Il mio sguardo è tarato, va sempre a chi è in fondo alla fila. Durante un'assemblea feci il mio intervento, che come al solito qualcuno ha scambiato per comizio politico: "Bisogna esaminare seriamente le situazioni degli emarginati, che il nostro sistema di vita ignora, persino coltiva. Anziani, handiccappati, tossicodipendenti, dimessi dal carcere e dagli ospedali psichiatrici: perché accrescere ulteriormente la folla dei nuovi poveri? Perché la società attuale risponde così poco a un’emarginazione clamorosa? Con gli ultimi e con gli emarginati potremo recuperare tutti un genere di vita diverso; demoliremo innanzitutto gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Riscopriremo i valori del bene comune, della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale e della corresponsabilità.
A quel punto, nel salone, si alzò in piedi un giovane prete e urlò: “Basta venire qui a fare il marxista. Rispetti l’ambiente cattolico in cui si trova e opera!”.
Allora risposi: “Mi scuso molto, ho dimenticato di citare la fonte: La chiesa e le prospettive del Paese, documento del Consiglio Permanente della CEI, Roma, 23 ottobre 1981”.
(Tratto da "Come in terra, così in cielo", di Don Andrea Gallo, pagine 49/50)
Non c'entra molto con la musica, o forse sì, e comunque per oggi mi sembra un post molto adatto.
Buon Natale a tutti :)
Blog a chiusura estemporanea
("A mio parere, secondo me, io penso che, credo ma potrei sbagliarmi, la mia umile opinione è che, se non è troppo disturbo
mi azzarderei a sostenere che" - distribuire a piacere in ogni cosa da me scritta!)
sabato 25 dicembre 2010
martedì 21 dicembre 2010
Il "P.U.C."
Va molto di moda anche quest'anno, tra il popolo dei blog musicali, il "Pensiero Unico Certificato" (P.U.C.), che si basa su una generica condivisione acritica ben esemplificata dalla frase "siamo tutti d'accordo che...".
Usando quindi alcuni postulati (che non devono evidentemente neppure essere dimostrati) del P.U.C. uniti tra di loro dalle opportune congiunzioni e/o disgiunzioni subordinative o coordinative (quindi, dunque, nonostante, però, e, oppure, etc.) si possono scrivere millemila post che otterranno l'approvazione incondizionata ed entusiastica del 99,9% dei lettori del vostro blog.
E' con umile spirito di servizio che Vi offro dunque questo utile riassunto del P.U.C. ad uso e consumo dei bloggers.
I Led Zeppellin e i Pink Floyd sono mitici.
I Doors e i Rolling Stones sono leggendari.
Bob Dylan e Bruce Springsteen sono indiscutibili.
AC/DC e Deep Purple sono energetici e divertenti.
Eddie BanHalen e Jimi Hendrix hanno rivoluzionato la chitarra.
Ligabue, Jovanotti, Vasco Rossi e Pelù fanno schifo.
Lady Gaga fa gagare.
Gli italiani non sanno fare il rock, costituzionalmente.
I Boston, fanno schifo. Ma se piacciono a un vostro amico di blog, allora sono bravi.
I Kiss, fanno schifo. Ma se vi piacevano quando avevate 12 anni, allora sono bravi.
Tutto l'AOR/Hard/Heavy Metal, più è pacchiano e più è bello (soprattutto se vi piaceva quando avevate 12 anni).
Tutto quello che vi piaceva a 12 anni, è bello. Ma "oggettivamente" eh, e guai a chi pensa il contrario.
Se c'è il Jazz, c'è la classe.
Se vi piace e anche se non c'è il Jazz, è pop di classe.
Se c'è il Blues, ci sono le radici.
Se c'è il R'n'B, allora si può ballare.
It's only rock'n'roll but I like it.
La musica moderna fa schifo.
La musica elettronica fa schifo.
La musica dance fa schifo.
Se qualche musica moderna/elettronica/dance piace a voi, allora è bella.
I dischi in vinile suonano meglio dei cd.
I cd suonano meglio degli mp3.
I flac, non è bello sapere cosa sono.
E comunque, come la musica dal vivo non c'è niente.
Una canzone è bella se funziona con voce e chitarra.
La matematica è fredda e non ha nulla a che vedere con la musica.
La musica è emozione, non parlatemi di tecnica e tecnologia.
I sintetizzatori sono beceri.
Gli anni '60 sono mitici.
Gli anni '70 sono mitici.
Gli anni '80 hanno prodotto solo musica di plastica.
Gli altri anni non se ne parla proprio.
Gli arrangiamenti di archi rovinano le canzoni.
Gli arrangiamenti di ottoni rovinano le canzoni.
Gli arrangiamenti rovinano le canzoni.
Gli arrangiamenti di archi e ottoni di Burt Bacharach sono la quintessenza della "classe".
Se ci sono le chitarre è rock.
Se ci sono le chitarrone è hard rock.
Se ci sono le chitarrone turbo è heavy metal.
Il jazz rock è complicato da suonare, bisogna essere musicisti coi controcoglioni.
Il progressive è complicato da suonare, bisogna essere musicisti coi controcoglioni.
Il punk tre accordi e formi una band, non devi neanche sapere suonare.
Esempi:
I Doors e i Rolling Stones sono leggendari, invece gli italiani non sanno fare il rock, costituzionalmente.
Certo, se c'è il Blues, ci sono le radici, e infatti una canzone è bella se funziona con voce e chitarra.
Bob Dylan e Bruce Springsteen sono indiscutibili mentre Ligabue, Jovanotti, Vasco Rossi e Pelù fanno schifo.
Anzi, la musica moderna fa schifo: infatti, gli anni '60 sono mitici e gli anni '80 hanno prodotto solo musica di plastica.
I dischi in vinile suonano meglio dei cd: infatti, la matematica è fredda e non ha nulla a che vedere con la musica.
Perchè la musica è emozione, non parlatemi di tecnica e tecnologia: tutti sanno che gli arrangiamenti rovinano le canzoni
etc.
Usando quindi alcuni postulati (che non devono evidentemente neppure essere dimostrati) del P.U.C. uniti tra di loro dalle opportune congiunzioni e/o disgiunzioni subordinative o coordinative (quindi, dunque, nonostante, però, e, oppure, etc.) si possono scrivere millemila post che otterranno l'approvazione incondizionata ed entusiastica del 99,9% dei lettori del vostro blog.
E' con umile spirito di servizio che Vi offro dunque questo utile riassunto del P.U.C. ad uso e consumo dei bloggers.
I Led Zeppellin e i Pink Floyd sono mitici.
I Doors e i Rolling Stones sono leggendari.
Bob Dylan e Bruce Springsteen sono indiscutibili.
AC/DC e Deep Purple sono energetici e divertenti.
Eddie BanHalen e Jimi Hendrix hanno rivoluzionato la chitarra.
Ligabue, Jovanotti, Vasco Rossi e Pelù fanno schifo.
Lady Gaga fa gagare.
Gli italiani non sanno fare il rock, costituzionalmente.
I Boston, fanno schifo. Ma se piacciono a un vostro amico di blog, allora sono bravi.
I Kiss, fanno schifo. Ma se vi piacevano quando avevate 12 anni, allora sono bravi.
Tutto l'AOR/Hard/Heavy Metal, più è pacchiano e più è bello (soprattutto se vi piaceva quando avevate 12 anni).
Tutto quello che vi piaceva a 12 anni, è bello. Ma "oggettivamente" eh, e guai a chi pensa il contrario.
Se c'è il Jazz, c'è la classe.
Se vi piace e anche se non c'è il Jazz, è pop di classe.
Se c'è il Blues, ci sono le radici.
Se c'è il R'n'B, allora si può ballare.
It's only rock'n'roll but I like it.
La musica moderna fa schifo.
La musica elettronica fa schifo.
La musica dance fa schifo.
Se qualche musica moderna/elettronica/dance piace a voi, allora è bella.
I dischi in vinile suonano meglio dei cd.
I cd suonano meglio degli mp3.
I flac, non è bello sapere cosa sono.
E comunque, come la musica dal vivo non c'è niente.
Una canzone è bella se funziona con voce e chitarra.
La matematica è fredda e non ha nulla a che vedere con la musica.
La musica è emozione, non parlatemi di tecnica e tecnologia.
I sintetizzatori sono beceri.
Gli anni '60 sono mitici.
Gli anni '70 sono mitici.
Gli anni '80 hanno prodotto solo musica di plastica.
Gli altri anni non se ne parla proprio.
Gli arrangiamenti di archi rovinano le canzoni.
Gli arrangiamenti di ottoni rovinano le canzoni.
Gli arrangiamenti rovinano le canzoni.
Gli arrangiamenti di archi e ottoni di Burt Bacharach sono la quintessenza della "classe".
Se ci sono le chitarre è rock.
Se ci sono le chitarrone è hard rock.
Se ci sono le chitarrone turbo è heavy metal.
Il jazz rock è complicato da suonare, bisogna essere musicisti coi controcoglioni.
Il progressive è complicato da suonare, bisogna essere musicisti coi controcoglioni.
Il punk tre accordi e formi una band, non devi neanche sapere suonare.
Esempi:
I Doors e i Rolling Stones sono leggendari, invece gli italiani non sanno fare il rock, costituzionalmente.
Certo, se c'è il Blues, ci sono le radici, e infatti una canzone è bella se funziona con voce e chitarra.
Bob Dylan e Bruce Springsteen sono indiscutibili mentre Ligabue, Jovanotti, Vasco Rossi e Pelù fanno schifo.
Anzi, la musica moderna fa schifo: infatti, gli anni '60 sono mitici e gli anni '80 hanno prodotto solo musica di plastica.
I dischi in vinile suonano meglio dei cd: infatti, la matematica è fredda e non ha nulla a che vedere con la musica.
Perchè la musica è emozione, non parlatemi di tecnica e tecnologia: tutti sanno che gli arrangiamenti rovinano le canzoni
etc.
venerdì 17 dicembre 2010
Franco Fabbri e Stefano Giaccone
Franco Fabbri è il mio nuovo mito: in ogni suo scritto l'indice di cipp[1] è altissimo, probabilmente vicino all'uno.
Dopo aver finito "Album bianco" ho cominciato a leggere "L'ascolto tabù".
A pagina 184/185 trovo[2] (e trascrivo):
Stefano Giaccone è uno di quelli che mi piacciono di più. Un mio autorevole collega, quando gliene avevo parlato, mi aveva risposto ironicamente (ma non troppo): "Se non l'ho mai sentito nominare io, chi vuoi che l'abbia sentito nominare?"
Così ho fatto sentire ai giovani del centro sociale "Punto di Fine", di Stefano Giaccone, convinto di illustrare nel modo migliore possibile la capacità del Festival di Mantova di scoprire talenti. Il fatto è che tutti, lì, conoscevano benissimo Stefano Giaccone, e quando ho detto che aveva fatto parte del gruppo dei Franti, come Lalli (altra invitata a Mantova) ho visto tante teste fare cenno di sì: ma certo, Franti, come no? Il mio autorevole collega non conosceva nè Lalli (il cui album, prima dell'estate, è stato recensito entusiasticamente) nè i Franti.
Succede quindi, e ci vuole poco a immaginarlo, che la popolarità si ramifichi in contesti e pubblici diversi, e che un criterio unico sia difficile da formulare.
Tanto più in tempi come questi, in cui le vendite di dischi sono ridotte al minimo, anche per gli artisti apparentemente più famosi, cosicchè può facilmente accadere che album semiclandestini di piccole etichette abbiano una circolazione superiore a certi album pubblicizzati dalle majors.
Franco Fabbri che parla di Stefano Giaccone, Lalli e Franti: cosa si può trovare di meglio in poco più di una pagina di un libro?
Note e links:
[1] "Cose intelligenti per paragrafo": un indice di cipp di 0,5 vuol dire una cosa intelligente ogni due paragrafi, ed è già notevolmente alto.
Lo scrittore/giornalista/blogger medio, me compreso ovviamente, viaggia intorno allo 0,01 (una cosa intelligente ogni 100 paragrafi), quando non riesce magicamente a raggiungere indici negativi, la cui interpretazione rifugge all'umana logica.
[2] E' un articolo che parla della prima edizione del Mantova Musica Festival (2004) e della presentazione fatta durante una conferenza tenuta in un non meglio specificato Centro Sociale.
[3] Di Stefano Giaccone e dell'universo che fa capo ai Franti ho già scritto diverse volte su Place to Be.
La maggior parte delle loro cose le potete trovare su stella*nera, ne ha già accennato Enrico nei post su Marco Pandin.
Dopo aver finito "Album bianco" ho cominciato a leggere "L'ascolto tabù".
A pagina 184/185 trovo[2] (e trascrivo):
Stefano Giaccone è uno di quelli che mi piacciono di più. Un mio autorevole collega, quando gliene avevo parlato, mi aveva risposto ironicamente (ma non troppo): "Se non l'ho mai sentito nominare io, chi vuoi che l'abbia sentito nominare?"
