della mia :)
ReAnto: come già detto a Lucien, secondo me vale la pena di fare un piccolo sforzo qui...
Brazzz: D'accordo con te su Bruford e Mastellotto. Gunn è un musicista strepitoso, ma lo trovo anche un po' freddino (viene dalla rigidissima disciplina del Guitar Craft frippiano)... complessivamente, gli preferisco il vecchio Levin... oh, ovviamente avercene di musicisti così.
ah bè certo..tony è inarrivabile..
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