Così ho fatto sentire ai giovani del centro sociale "Punto di Fine", di Stefano Giaccone, convinto di illustrare nel modo migliore possibile la capacità del Festival di Mantova di scoprire talenti. Il fatto è che tutti, lì, conoscevano benissimo Stefano Giaccone, e quando ho detto che aveva fatto parte del gruppo dei Franti, come Lalli (altra invitata a Mantova) ho visto tante teste fare cenno di sì: ma certo, Franti, come no? Il mio autorevole collega non conosceva nè Lalli (il cui album, prima dell'estate, è stato recensito entusiasticamente) nè i Franti.
Succede quindi, e ci vuole poco a immaginarlo, che la popolarità si ramifichi in contesti e pubblici diversi, e che un criterio unico sia difficile da formulare.
Tanto più in tempi come questi, in cui le vendite di dischi sono ridotte al minimo, anche per gli artisti apparentemente più famosi, cosicchè può facilmente accadere che album semiclandestini di piccole etichette abbiano una circolazione superiore a certi album pubblicizzati dalle majors.
Franco Fabbri che parla di Stefano Giaccone, Lalli e Franti: cosa si può trovare di meglio in poco più di una pagina di un libro?
Note e links:
[1] "Cose intelligenti per paragrafo": un indice di cipp di 0,5 vuol dire una cosa intelligente ogni due paragrafi, ed è già notevolmente alto.
Lo scrittore/giornalista/blogger medio, me compreso ovviamente, viaggia intorno allo 0,01 (una cosa intelligente ogni 100 paragrafi), quando non riesce magicamente a raggiungere indici negativi, la cui interpretazione rifugge all'umana logica.
[2] E' un articolo che parla della prima edizione del Mantova Musica Festival (2004) e della presentazione fatta durante una conferenza tenuta in un non meglio specificato Centro Sociale.
[3] Di Stefano Giaccone e dell'universo che fa capo ai Franti ho già scritto diverse volte su Place to Be.
La maggior parte delle loro cose le potete trovare su stella*nera, ne ha già accennato Enrico nei post su Marco Pandin.
mercoledì 8 dicembre 2010
Lo strano caso dei dischi in vinile e dei delay digitali
Credo che esista una vasta non-conoscenza di argomenti tecnici legati alla musica anche tra chi si dice "appassionato", sia per quello che riguarda gli aspetti musicali in senso stretto (composizione, arrangiamento) che per quello che riguarda gli aspetti tecnici legati alla realizzazione dei supporti fonografici (registrazione e produzione fisica).
Secondo me, sono cose che aiutano a capire meglio la musica. Probabilmente lo penso solo perchè sono sbruffone e pedante, ma con la mia tipica spocchia ne parlo lo stesso.
Quindi, come si produce un disco?
In sintesi:
1 - Si registrano i diversi strumenti su un registratore multitraccia (multitrack recording)
2 - Si mixa la registrazione su due tracce (mixdown o stereo mixdown)
3 - Si masterizza il mixdown (master)
Il "master" può essere differente tra la produzione di un cd o di un vinile.
Partendo dal master, per produrre un cd:
4 - Si prepara un "Glass master" (immagine positiva)
5 - Dal Glass master si ricavano diverse matrici di stampa, in metallo (immagine negativa)
6 - Dalle matrici si ricavano, per mezzo di una pressa, i cd (immagine positiva)
Per produrre un vinile:
4 - Dal master si ricava la "lacca" (lacquer) tramite un apposito "giradischi" (lathe cutting) (immagine positiva)
5 - Dalla lacca si ricava la "matrice" (master matrix) (immagine negativa)
6 - Dalla matrice si ricavano le "madri" (mothers) (immagine positiva)
7 - Dalle madri si ricavano le "stampatrici" (stampers) (immagine negativa)
8 - Dalle stampatrici, per mezzo di una pressa, si ricavano i dischi in vinile
Per una web release
4 - Si mette online una copia del master, codificata in mp3 o flac (o uno dei diversi formati audio possibili)
Naturalmente, ogni passaggio da 1) a 4) può essere fatto in forma analogica o digitale.
Più probabilmente, mista.
L'argomento di cui vorrei discutere oggi è quello che succede nella fase che porta da 3) a 4)
Abbiamo il nostro master (su nastro o su file), equalizzato e ben livellato, con i pezzi in sequenza pronti per essere messi su un "disco".
Diciamo che per ragioni nostre vogliamo realizzare un disco in vinile.
Ci rechiamo in uno studio in grado di trasferire il nostro master su una lacca.
Al giorno d'oggi, il master è caricato su una DAW[1], elaborato all'interno del dominio digitale e splittato in due segnali identici: uno che va al computer che calcola la distanza tra due solchi successivi, e l'altro, ritardato del tempo necessario ad una rotazione del piatto, al cutter della lacca.
Le risoluzioni usate dalla DAW sono generalmente 24 bit a 44,1 Khz.
Cioè, neppure quelle risoluzioni "estreme" (e completamente inutili) che i costruttori di apparecchiature audio "spingono" (32 bit a 192 Khz) per poter vendere qualcosa di nuovo...
Cioè 2, praticamente tutti i "vinili" prodotti adesso sono generati a partire da un segnale digitale.
Ma la cosa più bella è che fino agli anni '70 per il cut delle lacche si utilizzavano macchine costosissime a doppia testina (tipicamente Studer) che generavano due segnali identici, uno per la lacca ed uno per il controller che decide lo spazio tra i solchi.
Per far funzionare il tutto, i due segnali dovevano essere perfettamente identici: e quindi era necessario avere, oltre al registratore, due set identici per il percorso del segnale: ovvero compressori, limitatori ed equalizzatori doppi, e un banco mixer con un doppio percorso per il segnale: in sintesi, costava una paccata assurda di soldi, e gli studi di cut erano pochissimi.
A inizio anni '70 iniziò la commercializzazione dei primi delay digitali: il primo in assoluto fu, nel 1971, il Lexicon Delta T-101 (banda passante di 10 Khz e s/n ratio di 60 db, ovvero, in termini odierni, una ciofeca, ma per l'epoca una rivoluzione).
In capo a pochi anni i delay digitali erano diventati abbastanza economici da poter essere usati in alternativa ai registratori a doppia testina: l'uscita dal mixer veniva splittata in 2, il segnale diretto ("analogico") veniva mandato al controller dello spazio tra i solchi, e il segnale in uscita dal delay ("digitale") veniva mandato al cut della lacca.
Ovvero, la lacca veniva incisa a partire da un segnale digitale, generato da un delay con caratteristiche tecniche largamente inferiori a quelle di una qualsiasi scheda audio integrata di un computer economico di oggi.
Da metà degli anni '70 in poi, il 99% dei dischi in vinile è stato realizzato così: partendo dal segnale digitale di un delay probabilmente a 14 bit, con ADC e DAC[2] di qualità comparabile.
Tutti dischi etichettati come "AAA" quando si usava riportare sul media il percorso di generazione del segnale.
Una registrazione completamente analogica, al giorno d'oggi, è praticamente impossibile: a un certo punto del percorso, il segnale passerà da qualche apparecchiatura digitale.
Voi comunque, continuate pure a parlare di superiorità di quello che volete e a illudervi che i dischi in vinile suonino meglio dei cd e degli mp3: il vantaggio della patafisica è che le spiegazioni non devono avere niente a che fare con la realtà...
Note e links:
[1] Digital Audio Workstation, cioè un computer con un software apposito o un apparecchio hardware dedicato.
una volta si definivano semplicemente "sequencer", adesso fanno molto di più ma sono fondamentalmente ancora la stessa cosa: registratori, più o meno sofisticati, di segnali midi o audio.
[2] Analog to Digital Converter e Digital to Analog Converter, cioè i due componenti che trasformano un segnale da analogico a digitale e da digitale ad analogico.
[3] Quelle scritte qui sopra sono naturalmente amenità e solita solfa di annessi e connessi.
La parte dei delay digitali usati per le lacche la trovate ad esempio descritta in questa intervista a Bob Weston, ex-componente degli Shellac di Steve Albini.
La parte sui primi digital delay e sulle loro specifiche tecniche è tratta da questo articolo sul Lexicon Delta T-101.
Secondo me, sono cose che aiutano a capire meglio la musica. Probabilmente lo penso solo perchè sono sbruffone e pedante, ma con la mia tipica spocchia ne parlo lo stesso.
Quindi, come si produce un disco?
In sintesi:
1 - Si registrano i diversi strumenti su un registratore multitraccia (multitrack recording)
2 - Si mixa la registrazione su due tracce (mixdown o stereo mixdown)
3 - Si masterizza il mixdown (master)
Il "master" può essere differente tra la produzione di un cd o di un vinile.
Partendo dal master, per produrre un cd:
4 - Si prepara un "Glass master" (immagine positiva)
5 - Dal Glass master si ricavano diverse matrici di stampa, in metallo (immagine negativa)
6 - Dalle matrici si ricavano, per mezzo di una pressa, i cd (immagine positiva)
Per produrre un vinile:
4 - Dal master si ricava la "lacca" (lacquer) tramite un apposito "giradischi" (lathe cutting) (immagine positiva)
5 - Dalla lacca si ricava la "matrice" (master matrix) (immagine negativa)
6 - Dalla matrice si ricavano le "madri" (mothers) (immagine positiva)
7 - Dalle madri si ricavano le "stampatrici" (stampers) (immagine negativa)
8 - Dalle stampatrici, per mezzo di una pressa, si ricavano i dischi in vinile
Per una web release
4 - Si mette online una copia del master, codificata in mp3 o flac (o uno dei diversi formati audio possibili)
Naturalmente, ogni passaggio da 1) a 4) può essere fatto in forma analogica o digitale.
Più probabilmente, mista.
L'argomento di cui vorrei discutere oggi è quello che succede nella fase che porta da 3) a 4)
Abbiamo il nostro master (su nastro o su file), equalizzato e ben livellato, con i pezzi in sequenza pronti per essere messi su un "disco".
Diciamo che per ragioni nostre vogliamo realizzare un disco in vinile.
Ci rechiamo in uno studio in grado di trasferire il nostro master su una lacca.
Al giorno d'oggi, il master è caricato su una DAW[1], elaborato all'interno del dominio digitale e splittato in due segnali identici: uno che va al computer che calcola la distanza tra due solchi successivi, e l'altro, ritardato del tempo necessario ad una rotazione del piatto, al cutter della lacca.
Le risoluzioni usate dalla DAW sono generalmente 24 bit a 44,1 Khz.
Cioè, neppure quelle risoluzioni "estreme" (e completamente inutili) che i costruttori di apparecchiature audio "spingono" (32 bit a 192 Khz) per poter vendere qualcosa di nuovo...
Cioè 2, praticamente tutti i "vinili" prodotti adesso sono generati a partire da un segnale digitale.
Ma la cosa più bella è che fino agli anni '70 per il cut delle lacche si utilizzavano macchine costosissime a doppia testina (tipicamente Studer) che generavano due segnali identici, uno per la lacca ed uno per il controller che decide lo spazio tra i solchi.
Per far funzionare il tutto, i due segnali dovevano essere perfettamente identici: e quindi era necessario avere, oltre al registratore, due set identici per il percorso del segnale: ovvero compressori, limitatori ed equalizzatori doppi, e un banco mixer con un doppio percorso per il segnale: in sintesi, costava una paccata assurda di soldi, e gli studi di cut erano pochissimi.
A inizio anni '70 iniziò la commercializzazione dei primi delay digitali: il primo in assoluto fu, nel 1971, il Lexicon Delta T-101 (banda passante di 10 Khz e s/n ratio di 60 db, ovvero, in termini odierni, una ciofeca, ma per l'epoca una rivoluzione).
In capo a pochi anni i delay digitali erano diventati abbastanza economici da poter essere usati in alternativa ai registratori a doppia testina: l'uscita dal mixer veniva splittata in 2, il segnale diretto ("analogico") veniva mandato al controller dello spazio tra i solchi, e il segnale in uscita dal delay ("digitale") veniva mandato al cut della lacca.
Ovvero, la lacca veniva incisa a partire da un segnale digitale, generato da un delay con caratteristiche tecniche largamente inferiori a quelle di una qualsiasi scheda audio integrata di un computer economico di oggi.
Da metà degli anni '70 in poi, il 99% dei dischi in vinile è stato realizzato così: partendo dal segnale digitale di un delay probabilmente a 14 bit, con ADC e DAC[2] di qualità comparabile.
Tutti dischi etichettati come "AAA" quando si usava riportare sul media il percorso di generazione del segnale.
Una registrazione completamente analogica, al giorno d'oggi, è praticamente impossibile: a un certo punto del percorso, il segnale passerà da qualche apparecchiatura digitale.
Voi comunque, continuate pure a parlare di superiorità di quello che volete e a illudervi che i dischi in vinile suonino meglio dei cd e degli mp3: il vantaggio della patafisica è che le spiegazioni non devono avere niente a che fare con la realtà...
Note e links:
[1] Digital Audio Workstation, cioè un computer con un software apposito o un apparecchio hardware dedicato.
una volta si definivano semplicemente "sequencer", adesso fanno molto di più ma sono fondamentalmente ancora la stessa cosa: registratori, più o meno sofisticati, di segnali midi o audio.
[2] Analog to Digital Converter e Digital to Analog Converter, cioè i due componenti che trasformano un segnale da analogico a digitale e da digitale ad analogico.
[3] Quelle scritte qui sopra sono naturalmente amenità e solita solfa di annessi e connessi.
La parte dei delay digitali usati per le lacche la trovate ad esempio descritta in questa intervista a Bob Weston, ex-componente degli Shellac di Steve Albini.
La parte sui primi digital delay e sulle loro specifiche tecniche è tratta da questo articolo sul Lexicon Delta T-101.
martedì 7 dicembre 2010
I pastori dell'Arcadia e la musica moderna
Ci sono alcune malattie che la scienza medica ufficiale non ha ancora studiato approfonditamente, ma delle quali mi sembra corretto occuparsi in quanto riguardano molto da vicino gli "appassionati di musica", in particolare quelli adulti di sesso maschile.
Facciamone una veloce panoramica.
1. Sindrome mistica da consumismo affettivo-retroattivo
Colpisce di solito intorno ai 50 anni, quando cominci a parlare di quanto sei affezionato e quanti ricordi ti legano ai contenitori e non più ai contenuti.
Unita ai sintomi della successiva sindrome di cui al punto 3), ti porta a dare valori assolutamente spropositati al barattolo che contiene la marmellata, inventando giustificazioni risibili (colori, odori, sapori - appartenenti al barattolo...)
Si applica in particolare ai supporti di diffusione legati al mondo dell'arte (musica, letteratura, arti visive, etc.): prende la forma di rimpianto per il vinile, per il libro di carta, per la videocassetta, per il cinema fumoso e via di seguito, confondendo allegramente i mezzi che hai conosciuto da giovane con il messaggio da loro veicolato.
2. Sindrome da collezionismo ossessivo-compulsivo
Questa sindrome, tipicamente maschile, è una malattia con un decorso eccezionalmente lungo: si manifesta fin da subito dopo l'infanzia, e non gode mai di remissione.
Porta a voler possedere ogni cosa riguardi uno specifico argomento: dalle figurine dei Gormiti ai giornalini di Topolino, dai tappi delle bottiglie di birra alle registrazioni dei concerti dei Boss (e sono perfettamente d'accordo che l'ultima mania sia incomparabilmente meno sana delle precedenti...)
Peggiora sensibilmente verso i 50 anni per l'influenza perniciosa della sindrome già descritta al punto 1), che porta a voler avere ogni registrazione esistente, per dire, degli Animals.
Ma nella prima versione originale inglese, possibilmente dischi con numero di matrice appartenente allo stamper originale, con copertina intonsa ed idealmente mai suonati.
Se ancora avvolti dal cellophane originale diventano feticci da ammirare (non da ascoltare, ovvio).
Se invece, come quasi sempre accade, già ascoltati, gli inevitabili fruscii, click e salti del vinile vengono apprezzati in quanto testimoni del "carattere" e della "autenticità" (?) del supporto stesso.
Quando accoppiata con una maggiore disponibilità economica tipica della condizione adulta, genera mostri come i famigerati "acquirenti di cofanetti celebrativi de-luxe edition", una evoluzione (?) della specie Homo Sapiens-Sapiens (e qui, accipicchia, come non riandare con la mente alle teorie de-evolutive propugnate dai Devo?)
3. Sindrome da "non ci sono più i xxx di una volta/ai miei tempi sì che"
Questa è indubbiamente la peggiore. Subdola e maligna, si impadronisce di - più o meno - chiunque, intorno al giro di boa dei 50 anni.
Combinata con le due precedenti, ti porta non solo a sopravvalutare acriticamente qualsiasi cosa sia legata alla tua gioventù (diciamo 15-25 anni), ma anche a disprezzare parallelamente qualsiasi cosa sia invece, anche solo vagamente, "giovane", "nuova" o "moderna".
Le due ultime parole acquistano immediatamente un valore assolutamente negativo, e quasi senza provare vergogna ti viene la tentazione di accusare i "ragazzi d'oggi" di avere tagli di capelli orribili e di vestirsi male ("barbùni e cavelùni").
Cominci a dare valore a qualsiasi cosa ti ricordi i tempi in cui eri giovane davvero: ormai non puoi più illuderti di esserlo ancora, e allora partono rimpianti, nostalgie ed invidie (se sei intellettualmente onesto, ovvio; se no puoi continuare a far finta di essere ancora un "ragazzo")
Il valore intrinseco della "cosa" (che può essere un 45 giri di Patrick Juvet o gli LP dei Led Zeppelin, il Fantic Caballero 50 Regolarità Casa 6 marce, il telefilm "Furia", etc.) non ha evidentemente nessuna importanza: era tutto meglio.
Perchè anche le cose "brutte" non erano brutte davvero: erano magari "tenere" e "kitsch" e via scusando.
Mentre quelle brutte e basta, le hai semplicemente dimenticate (o non conosciute, quando il rimpianto si sposta addirittura a tempi che non hai vissuto direttamente).
Corollario irrinunciabile: le cose "moderne" fanno schifo.
Nel migliore dei casi, spazzatura.
Ho letto, in questi mesi di frequentazione dei blog, diverse argomentazioni sui "giovani" e sulla "musica moderna" che mi hanno causato forti bruciori di stomaco.
Ho letto che il movimento "mod" (i "modernisti"! Quelli che si opponevano alla tradizione e davano valore ad ogni cosa nuova!) adesso trova il futuro nel passato, recuperando e guardandosi indietro, con un elegante ribaltone di 180 gradi rispetto alle idee originali.
I mod di oggi sono vecchi consolidati che apprezzano solo quello che era nuovo 50 anni fa.
Ho letto cose assurde su vinili, cd e mp3, ma anche su libri e libri elettronici.
Discussioni sulla superiorità tecnica del vinile rispetto al cd (vedi sopra).
Discussioni che sostengono l'assoluta superiorità della carta sul formato elettronico, tenute in formato elettronico sul web!...
Ho letto accorate lamentele sui "giovani d'oggi" che non sono mica come eravamo noi alla loro età, eh no! Noi si che etc.
Ho letto le stesse cose dette perfino da Pier Paolo Pasolini (!) che si lamentava della pochezza dei "giovani d'oggi". Che, visto quando si lamentava, sarebbero i 50/55-enni di adesso, quelli che "noi si...".
E ogni volta mi vengono in mente due cose:
1. L'aforisma di Bernardo di Chartres "siamo nani sulle spalle di giganti", che è del XII secolo.
Se già loro si ritenevano nani, noi oggi cosa siamo?
2. Chi ha fatto il classico (o lo scientifico) dovrebbe essere venuto in contatto con "Le Bucoliche" di Publio Virgilio Marone (quello dell'Eneide), scritte nel 38 a.c.
Vi si parla dei buoni vecchi tempi, dei pastori dell'Arcadia, dell'età dell'oro, di quanto tutto era meglio "prima"... e sul modello degli "Idilli" di Teocrito (270 a.c.) che a sua volta si era ispirato etc. etc.
Dopo tutti questi anni, siamo ancora lì.
Arriviamo a 50 anni e scopriamo che le cose migliori in assoluto, in tutti i campi, sono già state fatte.
Invariabilmente, più o meno 25/30 anni prima. Dopo, solo rimasticature e decadenza.
Quindi le cose migliori della musica rock sono state fatte, a seconda dell'età dell'interlocutore, negli anni '50 da Presley e co., oppure dai Beatles e dai Rolling Stones nel 1965, dai Genesis nel 1972 o da David Bowie nel 1973, dai Clash nel 1977 o dai Joy Division nel 1980, e via di seguito. L'importante è aggiungere sempre che, dopo, è tutta spazzatura.
E siccome "noi" che abbiamo più o meno 50 anni adesso siamo "quelli del rock", che in teoria erano contro la banalità e l'establishment, mi viene una grandissima tristezza a vederci trasformati nell'equivalente brontolone dei "matusa" di quando eravamo giovani noi, che a loro volta etc.
In sintesi, le tre sindromi si possono riassumere in una sola parola: rincoglionimento.
Dio volendo, spero di risparmiarmelo (e non vale scrivere nei commenti che non ho motivo di preoccuparmi perchè ci sono già...)
Facciamone una veloce panoramica.
1. Sindrome mistica da consumismo affettivo-retroattivo
Colpisce di solito intorno ai 50 anni, quando cominci a parlare di quanto sei affezionato e quanti ricordi ti legano ai contenitori e non più ai contenuti.
Unita ai sintomi della successiva sindrome di cui al punto 3), ti porta a dare valori assolutamente spropositati al barattolo che contiene la marmellata, inventando giustificazioni risibili (colori, odori, sapori - appartenenti al barattolo...)
Si applica in particolare ai supporti di diffusione legati al mondo dell'arte (musica, letteratura, arti visive, etc.): prende la forma di rimpianto per il vinile, per il libro di carta, per la videocassetta, per il cinema fumoso e via di seguito, confondendo allegramente i mezzi che hai conosciuto da giovane con il messaggio da loro veicolato.
2. Sindrome da collezionismo ossessivo-compulsivo
Questa sindrome, tipicamente maschile, è una malattia con un decorso eccezionalmente lungo: si manifesta fin da subito dopo l'infanzia, e non gode mai di remissione.
Porta a voler possedere ogni cosa riguardi uno specifico argomento: dalle figurine dei Gormiti ai giornalini di Topolino, dai tappi delle bottiglie di birra alle registrazioni dei concerti dei Boss (e sono perfettamente d'accordo che l'ultima mania sia incomparabilmente meno sana delle precedenti...)
Peggiora sensibilmente verso i 50 anni per l'influenza perniciosa della sindrome già descritta al punto 1), che porta a voler avere ogni registrazione esistente, per dire, degli Animals.
Ma nella prima versione originale inglese, possibilmente dischi con numero di matrice appartenente allo stamper originale, con copertina intonsa ed idealmente mai suonati.
Se ancora avvolti dal cellophane originale diventano feticci da ammirare (non da ascoltare, ovvio).
Se invece, come quasi sempre accade, già ascoltati, gli inevitabili fruscii, click e salti del vinile vengono apprezzati in quanto testimoni del "carattere" e della "autenticità" (?) del supporto stesso.
Quando accoppiata con una maggiore disponibilità economica tipica della condizione adulta, genera mostri come i famigerati "acquirenti di cofanetti celebrativi de-luxe edition", una evoluzione (?) della specie Homo Sapiens-Sapiens (e qui, accipicchia, come non riandare con la mente alle teorie de-evolutive propugnate dai Devo?)
3. Sindrome da "non ci sono più i xxx di una volta/ai miei tempi sì che"
Questa è indubbiamente la peggiore. Subdola e maligna, si impadronisce di - più o meno - chiunque, intorno al giro di boa dei 50 anni.
Combinata con le due precedenti, ti porta non solo a sopravvalutare acriticamente qualsiasi cosa sia legata alla tua gioventù (diciamo 15-25 anni), ma anche a disprezzare parallelamente qualsiasi cosa sia invece, anche solo vagamente, "giovane", "nuova" o "moderna".
Le due ultime parole acquistano immediatamente un valore assolutamente negativo, e quasi senza provare vergogna ti viene la tentazione di accusare i "ragazzi d'oggi" di avere tagli di capelli orribili e di vestirsi male ("barbùni e cavelùni").
Cominci a dare valore a qualsiasi cosa ti ricordi i tempi in cui eri giovane davvero: ormai non puoi più illuderti di esserlo ancora, e allora partono rimpianti, nostalgie ed invidie (se sei intellettualmente onesto, ovvio; se no puoi continuare a far finta di essere ancora un "ragazzo")
Il valore intrinseco della "cosa" (che può essere un 45 giri di Patrick Juvet o gli LP dei Led Zeppelin, il Fantic Caballero 50 Regolarità Casa 6 marce, il telefilm "Furia", etc.) non ha evidentemente nessuna importanza: era tutto meglio.
Perchè anche le cose "brutte" non erano brutte davvero: erano magari "tenere" e "kitsch" e via scusando.
Mentre quelle brutte e basta, le hai semplicemente dimenticate (o non conosciute, quando il rimpianto si sposta addirittura a tempi che non hai vissuto direttamente).
Corollario irrinunciabile: le cose "moderne" fanno schifo.
Nel migliore dei casi, spazzatura.
Ho letto, in questi mesi di frequentazione dei blog, diverse argomentazioni sui "giovani" e sulla "musica moderna" che mi hanno causato forti bruciori di stomaco.
Ho letto che il movimento "mod" (i "modernisti"! Quelli che si opponevano alla tradizione e davano valore ad ogni cosa nuova!) adesso trova il futuro nel passato, recuperando e guardandosi indietro, con un elegante ribaltone di 180 gradi rispetto alle idee originali.
I mod di oggi sono vecchi consolidati che apprezzano solo quello che era nuovo 50 anni fa.
Ho letto cose assurde su vinili, cd e mp3, ma anche su libri e libri elettronici.
Discussioni sulla superiorità tecnica del vinile rispetto al cd (vedi sopra).
Discussioni che sostengono l'assoluta superiorità della carta sul formato elettronico, tenute in formato elettronico sul web!...
Ho letto accorate lamentele sui "giovani d'oggi" che non sono mica come eravamo noi alla loro età, eh no! Noi si che etc.
Ho letto le stesse cose dette perfino da Pier Paolo Pasolini (!) che si lamentava della pochezza dei "giovani d'oggi". Che, visto quando si lamentava, sarebbero i 50/55-enni di adesso, quelli che "noi si...".
E ogni volta mi vengono in mente due cose:
1. L'aforisma di Bernardo di Chartres "siamo nani sulle spalle di giganti", che è del XII secolo.
Se già loro si ritenevano nani, noi oggi cosa siamo?
2. Chi ha fatto il classico (o lo scientifico) dovrebbe essere venuto in contatto con "Le Bucoliche" di Publio Virgilio Marone (quello dell'Eneide), scritte nel 38 a.c.
Vi si parla dei buoni vecchi tempi, dei pastori dell'Arcadia, dell'età dell'oro, di quanto tutto era meglio "prima"... e sul modello degli "Idilli" di Teocrito (270 a.c.) che a sua volta si era ispirato etc. etc.
Dopo tutti questi anni, siamo ancora lì.
Arriviamo a 50 anni e scopriamo che le cose migliori in assoluto, in tutti i campi, sono già state fatte.
Invariabilmente, più o meno 25/30 anni prima. Dopo, solo rimasticature e decadenza.
Quindi le cose migliori della musica rock sono state fatte, a seconda dell'età dell'interlocutore, negli anni '50 da Presley e co., oppure dai Beatles e dai Rolling Stones nel 1965, dai Genesis nel 1972 o da David Bowie nel 1973, dai Clash nel 1977 o dai Joy Division nel 1980, e via di seguito. L'importante è aggiungere sempre che, dopo, è tutta spazzatura.
E siccome "noi" che abbiamo più o meno 50 anni adesso siamo "quelli del rock", che in teoria erano contro la banalità e l'establishment, mi viene una grandissima tristezza a vederci trasformati nell'equivalente brontolone dei "matusa" di quando eravamo giovani noi, che a loro volta etc.
In sintesi, le tre sindromi si possono riassumere in una sola parola: rincoglionimento.
Dio volendo, spero di risparmiarmelo (e non vale scrivere nei commenti che non ho motivo di preoccuparmi perchè ci sono già...)
mercoledì 1 dicembre 2010
The Beatles - Strawberry Fields Forever
Esistono numerosi racconti della registrazione di "Strawberry Fields Forever": la storia è piuttosto conosciuta, e le fonti sono facilmente reperibili e consultabili[1].
Ma visto che non necessariamente tutti la conoscono già, provo a raccontarla anch'io.
Conoscere la storia della registrazione di "SFF" è stata la molla che mi ha spinto ad approfondire almeno due argomenti:
- cosa vuol dire veramente "usare" uno studio di registrazione, quali sono le possibilità creative che la registrazione porta con sè, in quale modo sia possibile espandere le possibilità offerte dalla tradizione[2];
- i Beatles oltre il "scilovsiu iè iè iè", che avevo sempre loro associato: il loro modo di suonare e comporre già a metà degli anni '60 era di una modernità assoluta. E' incredibile la quantità di cose che hanno inventato (loro e i tecnici di Abbey Road) in quegli anni di assoluta libertà creativa conseguente al successo mondiale, che li aveva resi liberi di fare qualsiasi cosa avessero voluto[3].
La registrazione di "SFF" appartiene, storicamente e creativamente, a "Sgt. Pepper", dal quale fu estrapolata come singolo insieme con "Penny Lane"[4].
Quindi, registrazione fatta con riversamenti successivi ("bouncing") da un 4 tracce ad un altro, e contemporanea sovraincisione di altre parti strumentali durante il bouncing stesso.
La canzone che tutti conoscono è fatta da tre diverse sezioni, tagliate ed incollate insieme, in uno dei più incredibili editing mai fatti con forbici e nastro adesivo.
I Beatles avevano registrato una prima versione di "SFF" (take da 1 a 7), poi John Lennon aveva chiesto a George Martin di scrivere un arrangiamento per archi ed ottoni, e avevano in seguito registrato una seconda versione della canzone (take fino a 26)
Le tre sezioni sono le seguenti:
- dall'inizio a 0:55 è usata la take 7;
- da 0:55 a 1:00 è usata un'altra parte della take 7;
- da 1:00 alla fine è usata la take 26.
La take 7 è la prima versione della canzone, in A, più lenta (29 novembre 1966)
La take 26 è la seconda versione, in C, più veloce, con l'arrangiamento di ottoni ed archi (9 dicembre, e arrangiamento archi e ottoni 15 dicembre)
Nessuna delle due versioni convinceva Lennon, ma per un caso quasi incredibile, quando John chiese a George Martin di "appiccicare insieme" l'inizio della prima versione con il resto della seconda, si notò che accelerando leggermente la prima e rallentando la seconda si riusciva ad avere un tempo compatibile e a portare le due parti nella (quasi) stessa tonalità[5].
Allora: a 0:55 dall'inizio, nella take 7 John canta "Let me take you down, 'cause I'm" e qui c'è il taglio con la take 26, da cui vengono le seguenti "going to, Strawberry Fields".
Il punto esatto è stato scelto anche per il modo in cui Lennon canta il verso, con una leggera pausa prima di "going to" e gli strumenti che riprenodono a suonare durante le parole "cause I'm".
Le due parti, come già detto in tonalità e tempo differenti, sono unite in modo così magistrale che quasi nessuno capisce dov'è il taglio finchè non gli viene detto esplicitamente. Io, ad esempio, non l'avrei mai nemmeno sospettato.
Subito prima, c'è un altro taglio "minore", da 0:55 a 1:00, dovuto al fatto che nella take 7 dopo la prima strofa c'era direttamente la seconda, senza il ritornello.
Così si è preso l'attacco del ritornello da una parte successiva della take 7, per poter effettuare il taglio tra le due versioni "in mezzo" alla frase, piuttosto che alla fine della frase, rendendo il tutto meno evidente, meno ovvio.
Oggi alterare la tonalità di una canzone senza toccare il tempo o, al contrario, alterare il tempo senza toccare la tonalità è una cosa facilissima, allora era semplicemente impossibile: alterare una cosa voleva dire alterare anche l'altra.
Essere riusciti a mettere insieme due pezzi così diversi in una sola canzone come hanno fatto qui i tecnici[6] di Abbey Road è un specie di magia, ottenuta solo grazie a un mix incredibile di professionalità, abilità e fortuna nel realizzare tecnicamente quello che i Beatles immaginavano artisticamente.
Note e links:
[1] Le fonti usate per questo post sono fondamentalmente tre:
- L'articolo Strawberry Fields Forever di Joseph Brennan;
- Il libro "The Complete Beatles Recording Sessions: The Official Story of the Abbey Road Years" di Mark Lewisohn, disponibile anche in italiano come "Otto anni ad Abbey Road";
- La memoria di un articolo di Franco Fabbri sulla registrazione di "SFF", probabilmente nel libro "Il suono in cui viviamo" - che non trovo più, appena ho tempo controllo in biblioteca.
[2] Composizione, arrangiamento, esecuzione. Lo metto in nota così si vede di meno, se no i duri e puri di "una canzone è bella se funziona solo con voce e chitarra" ci rimangono male e mi dicono che sono antipatico...
[3] E ne hanno approfittato eccome, di questa libertà, inventando praticamente da soli l'evoluzione dal "rock'n'roll" al "rock". Anche questo potrebbe essere un buon argomento per un futuro post.
[4] A mio modo di vedere, il singolo definitivo. E, curiosamente, il primo da "Love me do" a non finire al primo posto in Inghilterra.
Entrambe le canzoni sono state in seguito recuperate sulla versione "lunga", per gli USA, di "Magical Mystery Tour".
[5] Quasi, eh: la seconda parte non è esattamente nella stessa tonalità della prima, ma abbastanza perchè il 99% delle persone non se ne accorgesse, e abbastanza da fare impazzire chi cercasse di suonare "sopra" il disco: la vera tonalità del brano è da qualche parte tra B e Bb.
[6] Ovvero: il produttore George Martin e i due sound engineer Geoff Emerick e Dave Harries.
Ma visto che non necessariamente tutti la conoscono già, provo a raccontarla anch'io.
Conoscere la storia della registrazione di "SFF" è stata la molla che mi ha spinto ad approfondire almeno due argomenti:
- cosa vuol dire veramente "usare" uno studio di registrazione, quali sono le possibilità creative che la registrazione porta con sè, in quale modo sia possibile espandere le possibilità offerte dalla tradizione[2];
- i Beatles oltre il "scilovsiu iè iè iè", che avevo sempre loro associato: il loro modo di suonare e comporre già a metà degli anni '60 era di una modernità assoluta. E' incredibile la quantità di cose che hanno inventato (loro e i tecnici di Abbey Road) in quegli anni di assoluta libertà creativa conseguente al successo mondiale, che li aveva resi liberi di fare qualsiasi cosa avessero voluto[3].
La registrazione di "SFF" appartiene, storicamente e creativamente, a "Sgt. Pepper", dal quale fu estrapolata come singolo insieme con "Penny Lane"[4].
Quindi, registrazione fatta con riversamenti successivi ("bouncing") da un 4 tracce ad un altro, e contemporanea sovraincisione di altre parti strumentali durante il bouncing stesso.
La canzone che tutti conoscono è fatta da tre diverse sezioni, tagliate ed incollate insieme, in uno dei più incredibili editing mai fatti con forbici e nastro adesivo.
I Beatles avevano registrato una prima versione di "SFF" (take da 1 a 7), poi John Lennon aveva chiesto a George Martin di scrivere un arrangiamento per archi ed ottoni, e avevano in seguito registrato una seconda versione della canzone (take fino a 26)
Le tre sezioni sono le seguenti:
- dall'inizio a 0:55 è usata la take 7;
- da 0:55 a 1:00 è usata un'altra parte della take 7;
- da 1:00 alla fine è usata la take 26.
La take 7 è la prima versione della canzone, in A, più lenta (29 novembre 1966)
La take 26 è la seconda versione, in C, più veloce, con l'arrangiamento di ottoni ed archi (9 dicembre, e arrangiamento archi e ottoni 15 dicembre)
Nessuna delle due versioni convinceva Lennon, ma per un caso quasi incredibile, quando John chiese a George Martin di "appiccicare insieme" l'inizio della prima versione con il resto della seconda, si notò che accelerando leggermente la prima e rallentando la seconda si riusciva ad avere un tempo compatibile e a portare le due parti nella (quasi) stessa tonalità[5].
Allora: a 0:55 dall'inizio, nella take 7 John canta "Let me take you down, 'cause I'm" e qui c'è il taglio con la take 26, da cui vengono le seguenti "going to, Strawberry Fields".
Il punto esatto è stato scelto anche per il modo in cui Lennon canta il verso, con una leggera pausa prima di "going to" e gli strumenti che riprenodono a suonare durante le parole "cause I'm".
Le due parti, come già detto in tonalità e tempo differenti, sono unite in modo così magistrale che quasi nessuno capisce dov'è il taglio finchè non gli viene detto esplicitamente. Io, ad esempio, non l'avrei mai nemmeno sospettato.
Subito prima, c'è un altro taglio "minore", da 0:55 a 1:00, dovuto al fatto che nella take 7 dopo la prima strofa c'era direttamente la seconda, senza il ritornello.
Così si è preso l'attacco del ritornello da una parte successiva della take 7, per poter effettuare il taglio tra le due versioni "in mezzo" alla frase, piuttosto che alla fine della frase, rendendo il tutto meno evidente, meno ovvio.
Oggi alterare la tonalità di una canzone senza toccare il tempo o, al contrario, alterare il tempo senza toccare la tonalità è una cosa facilissima, allora era semplicemente impossibile: alterare una cosa voleva dire alterare anche l'altra.
Essere riusciti a mettere insieme due pezzi così diversi in una sola canzone come hanno fatto qui i tecnici[6] di Abbey Road è un specie di magia, ottenuta solo grazie a un mix incredibile di professionalità, abilità e fortuna nel realizzare tecnicamente quello che i Beatles immaginavano artisticamente.
Note e links:
[1] Le fonti usate per questo post sono fondamentalmente tre:
- L'articolo Strawberry Fields Forever di Joseph Brennan;
- Il libro "The Complete Beatles Recording Sessions: The Official Story of the Abbey Road Years" di Mark Lewisohn, disponibile anche in italiano come "Otto anni ad Abbey Road";
- La memoria di un articolo di Franco Fabbri sulla registrazione di "SFF", probabilmente nel libro "Il suono in cui viviamo" - che non trovo più, appena ho tempo controllo in biblioteca.
[2] Composizione, arrangiamento, esecuzione. Lo metto in nota così si vede di meno, se no i duri e puri di "una canzone è bella se funziona solo con voce e chitarra" ci rimangono male e mi dicono che sono antipatico...
[3] E ne hanno approfittato eccome, di questa libertà, inventando praticamente da soli l'evoluzione dal "rock'n'roll" al "rock". Anche questo potrebbe essere un buon argomento per un futuro post.
[4] A mio modo di vedere, il singolo definitivo. E, curiosamente, il primo da "Love me do" a non finire al primo posto in Inghilterra.
Entrambe le canzoni sono state in seguito recuperate sulla versione "lunga", per gli USA, di "Magical Mystery Tour".
[5] Quasi, eh: la seconda parte non è esattamente nella stessa tonalità della prima, ma abbastanza perchè il 99% delle persone non se ne accorgesse, e abbastanza da fare impazzire chi cercasse di suonare "sopra" il disco: la vera tonalità del brano è da qualche parte tra B e Bb.
[6] Ovvero: il produttore George Martin e i due sound engineer Geoff Emerick e Dave Harries.
lunedì 29 novembre 2010
Storia di un loop
Questa è la storia[1] di un loop. Ma un loop vero, di quelli fatti con forbici, nastro magnetico e nastro adesivo, fatto girare attorno a supporti di fortuna sparsi per lo studio di registrazione e registrato su un multitraccia così da creare una "base" della durata necessaria.
Ed è la storia di un loop realizzato per un album molto poco rock: i Bee Gees stavano preparando quello che sarebbe poi diventato "Saturday Night Fever", e "Stayin' Alive" non aveva il giusto feel ritmico: mancava di solidità, di regolarità.
Strano a dirsi, ma quello fu un disco registrato in relativa economia, in uno studio della periferia di Parigi[2], come colonna sonora di un film a basso costo.
Con il batterista rientrato in Inghilterra per un lutto familiare, e dopo aver provato ad usare la traccia ritmica fornita dalla rudimentale drum-machine di un organo Hammond (le batterie elettroniche programmabili erano al di là da venire), serviva un modo per non interrompere il lavoro.
Il gruppo e i tecnici erano invece molto soddisfatti della resa sonora di "Saturday Night Fever", così a qualcuno venne in mente di prendere un paio di battute della traccia ritmica di quel pezzo, registrarle un centinaio di volte di fila e usare il tutto come nuova base ritmica per "Stayin' Alive".
Durante la ricerca delle due battute perfette, si decise di realizzare invece un loop: la batteria di "Saturday Night Fever" era registrata su quattro tracce, e venne quindi deciso di usare una macchina a quattro tracce presente nello studio per duplicare la registrazione originale ed avere pronto un nastro da tagliare per ottenere il loop di due battute.
L'anello di nastro ottenuto era lungo 20 piedi (circa 7 metri) e venne suonato facendolo girare su supporti appiccicati con il nastro adesivo alle aste dei microfoni, tutto intorno alla control.room dello studio.
Il risultato era un loop perfettamente "metronomico" ("steady"), ovvero quello che poi sarà il difetto imputato a tutte le drum machine: la perfezione del tempo, senza alcuna variazione dall'inizio alla fine...
Il risultato fu così soddisfacente che il loop ebbe una sua piccola "carriera" musicale: fu riusato sia per "More Than a Woman" dello stesso disco che per "Woman in Love" di Barbra Streisand (il tempo era aggiustato ricorrendo al controllo vari-speed del 4 tracce che suonava il loop, cioè la stessa tecnica usata dai Beatles per far coincidere tempo e tonalità dei due nastri che compongono la versione finale di "Strawberry Fields Forever"[3])
Nei credits di "Staurday Night Fever" la parte di batteria di "Stayin' Alive" venne accreditata per scherzo a "Bernard Lupè": dopo la pubblicazione, ai produttori giunsero innumerevoli richieste per quel batterista così regolare, "Steady ad a rock".
Oggi realizzare un loop con un computer è tecnicamente[4] una cosa banale: piazzi un paio di markers, senti se il risultato ti soddisfa, se no sposti i markers (a passi anche di singolo sample) fino a quando tutto non è a posto.
Se sbagli qualcosa, cancelli i markers e ricominci, tanto la registrazione originale è sempre lì, intatta.
La cosa per me incredibile è pensare che si riuscissero a fare le stesse cose con il nastro adesivo e le forbici!
Note e links:
[1] Storia famosa, la trovate con molti più dettagli sulla realizzazione di tutto l'album in questione ad esempio nella rubrica "Classic Track" di Sound on Sound, on-line magazine dedicato alle tecniche di registrazione.
[2] Per ragioni essenzialmente fiscali, come avevano fatto anche i Rolling Stones per "Exhile...".
Lo studio era il "Chateau d'Herouville", già usato da Elton John e tutt'altro che all'avanguardia: i primi di giorni di lavoro furono dedicati alla messa a terra di tutto l'impianto, che generava una collezione di ronzii assortiti...
[3] Storia famosissima, ma se qualcuno non la conoscesse vi si può dedicare una successivo post.
[4] Tecnicamente, perchè "artisticamente" invece la difficoltà è sempre la stessa: tutti i migliori strumenti del mondo da soli non fanno niente. Al limite, ti fanno fare meno fatica a fare qualcosa. Ma sei sempre tu che decidi che cosa vuoi fare.
Ed è la storia di un loop realizzato per un album molto poco rock: i Bee Gees stavano preparando quello che sarebbe poi diventato "Saturday Night Fever", e "Stayin' Alive" non aveva il giusto feel ritmico: mancava di solidità, di regolarità.
Strano a dirsi, ma quello fu un disco registrato in relativa economia, in uno studio della periferia di Parigi[2], come colonna sonora di un film a basso costo.
Con il batterista rientrato in Inghilterra per un lutto familiare, e dopo aver provato ad usare la traccia ritmica fornita dalla rudimentale drum-machine di un organo Hammond (le batterie elettroniche programmabili erano al di là da venire), serviva un modo per non interrompere il lavoro.
Il gruppo e i tecnici erano invece molto soddisfatti della resa sonora di "Saturday Night Fever", così a qualcuno venne in mente di prendere un paio di battute della traccia ritmica di quel pezzo, registrarle un centinaio di volte di fila e usare il tutto come nuova base ritmica per "Stayin' Alive".
Durante la ricerca delle due battute perfette, si decise di realizzare invece un loop: la batteria di "Saturday Night Fever" era registrata su quattro tracce, e venne quindi deciso di usare una macchina a quattro tracce presente nello studio per duplicare la registrazione originale ed avere pronto un nastro da tagliare per ottenere il loop di due battute.
L'anello di nastro ottenuto era lungo 20 piedi (circa 7 metri) e venne suonato facendolo girare su supporti appiccicati con il nastro adesivo alle aste dei microfoni, tutto intorno alla control.room dello studio.
Il risultato era un loop perfettamente "metronomico" ("steady"), ovvero quello che poi sarà il difetto imputato a tutte le drum machine: la perfezione del tempo, senza alcuna variazione dall'inizio alla fine...
Il risultato fu così soddisfacente che il loop ebbe una sua piccola "carriera" musicale: fu riusato sia per "More Than a Woman" dello stesso disco che per "Woman in Love" di Barbra Streisand (il tempo era aggiustato ricorrendo al controllo vari-speed del 4 tracce che suonava il loop, cioè la stessa tecnica usata dai Beatles per far coincidere tempo e tonalità dei due nastri che compongono la versione finale di "Strawberry Fields Forever"[3])
Nei credits di "Staurday Night Fever" la parte di batteria di "Stayin' Alive" venne accreditata per scherzo a "Bernard Lupè": dopo la pubblicazione, ai produttori giunsero innumerevoli richieste per quel batterista così regolare, "Steady ad a rock".
Oggi realizzare un loop con un computer è tecnicamente[4] una cosa banale: piazzi un paio di markers, senti se il risultato ti soddisfa, se no sposti i markers (a passi anche di singolo sample) fino a quando tutto non è a posto.
Se sbagli qualcosa, cancelli i markers e ricominci, tanto la registrazione originale è sempre lì, intatta.
La cosa per me incredibile è pensare che si riuscissero a fare le stesse cose con il nastro adesivo e le forbici!
Note e links:
[1] Storia famosa, la trovate con molti più dettagli sulla realizzazione di tutto l'album in questione ad esempio nella rubrica "Classic Track" di Sound on Sound, on-line magazine dedicato alle tecniche di registrazione.
[2] Per ragioni essenzialmente fiscali, come avevano fatto anche i Rolling Stones per "Exhile...".
Lo studio era il "Chateau d'Herouville", già usato da Elton John e tutt'altro che all'avanguardia: i primi di giorni di lavoro furono dedicati alla messa a terra di tutto l'impianto, che generava una collezione di ronzii assortiti...
[3] Storia famosissima, ma se qualcuno non la conoscesse vi si può dedicare una successivo post.
[4] Tecnicamente, perchè "artisticamente" invece la difficoltà è sempre la stessa: tutti i migliori strumenti del mondo da soli non fanno niente. Al limite, ti fanno fare meno fatica a fare qualcosa. Ma sei sempre tu che decidi che cosa vuoi fare.
domenica 28 novembre 2010
Einsturzende Neubauten - Stella Maris
Disco del '96, "Ende Neu" contiene alcune ipotesi di nuove direzioni musicali per il gruppo di Blixa Bargeld[1], tra cui alcuni tentativi di dance-synth-pop che lasciano il tempo che trovano, ma soprattutto contiene "Stella Maris".
Che è uno di quei pezzi che, semplicemente, sono perfetti.
EN vuol dire Berlino, vuol dire canzoni in tedesco: e l'effetto-Sturmtruppen, per noi italiani, è lì ad un passo, come anche l'effetto Vianello in calzamaglia che fa il cabaret (Kabarett?), chi ricorda "...und der Haifisch, der hat Zaehne..."?[2]
E "Stella Maris" è pure una ballata, cantata in coppia con Meret Becker[3], secondo le più classiche convenzioni dei duetti tra voce maschile e femminile.
Riassumendo: ballata, in tedesco, suonata dagli EN. Il risultato dovrebbe essere una cosa inascoltabile.
E invece: è un pezzo bellissimo, a partire dal testo, che avevo sempre ignorato e ho invece scoperto leggendo un'intervista alla ragazza che ha tradotto in italiano, sul suo sito, tutti i testi degli EN. Imparando il tedesco apposta per.[4][5]
Oltretutto, dopo averne "scoperto" il significato, i suoni acquistano una forza evocativa che in un'altra lingua sarebbe stata minore.
Il pezzo è, fondamentalmente, una ninna-nanna.
La chitarra suona un drone di tre note, arpeggiando un accordo di C per tutto il pezzo e il basso suona una sola nota, con effetto slide ascendente.
C'è una batteria minimale, in secondo piano, con il solo suono di rullante probabilmente fatto con una non meglio definita percussione metallica.
Sotto il cantato, una sezione di archi: stando alle note del disco, un violoncello, tre viole e sei violini, che costruiscono il pezzo: la strofa gira attorno al drone della chitarra, mettendo in fila C C7 C/D Csus4, cioè spostamenti minimi di note all'interno di un accordo di C, mentre il "ritornello" ("Du traumst mich ich dich...) aggiunge un Bb e un Asus4, lasciando il tutto nell'ambito delle variazioni minime: nel finale c'è una parte di archi in pizzicato che raddoppia il drone della chitarra.
Niente assoli, niente effettacci, niente rumore.
Solo le voci che si rincorrono, si aggrappano una all'altra, fino alla tensione del crescendo finale. Un pezzo che a me sembra ancora attualissimo.
Note e links:
[1] E' l'anno in cui i Bad Seeds pubblicano "Murder Ballads", che qualcosa deve avere avuto a che fare con la nascita questo pezzo.
[2] Che poi era "Die Moritat von Mackie Messer", tratta dall'Opera da tre soldi (Die Dreigroschenoper) di Weill/Brecht.
[3] Che, grazie al web, ho appena scoperto essere una cantante ed attrice piuttosto famosa in Germania, all'epoca moglie di Alex Hacke, chitarrista degli EN. Sembra abbia pure inciso un paio di album insieme all'ex-marito e ad altri EN.
[4] E magari Enrico "Sull'Amaca" qui potrebbe dire qualcosa di più...
[5] E naturalmente della traduzione sto parlando, in italiano o in inglese: mai saputo o studiato una parola di tedesco. Su Youtube c'è il video, Blixa con un inguardabile cappello da predicatore quacchero o qualcosa del genere, con le parole in inglese.
Che è uno di quei pezzi che, semplicemente, sono perfetti.
EN vuol dire Berlino, vuol dire canzoni in tedesco: e l'effetto-Sturmtruppen, per noi italiani, è lì ad un passo, come anche l'effetto Vianello in calzamaglia che fa il cabaret (Kabarett?), chi ricorda "...und der Haifisch, der hat Zaehne..."?[2]
E "Stella Maris" è pure una ballata, cantata in coppia con Meret Becker[3], secondo le più classiche convenzioni dei duetti tra voce maschile e femminile.
Riassumendo: ballata, in tedesco, suonata dagli EN. Il risultato dovrebbe essere una cosa inascoltabile.
E invece: è un pezzo bellissimo, a partire dal testo, che avevo sempre ignorato e ho invece scoperto leggendo un'intervista alla ragazza che ha tradotto in italiano, sul suo sito, tutti i testi degli EN. Imparando il tedesco apposta per.[4][5]
Oltretutto, dopo averne "scoperto" il significato, i suoni acquistano una forza evocativa che in un'altra lingua sarebbe stata minore.
Il pezzo è, fondamentalmente, una ninna-nanna.
La chitarra suona un drone di tre note, arpeggiando un accordo di C per tutto il pezzo e il basso suona una sola nota, con effetto slide ascendente.
C'è una batteria minimale, in secondo piano, con il solo suono di rullante probabilmente fatto con una non meglio definita percussione metallica.
Sotto il cantato, una sezione di archi: stando alle note del disco, un violoncello, tre viole e sei violini, che costruiscono il pezzo: la strofa gira attorno al drone della chitarra, mettendo in fila C C7 C/D Csus4, cioè spostamenti minimi di note all'interno di un accordo di C, mentre il "ritornello" ("Du traumst mich ich dich...) aggiunge un Bb e un Asus4, lasciando il tutto nell'ambito delle variazioni minime: nel finale c'è una parte di archi in pizzicato che raddoppia il drone della chitarra.
Niente assoli, niente effettacci, niente rumore.
Solo le voci che si rincorrono, si aggrappano una all'altra, fino alla tensione del crescendo finale. Un pezzo che a me sembra ancora attualissimo.
Note e links:
[1] E' l'anno in cui i Bad Seeds pubblicano "Murder Ballads", che qualcosa deve avere avuto a che fare con la nascita questo pezzo.
[2] Che poi era "Die Moritat von Mackie Messer", tratta dall'Opera da tre soldi (Die Dreigroschenoper) di Weill/Brecht.
[3] Che, grazie al web, ho appena scoperto essere una cantante ed attrice piuttosto famosa in Germania, all'epoca moglie di Alex Hacke, chitarrista degli EN. Sembra abbia pure inciso un paio di album insieme all'ex-marito e ad altri EN.
[4] E magari Enrico "Sull'Amaca" qui potrebbe dire qualcosa di più...
[5] E naturalmente della traduzione sto parlando, in italiano o in inglese: mai saputo o studiato una parola di tedesco. Su Youtube c'è il video, Blixa con un inguardabile cappello da predicatore quacchero o qualcosa del genere, con le parole in inglese.
giovedì 25 novembre 2010
June Miller
Nome abbastanza brutto, purtroppo. Che si confonde con Virginiana Miller, gruppo pop trascurabilissimo - per fortuna non sono nè sorelle nè parenti...
I June Miller sono:
Un gruppo italiano.
E qui mi sono giocato una buona metà dei lettori dei questo blog.
Cantano in inglese.
E qui, arrivederci a metà dei sopravvissuti al punto precedente.
Hanno pubblicato un ep su vinile ed uno su cd. Sono esauriti, ma si possono scaricare le versioni in mp3, gratuite.
Con questa terza notizia dovremmo essere rimasti in due o tre.
Avrei potuto mettere qui qualche banalità della serie "meglio soli etc.", e invece ho rinunciato, troppo facile.
I June Miller sono liguri, non ho idea di quanti anni abbiano e neppure mi importa.
So però che hanno pubblicato dell'ottima musica, e hanno fatto due cose veramente belle:
1. Hanno messo on-line, su The Breakfast Jumpers[1], la versione in mp3 del primo ep. L'hanno chiamata "Simulacra Sunset Ep - De Luxe Edition", e insieme alle tracce dell'ep originale ce ne sono altre 9, tra pezzi "scartati" dall'ep, demo, remix e live. Il tutto gratuito e legale.
Poi si può scegliere di spendere una bella paccata di euro per l'ultimo cofanetto di chiunque volete voi. Indovinate un po' cosa ho scelto io...
2. Hanno pubblicato da poco un secondo ep, "With Downcast Eyes", già direttamente scaricabile dal sito di marsiglia records[2]. Ci sono due nuovi membri nel gruppo, una è Federica alla voce. E lei ha una voce commovente, da lacrime agli occhi per quanto è bella e per quanto la usa bene. Ascoltatela su "No One Comes, Someone Goes", oppure su "Liseli", o sulla bella cover di "Pet Life Saver" dei Giardini di Mirò (tratta da Altri Altrigiardini).
Quest'ultima definisce in modo sufficentemente preciso il suono dei June Miller: siamo dalle parti dei Giardini di Mirò, chitarra smandolinata più o meno: post-rock cantato. Ma fatto veramente bene. Consigliatissimi.
Note e links:
[1] The Breakfast Jumpers è un fantastico - ma davvero - blog che parla di musica. Italiana, moderna/indie/alternativa/sperimentale/pop/folk. Ma nuova. E spesso ottima. Io ci faccio un giro tutti i giorni da parecchio tempo.
[2] marsiglia records è una net label genovese, che ha pubblicato un buon numero di cose molto interessanti: Lo-Fi Sucks! e Port-Royal, tra gli altri. Molti dei lavori sono disponibili per il download, sotto licenza Creative Common. Un giro qui non è tempo perso...
I June Miller sono:
Un gruppo italiano.
E qui mi sono giocato una buona metà dei lettori dei questo blog.
Cantano in inglese.
E qui, arrivederci a metà dei sopravvissuti al punto precedente.
Hanno pubblicato un ep su vinile ed uno su cd. Sono esauriti, ma si possono scaricare le versioni in mp3, gratuite.
Con questa terza notizia dovremmo essere rimasti in due o tre.
Avrei potuto mettere qui qualche banalità della serie "meglio soli etc.", e invece ho rinunciato, troppo facile.
I June Miller sono liguri, non ho idea di quanti anni abbiano e neppure mi importa.
So però che hanno pubblicato dell'ottima musica, e hanno fatto due cose veramente belle:
1. Hanno messo on-line, su The Breakfast Jumpers[1], la versione in mp3 del primo ep. L'hanno chiamata "Simulacra Sunset Ep - De Luxe Edition", e insieme alle tracce dell'ep originale ce ne sono altre 9, tra pezzi "scartati" dall'ep, demo, remix e live. Il tutto gratuito e legale.
Poi si può scegliere di spendere una bella paccata di euro per l'ultimo cofanetto di chiunque volete voi. Indovinate un po' cosa ho scelto io...
2. Hanno pubblicato da poco un secondo ep, "With Downcast Eyes", già direttamente scaricabile dal sito di marsiglia records[2]. Ci sono due nuovi membri nel gruppo, una è Federica alla voce. E lei ha una voce commovente, da lacrime agli occhi per quanto è bella e per quanto la usa bene. Ascoltatela su "No One Comes, Someone Goes", oppure su "Liseli", o sulla bella cover di "Pet Life Saver" dei Giardini di Mirò (tratta da Altri Altrigiardini).
Quest'ultima definisce in modo sufficentemente preciso il suono dei June Miller: siamo dalle parti dei Giardini di Mirò, chitarra smandolinata più o meno: post-rock cantato. Ma fatto veramente bene. Consigliatissimi.
Note e links:
[1] The Breakfast Jumpers è un fantastico - ma davvero - blog che parla di musica. Italiana, moderna/indie/alternativa/sperimentale/pop/folk. Ma nuova. E spesso ottima. Io ci faccio un giro tutti i giorni da parecchio tempo.
[2] marsiglia records è una net label genovese, che ha pubblicato un buon numero di cose molto interessanti: Lo-Fi Sucks! e Port-Royal, tra gli altri. Molti dei lavori sono disponibili per il download, sotto licenza Creative Common. Un giro qui non è tempo perso...
lunedì 22 novembre 2010
Franco Fabbri - Around the clock: una breve storia della popular music
Letto qualche settimana fa, "Around the clock - una breve storia della popular music" di Franco Fabbri è un bellissimo libro.
Bellissimo perchè contiene un gran numero di spunti interessanti, limitandoci a quelli più evidenti:
1 - La definizione di "popular music" come contenitore per tutta la musica non "accademica" e non "tradizionale".
2 - Il rifiuto di applicare giudizi di merito/valore all'interno delle definizoni delle categorie musicali.
3 - Le musiche che fanno parte della "popular music": Tin Pan Alley, tango, napoletana, fado, flamenco, rebetico, blues, jazz, chanson e mille altre, e lo strano prevalere "reputazionale" del jazz, dal punto di vista tecnico ed originativo per nulla diverso o "migliore" delle altre musiche.
4 - La parte tecnica: strofa, ritornello e bridge sono stati formalizzati già dai compositori di Tin Pan Alley!
5 - La parte "industriale", con la crisi della vendita dei dischi conseguente all'invenzione della radio, altro che il web!
6 - La parte che racconta il rapporto tra radio e pagamento dei diritti discografici in USA, il conseguente "sciopero" delle radio verso la musica di Tin Pan Alley e il rivolgersi alle musiche "altre" (non facenti parte dell'associazione che si occupava dei diritti all'epoca) che ha portato alla "morte" di Tin Pan Alley e allo sviluppo di un mercato di musiche nuove.
7 - La nozione di "musica per altoparlanti" che accompagna tutta l'industria discografica (dai grammofoni alla radio, dai walkman agli iPod, dai mangiadischi agli Hi-Fi esoterici)
8 - La visione della musica come evoluzione: evoluzione della musica stessa, dei generi, dei modi di ascoltarla e di riprodurla, dei modi di commercializzarla, dei modi di fruirne. Senza demonizzare nè idolatrare il "nuovo", ma cercando di capirlo e di inquadrarlo in una storia che ha ormai più di cento anni.
Bellissimo anche perchè Franco Fabbri è uno che conosce davvero quello di cui scrive: già componente degli Stormy Six e mille altre cose che potete trovare elencate sul suo sito.
Musicista e musicologo, lo leggo da quando scriveva su "Fare Musica", una rivista che parlava di strumenti musicali dando però grande importanza anche alla musica.
Ricordo un articolo sull'uso creativo del delay che mi è utile ancora adesso, più di venti anni dopo, e il pezzo sul "taglio" di Strawberry Fields che mi aveva (musicalmente) sconvolto, facendomi rendere contemporaneamente conto di quello che era possibile fare registrando la musica, e di quanto fossero stati "avanti", in tutti i sensi, i Beatles.
Tanti spunti, quindi: cercando di evitare il plagio o il semplice riassunto del libro, vorrei partire da questi per cercare di approfondire quegli argomenti che a me sembrano più interessanti; promessa o minaccia che sia, proverò a farlo con i prossimi post.
Bellissimo perchè contiene un gran numero di spunti interessanti, limitandoci a quelli più evidenti:
1 - La definizione di "popular music" come contenitore per tutta la musica non "accademica" e non "tradizionale".
2 - Il rifiuto di applicare giudizi di merito/valore all'interno delle definizoni delle categorie musicali.
3 - Le musiche che fanno parte della "popular music": Tin Pan Alley, tango, napoletana, fado, flamenco, rebetico, blues, jazz, chanson e mille altre, e lo strano prevalere "reputazionale" del jazz, dal punto di vista tecnico ed originativo per nulla diverso o "migliore" delle altre musiche.
4 - La parte tecnica: strofa, ritornello e bridge sono stati formalizzati già dai compositori di Tin Pan Alley!
5 - La parte "industriale", con la crisi della vendita dei dischi conseguente all'invenzione della radio, altro che il web!
6 - La parte che racconta il rapporto tra radio e pagamento dei diritti discografici in USA, il conseguente "sciopero" delle radio verso la musica di Tin Pan Alley e il rivolgersi alle musiche "altre" (non facenti parte dell'associazione che si occupava dei diritti all'epoca) che ha portato alla "morte" di Tin Pan Alley e allo sviluppo di un mercato di musiche nuove.
7 - La nozione di "musica per altoparlanti" che accompagna tutta l'industria discografica (dai grammofoni alla radio, dai walkman agli iPod, dai mangiadischi agli Hi-Fi esoterici)
8 - La visione della musica come evoluzione: evoluzione della musica stessa, dei generi, dei modi di ascoltarla e di riprodurla, dei modi di commercializzarla, dei modi di fruirne. Senza demonizzare nè idolatrare il "nuovo", ma cercando di capirlo e di inquadrarlo in una storia che ha ormai più di cento anni.
Bellissimo anche perchè Franco Fabbri è uno che conosce davvero quello di cui scrive: già componente degli Stormy Six e mille altre cose che potete trovare elencate sul suo sito.
Musicista e musicologo, lo leggo da quando scriveva su "Fare Musica", una rivista che parlava di strumenti musicali dando però grande importanza anche alla musica.
Ricordo un articolo sull'uso creativo del delay che mi è utile ancora adesso, più di venti anni dopo, e il pezzo sul "taglio" di Strawberry Fields che mi aveva (musicalmente) sconvolto, facendomi rendere contemporaneamente conto di quello che era possibile fare registrando la musica, e di quanto fossero stati "avanti", in tutti i sensi, i Beatles.
Tanti spunti, quindi: cercando di evitare il plagio o il semplice riassunto del libro, vorrei partire da questi per cercare di approfondire quegli argomenti che a me sembrano più interessanti; promessa o minaccia che sia, proverò a farlo con i prossimi post.
giovedì 18 novembre 2010
Flaming Lips - Five Stop Mother Superior Rain
"Five Stop Mother Superior Rain" è il mio pezzo preferito in assoluto tra quelli dei Flaming Lips.
E' su "In A Priest Driven Ambulance" del 1990, l'ultimo album "indipendente" dei FL, subito prima della firma con la Warner Bros.
Non sono più i FL devastanti dei primissimi lavori, non sono ancora quelli inutili degli ultimi 15 anni; sono un gruppo sulla strada per diventare "alternativi famosi", "She don't use Jelly" è dietro l'angolo, complice il passaggio in non mi ricordo più quale serie o spettacolo televisivo.
Dietro l'angolo purtroppo c'è anche il gruppo che si sta per perdere in una parodia di se stesso, ottenendone in cambio una discreta fortuna commerciale, accompagnata dalla fama di "rocker acidi" (?)(forse comprensibile per chi fa fatica ad andare oltre briùs), mentre a me sembrano una combriccola di smipatici giocerelloni ex-psichedelici (le bolle di sapone, i palloni giganti, i costumi da coniglio, le trovatine di Wayne - che, accidenti a lui, era un vero e fottuto genio, ascoltate l'intero "Oh My Gawd..." ad esempio)
"Five Stop Mother Superior Rain" è, come tutti i pezzi memorabili, un pezzo semplicissimo.
Tre accordi in tutto: la strofa è E - F# - A - E, il ritornello è A - E - F# - E.
Ma è tutto quello che c'è intorno a farne una canzone-simbolo.
C'è l'atmosfera da ballata un po' "rollingstoniana".
C'è la chitarra acustica che conduce il pezzo, suonata piena, ad accordi aperti, poi raddoppiata da almeno un paio di chitarre distorte, di cui una suonata con il bottleneck.
C'è un'altra parte suonata con il bottleneck che fa da controcanto alla strofa, alternata a una serie di armonici distorti, il tutto condito e amalgamato da fischi e feedback.
C'è pure un pianoforte, e un bel basso distorto che lega i passaggi dal ritornello alla ripresa della strofa.
Le tre strofe hanno i tre primi versi (avessi voluto fare il figo avrei scritto "incipit") migliori del rock tutto:
I was born the day they shot JFK
...
I was born the day they shot John Lennon's brain
...
I was born the day they shot a hole in the Jesus egg
...
Anche se il loro testo più bello in assoluto è quello di "Ode To C.c. Part Two" (che era su "Oh My Gawd..."):
This man came up to me just the other day
He asked me if I'd been born again
I told him I didn't think I had
That I had been rejected
But I think hell's got all the good bands anyway
E' su "In A Priest Driven Ambulance" del 1990, l'ultimo album "indipendente" dei FL, subito prima della firma con la Warner Bros.
Non sono più i FL devastanti dei primissimi lavori, non sono ancora quelli inutili degli ultimi 15 anni; sono un gruppo sulla strada per diventare "alternativi famosi", "She don't use Jelly" è dietro l'angolo, complice il passaggio in non mi ricordo più quale serie o spettacolo televisivo.
Dietro l'angolo purtroppo c'è anche il gruppo che si sta per perdere in una parodia di se stesso, ottenendone in cambio una discreta fortuna commerciale, accompagnata dalla fama di "rocker acidi" (?)(forse comprensibile per chi fa fatica ad andare oltre briùs), mentre a me sembrano una combriccola di smipatici giocerelloni ex-psichedelici (le bolle di sapone, i palloni giganti, i costumi da coniglio, le trovatine di Wayne - che, accidenti a lui, era un vero e fottuto genio, ascoltate l'intero "Oh My Gawd..." ad esempio)
"Five Stop Mother Superior Rain" è, come tutti i pezzi memorabili, un pezzo semplicissimo.
Tre accordi in tutto: la strofa è E - F# - A - E, il ritornello è A - E - F# - E.
Ma è tutto quello che c'è intorno a farne una canzone-simbolo.
C'è l'atmosfera da ballata un po' "rollingstoniana".
C'è la chitarra acustica che conduce il pezzo, suonata piena, ad accordi aperti, poi raddoppiata da almeno un paio di chitarre distorte, di cui una suonata con il bottleneck.
C'è un'altra parte suonata con il bottleneck che fa da controcanto alla strofa, alternata a una serie di armonici distorti, il tutto condito e amalgamato da fischi e feedback.
C'è pure un pianoforte, e un bel basso distorto che lega i passaggi dal ritornello alla ripresa della strofa.
Le tre strofe hanno i tre primi versi (avessi voluto fare il figo avrei scritto "incipit") migliori del rock tutto:
I was born the day they shot JFK
...
I was born the day they shot John Lennon's brain
...
I was born the day they shot a hole in the Jesus egg
...
Anche se il loro testo più bello in assoluto è quello di "Ode To C.c. Part Two" (che era su "Oh My Gawd..."):
This man came up to me just the other day
He asked me if I'd been born again
I told him I didn't think I had
That I had been rejected
But I think hell's got all the good bands anyway
Sunday Morning
Post una tantum: c'è un nuovo blog da ieri, si chiama Sunday Morning e parla di musica.
mercoledì 17 novembre 2010
Califone - Funeral Singers
Non li avevo mai ascoltati, il tempo, lo spazio, etc. - con tutte le cose che mancano, erano sempre rimasti lì in un angolino dell'hard-disk, tra i dischi da sentire. [1]
Poi ho visto il video di "Funeral Singers" da qualche parte: colpo di fulmine. Anche se a scoppio ritardato...
Il pezzo è tratto dal lp "All My Friends are Funeral Singers", che credo sia la colonna sonora di un film o qualcosa del genere, un documentario forse?
Disco peraltro noioso anzichenò, e che quindi a sentire Marylin (visto qui) dovrebbe guadagnarsi il rispetto di parecchi maschietti. [2]
Ma tra le canzoni noiose, ce n'è una strordinaria.
Ed è un pezzo semplicissimo, quattro accordi in tutto (per la precisione, C#, G# m, B, F#) [3], che girano per tutto il pezzo, con un semplicissimo ritmo di pennate regolari in ottavi e un filino di palm mute, [4] con una bella melodia e qualche misurato intervento degli altri strumenti. Una via di mezzo tra Folk, Pop e suono indie/post-rock (son pur sempre di Chicago!).
Ma il vero colpo di genio è la costruzione degli accordi: su una chitarra con accordatura "standard" sono quattro normali barrè, con cambi di posizione elementari.
Invece i Califone li suonano su una chitarra acustica con una accordatura alternativa. [5]
Per chi volesse provare, è una accordatura in Eb (Eb-Bb-Eb-G-Bb-Eb) cioè un accordatura in E aperto abbassata di mezzo tono; a questo punto l'accordo è costruito solo con le 3 corde basse, lasciando le 3 corde alte libere di risuonare. La forma dell'accordo permette di spostarlo in "sliding" [6], e ciò, combinato con le tre corde che risuonano libere, crea un effetto irriproducibile con un'accordatura standard.
Questa è una di quelle poche canzoni che ascolto in loop, due o tre volte di seguito, e che mi "rovinano" il resto del disco. Che prima ho definito noioso, e magari è semplicemente fatto sbiadire da una canzone così affascinante e "perfetta".
Note e links:
[1] Sarà anche stato l'effetto del nome, che mi fa venire in mente qualcosa tra un motorino degli anni '70 e un fumetto porno, piuttosto che le apparecchiature audio americane cui in realtà si riferisce?
[2] "Men are always ready to respect anything that bores them" è la frase in questione. Secondo me è straordinaria.
[3] Gli accordi sono annotati con la nomenclatura anglo-americana, se volete suonare rock vi conviene prendere confidenza subito con questa notazione, perchè il 99% dei guitar-tab che si trovano sul web questa usano.
Corrispondono comunque a Do#, Sol# m, Si, Fa#.
[4] "Palm mute" è la tecnica che, usando il palmo della mano destra, smorza il risuonare delle corde subito dopo la pennata, usato in maniera a mio parere magistrale da PJ Harvey in molti pezzi di "To Bring you my Love".
[5] Dire accordatura alternativa e pensare ai Sonic Youth è un tutt'uno, loro sono quelli che ne hanno fatto una vera a propria arte, portandola a livelli di perfezione assoluta.
Ma non erano i soli, altri esempi sono sicuramente Nick Drake (non si possono suonare le sue canzoni con accordatura standard. Non funzionano), Robin Guthrie dei Cocteau Twins (ricordo alcuni arpeggi che mi facevano impazzire di rabbia: ma come 'azz' si fa a suonare 'sta roba? E invece erano tutte corde vuote, accordate proprio sull'arpeggio)
Stesso approccio per Adam Franklin degli Swervedriver (gruppo sottovalutato se ce n'è mai stato uno) che partiva da un accordo "non ortodosso" e accordava la chitarra per poterlo suonare a corde vuote, e da lì costruiva il resto della canzone.
[6] Che non è la chitarra suonata con il bottleneck, ma la tecnica di passare da un accordo all'altro non sollevando le dita e riformando il nuovo accordo, ma facendo scivolare le dita lungo il manico della chitarra, senza mai sollevarle, ottenendo il tipico suono slide durante il passaggio da un accordo all'altro.
Poi ho visto il video di "Funeral Singers" da qualche parte: colpo di fulmine. Anche se a scoppio ritardato...
Il pezzo è tratto dal lp "All My Friends are Funeral Singers", che credo sia la colonna sonora di un film o qualcosa del genere, un documentario forse?
Disco peraltro noioso anzichenò, e che quindi a sentire Marylin (visto qui) dovrebbe guadagnarsi il rispetto di parecchi maschietti. [2]
Ma tra le canzoni noiose, ce n'è una strordinaria.
Ed è un pezzo semplicissimo, quattro accordi in tutto (per la precisione, C#, G# m, B, F#) [3], che girano per tutto il pezzo, con un semplicissimo ritmo di pennate regolari in ottavi e un filino di palm mute, [4] con una bella melodia e qualche misurato intervento degli altri strumenti. Una via di mezzo tra Folk, Pop e suono indie/post-rock (son pur sempre di Chicago!).
Ma il vero colpo di genio è la costruzione degli accordi: su una chitarra con accordatura "standard" sono quattro normali barrè, con cambi di posizione elementari.
Invece i Califone li suonano su una chitarra acustica con una accordatura alternativa. [5]
Per chi volesse provare, è una accordatura in Eb (Eb-Bb-Eb-G-Bb-Eb) cioè un accordatura in E aperto abbassata di mezzo tono; a questo punto l'accordo è costruito solo con le 3 corde basse, lasciando le 3 corde alte libere di risuonare. La forma dell'accordo permette di spostarlo in "sliding" [6], e ciò, combinato con le tre corde che risuonano libere, crea un effetto irriproducibile con un'accordatura standard.
Questa è una di quelle poche canzoni che ascolto in loop, due o tre volte di seguito, e che mi "rovinano" il resto del disco. Che prima ho definito noioso, e magari è semplicemente fatto sbiadire da una canzone così affascinante e "perfetta".
Note e links:
[1] Sarà anche stato l'effetto del nome, che mi fa venire in mente qualcosa tra un motorino degli anni '70 e un fumetto porno, piuttosto che le apparecchiature audio americane cui in realtà si riferisce?
[2] "Men are always ready to respect anything that bores them" è la frase in questione. Secondo me è straordinaria.
[3] Gli accordi sono annotati con la nomenclatura anglo-americana, se volete suonare rock vi conviene prendere confidenza subito con questa notazione, perchè il 99% dei guitar-tab che si trovano sul web questa usano.
Corrispondono comunque a Do#, Sol# m, Si, Fa#.
[4] "Palm mute" è la tecnica che, usando il palmo della mano destra, smorza il risuonare delle corde subito dopo la pennata, usato in maniera a mio parere magistrale da PJ Harvey in molti pezzi di "To Bring you my Love".
[5] Dire accordatura alternativa e pensare ai Sonic Youth è un tutt'uno, loro sono quelli che ne hanno fatto una vera a propria arte, portandola a livelli di perfezione assoluta.
Ma non erano i soli, altri esempi sono sicuramente Nick Drake (non si possono suonare le sue canzoni con accordatura standard. Non funzionano), Robin Guthrie dei Cocteau Twins (ricordo alcuni arpeggi che mi facevano impazzire di rabbia: ma come 'azz' si fa a suonare 'sta roba? E invece erano tutte corde vuote, accordate proprio sull'arpeggio)
Stesso approccio per Adam Franklin degli Swervedriver (gruppo sottovalutato se ce n'è mai stato uno) che partiva da un accordo "non ortodosso" e accordava la chitarra per poterlo suonare a corde vuote, e da lì costruiva il resto della canzone.
[6] Che non è la chitarra suonata con il bottleneck, ma la tecnica di passare da un accordo all'altro non sollevando le dita e riformando il nuovo accordo, ma facendo scivolare le dita lungo il manico della chitarra, senza mai sollevarle, ottenendo il tipico suono slide durante il passaggio da un accordo all'altro.
giovedì 14 ottobre 2010
Dava fastidio anche il blog chiuso... avevo pensato di lasciarlo qui perchè c'erano cose che mi faceva piacere restassero a disposizione di chi le avesse volute leggere.
Invece no, cagate di cazzo uguale.
Boh.
Aggiornamento - 11 dicembre 2010
Siccome oggi mi gira così, ho rimesso on line i post strettamente musicali.
Invece no, cagate di cazzo uguale.
Boh.
Aggiornamento - 11 dicembre 2010
Siccome oggi mi gira così, ho rimesso on line i post strettamente musicali.
venerdì 8 ottobre 2010
Fine
Domando scusa e rispondo qui velocemente, avevo disabilitato i commenti per errore e oggi sono stato tutto il giorno in giro per lavoro.
A me sembra fondamentale la differenza tra parlare male di un gruppo e insultare chi ne parla male.
La prima cosa la faccio continuamente, la seconda (quasi) mai. Una volta, mesi fa, ho detto ad Andrea con gli occhiali da sole che scriveva stronzate, e poche ore fa ho dato della testina di cazzo a tale Gix. Se qualcuno è in grado di dimostrarmi che mi sbaglio, domanderò immediatemente scusa.
Già che siam qui, mi levo un paio di sassolini dalle scarpe.
Sassolino uno: chiarathebrixton, accidenti, non hai ancora imparato a leggere :)
Ti prego, dimmi pure dove ho usato la parola "coglione" (o simili) per insultare chi non è d'accordo con me, o dove mi sono incazzato perchè qualcuno non era d'accordo con quello che ho scritto.
Mi sembra di aver sempre avuto il massimo rispetto per i miei interlocutori, e di aver ricevuto in cambio una discerta serie di insulti personali.
Pare anche che questa cosa sia chiara solo per me, se tutti gli altri non vedono differenze tra parlare male di un disco e insultare chi ne parla, vuol dire che è la stessa cosa.
Sassolino due: (a voler fare in fretta saltano i sassolini...) il magnifico ragionamento di Zio Scriba che, facendomi simpaticamente notare quanto io fossi maniacale e patetico, con l'aggravante di "vedere tutto sotto la mia lente deformante di appassionato di musica", rilevava giustamente la superiorità assoluta della narrativa rispetto alla musica, essendo la prima una scelta sempre ponderata e intellettuale.
Zio, mentre ci pensi su e ci fai sapere quale posizione occupano tra queste arti di "serie A" e di "serie B" altre espressioni artistiche tipo teatro, cinema, pittura, scultura, poesia.... posso avanzare l'ipotesi di non essere l'unico a filtrare la realtà con la lente delle proprie passioni?
Quello che mi ha fatto davvero male è stata l'ipocrisia di persone che credevo amici sia pure solo "virtuali", di web.
Adesso potete pure cominciare a dire che mi lamento, che sono vittimista, arrogante, volgare, autoreferenziato e snob (sono solo esempi, eh, come si dice a "titolo esemplificativo e non esaustivo")
Grazie a tutti quelli che hanno seguito il blog e scusa a quelli (molti di più) che si sono incazzati, ma come dice Guccini:
"se son d' umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie:
di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo..."
Ciao a tutti.
Note e links:
[1] Avete visto che bella l'immagine del gattino che ride? Non vi fa tanta tenerezza?
Ricordandovi che chi non parla male del boss una volta al giorno uccide un gattino, anche per oggi ne salvo uno, sperando che qualcuno voglia raccogliere il testimone di questa importante funzione sociale di "Place to be":
Chi beve birra campa cent'anni.
Chi ascolta il boss, condoglianze.
giovedì 7 ottobre 2010
Grinderman al Live Club di Trezzo d'Adda
Concerto dei Grinderman ieri sera, i dischi (gli mp3, a dire il vero) del "nuovo" gruppo di Nick Cave mi hanno fatto tornare la voglia di vedere un live dopo parecchi anni di assenza.
E di anni ne erano passati parecchi davvero: quasi dieci, ovvero l'età di mio figlio, che ha contribuito molto a riempire le serate prima dedicate alla musica dal vivo... :)
Divertentissimo è stato vedere il pubblico, in media abbondantemente sopra i 34/40, con grande presenza di capelli grigi e capelli rosa; il concerto più "fermo" che abbia mai visto, nonostante l'energia della musica che veniva dal palco.
Complici età e sciatica, dopo qualche saltello sui primi due/tre pezzi che ha mandato in debito d'ossigeno i temerari che ci hanno provato, la stragrande maggioranza delle persone si è limitata ad ondeggiare da ferma, ormai placata. [1]
In formissima invece Nick e Warren Ellis, che zompano in giro, reggendo tranquillamente l'ora e mezzo di concerto.
Nick Cave è il solito, capelli (scarsi) lunghi (ma senza baffoni), giacca anni '50 e atteggiamento in bilico tra ironia e teatrino: si prende molto meno sul serio di qualche anno fa, e gioca con la vecchia immagine di "artista maledetto", mescolandola con alcuni stereotipi rock (urletti, ululati da lupo, yeah assortiti).
E prova anche qualche battuta in inglese (ma si vede che il popolo degli anglofoni del web non era in sala, perchè sembra lo capiscano in pochissimi) risultando molto più simpatico di prima.
I quattro picchiano niente male, tra rock e noise. Peccato per il suono bruttino e poco definito: il basso si impasta con la cassa e copre il resto, la chitarra di Nick ha un effetto zanzara un po' troppo pronunciato.
Per fortuna la voce si sente discretamente, mentre ottimo è tutto quello che riguarda Warren Ellis: suoni e "stile" strumentale, diviso tra chitarra, violino e "chitarrina" (?), maracas e rumorini vari.
A fine concerto, fila più lunga del solito ai bagni, l'effetto birra sulla prostata indebolita dall'età di noi vecchietti è micidiale. Tante facce felici ma esauste - e sono le undici eh! - mai visti tanti sbadigli tra il pubblico che abbandona la sala, e non è noia ma pura e semplice stanchezza: non siamo più abituati a fare le ore piccole...
Note e links:
[1] Prima che qualcuno si offenda e mi caghi il cazzo come al solito, non sto prendendo per il culo nessuno: io ero probabilmente tra i più fermi di tutta la sala (non ho neppure ondeggiato da fermo), i miei capelli sono ormai più che grigi e a fine concerto avevo un discreto mal di schiena.
mercoledì 6 ottobre 2010
Ogni scarrafone...
Son tutti bravi e son tutti belli gli artisti del mondo.
Se ci pensate bene, per qualunque gruppo/artista che abbia venduto almeno un disco si può trovare almeno una persona cui quel disco deve essere piaciuto, anche se solo per qualche minuto...
E quindi dire che quel disco non ti piace diventa automaticamente un'offesa per qualcuno: significa non rispettare i gusti degli altri.
In effetti, a questo punto non si può più esprimere nessuna opinione negativa [1][2], perchè esiste sempre qualcuno che la pensa, su qualsiasi argomento, in modo diverso da te.
Con quale coraggio si può dire male di Berlusconi, sapendo che farai soffrire milioni di sinceri sostenitori del Pdl?
Con quale coraggio si può dire male di Renato Zero, sapendo che farai soffrire milioni di sinceri sorcini?
Con quale coraggio si può dire male di Christian De Sica, sapendo che farai soffrire milioni di sinceri appassionati di cinepanettoni?
Con qual coraggio si può dire male di Federico Moccia, sapendo che farai soffrire milioni di sinceri lucchettatori di ponti?
(ad libitum)
A me per esempio "Era lei" di Michele Pecora [3] ricorda l'estate del '79, avevo 15 anni ed era la prima volta che mi ero innamorato di una ragazza.
Quando mi viene in mente quella canzone, mi ricordo il mio primo bacio sulla spiaggia di notte, e tutte le magnifiche cose che succedevano a quell'età (quelle brutte, è passato tanto tempo e non sembrano più così importanti)
Però ecco:
"Era lei" di Michele Pecora fa cagare lo stesso.
Non dirò mai che era un "bel disco" perchè lo ascoltavo quando avevo quindici anni, perchè musicalmente rimane un'orrida cagata, qualsiasi siano i ricordi ad esso legati...
A me sembra che spesso si confonda qualcos'altro con il "valore" di un disco: nostalgia principalmente.
E quindi, se trovo qualcuno che dice "che bravi gli Styx", non resisto: bisogna pur dirlo che fanno e facevano cagare :)
Note e links:
[1] E il tutto al netto della volgarità, cifra stilistica di questo blog!
[2] A me, questo doversi limitare a parlare in positivo per non offendere nessuno mi ricorda un po' troppo Jovanotti... che, per carità, è bravissimo eh!
[3] Disco ed artista esistono davvero, controllate su Wikipedia.
lunedì 4 ottobre 2010
Cambio di rotta: blog volgare ed offensivo
Fantastico, davvero.
Il numero di verginelle in libera uscita da un educandato di fine '800 che vagano sul web è ormai fuori controllo.
Sono dunque costretto a dichiarare questo blog e il suo autore volgari, maleducati, politicamente scorretti e completamente sprovvisiti di classe.
Qui verranno usate senza ritegno espressioni di volgarità inaudita come "disco di merda" o "il gruppo xyz fa cagare".
Mi rendo conto che i tempi non sono ancora maturi per una tale libertà di linguaggio, e che quindi la possibilità di offendere qualcuno è tutt'altro che remota.
Quindi, e valga come avviso: tutti i minori di 21 anni sono pregati di non leggere le cose che scrivo qui; i maggiorenni anche, soprattutto se deboli di cuore.
In cambio, eviterò di sorprendere qualcuno a tradimento lasciando commenti inaccettabili su altri blog: capisco che il rischio di esporsi a questo tipo di linguaggio debba essere espressamente scelto e non possa essere imposto a chicchessia.
Rimane il problema di chi ipocritamente si scandalizza per quello che scrivo io e poi usa le stesse espressioni sul suo blog: qui non ci posso fare nulla. Ma di questo è inutile parlare, come è inutile ribadire la sottile differenza tra dire che un gruppo/artista fa cagare e gli apprezzamenti su come sei fatto tu che l'hai scritto.
Per finire, prima che qualcuno si senta in dovere di dirmelo: sono permaloso, presuntuoso, e varie altre parole che finiscono in -oso (mostruoso, rancoroso, riottoso, sciantoso) e anche altre che non finiscono in -oso (a piacere).
Note e links:
P.s. - anche oggi salvo un gattino, e comincio la mia missione per conto della volgarità dicendo che Bruce Springsteen è efficace almeno quanto la dolce Euchessina (per i bimbi buoni).
domenica 3 ottobre 2010
Giardini di Mirò - Altri Giardini + Altri Altri Giardini
Della auto-cover-compilation "Altri Giardini" dei Giardini di Mirò avevo già parlato quando è stata resa disponibile in streaming a Maggio, ora una breve ripresa dell'argomento per segnalare che su Bandcamp è disponibile il download digitale dei 17 pezzi di quella prima raccolta, insieme con i 6 pezzi della seconda parte, Altri Altri Giardini.
Entrambe disponibili in modo completamente gratuito e con la solita alta qualità di Bandcamp, uno dei miei siti preferiti per la condivisione "legale" di musica.
Mi sembra quasi inutile consigliarvi il download... :)
giovedì 30 settembre 2010
Impressioni di (fine) settembre
- In questi giorni è arrivato un pacchettino postale dal mio spacciatore di cd preferito d'oltremanica, la Dead Pilot Records.
Con dentro i cd di Plurals, Seabuckthorn, Stray Ghost e Parallel Lines.
In realtà li avevo già ascoltati tutti in mp3, ma questi acquisti sono più che altro un modo per far sapere a queste persone che apprezzo il loro lavoro (e poi un rip "fatto in casa" è più sicuro di un download di qualità magari non certa...)
- Ehehe, ti sei salvato in corner con "il rip fatto in casa", ero già pronto a contestarti questo volersi procurare la "copia fisica" di un cd. Forse c'è un po' di collezionismo qui? Un po' di piacere nell'avere una cosa che hanno in pochi?
Oppure sei passato anche tu dalla parte degli annusatori di vinili?
- Sulla parte del collezionismo, può essere, mai preteso di essere perfetto: questi lavori in particolare mi piacciono molto anche per la loro parte "fisica", che trovo molto bella.
Ma è un "di più", la musica non cambia...
Poi certo, per chi è fermo alla fase orale questi cd si possono anche ciucciare, mentre per chi fosse ancora alla fase anale, consiglio prudenza, i bordi delle confezioni in cartone sono abbastanza taglienti.
- A me invece è arrivato l'ultimo cd della Sustain-Release, cioè Richard Skelton sotto l'identità di Clouwbeck. E questa è invece proprio una questione di oggetto-disco, la musica ma non solo, tanto per contraddire quello che tu sostieni di solito.
- Ehehe, ma va bene, tu non sei me e quindi hai il "permesso" di avere queste debolezze che io non ho (e che se avessi non confesserei mai!)
Volevo parlare anche velocemente del nuovo disco di David Sylvian ("Sleepwalkers"), caruccio ma un po' sfocato: è una sorta di "Everything and Nothing" parte seconda, cioè una raccolta di inediti e collaborazioni varie degli ultimi 10 anni circa, ma nel complesso è un lavoro frammentario, solo per completisti ed appassionati.
- Va beh, Sylvian a parte sono le tue solite menate ambient-drone inascoltabili. Ma un po' di sano rock, sudore e chitarroni?
- Direi che posso accontentarti: aggiungiamo i baffoni e voilà, Grinderman 2: un po' più moscio del debutto nelle "punte", ma in generale più solido, più cattivo, senza cose devastanti come "No Pussy Blues", ma anche senza pezzi che avrebbero potuto invece essere nei normali dischi dei Bad Seeds degli ultimi 10 anni.
Ha anche un pregio per me fondamentale: è un "album", 9 pezzi per quaranta minuti, senza sbrodolate e riempitivi (almeno fino alla futura "De Luxe/Del Cazzo" edition)
Un bel disco teso ed essenziale: quello che mi piace dei Grinderman è che mi ricordano la prima cosa in assoluto che io abbia ascoltato di Nick cave, cioè il mini-lp live "Drunk on the Pope's Blood", cover di "I Wanna Be Your Dog" incorporata.
- Hai altri argomenti per oggi?
- L'ultimo, ATPR ("Ater the post rock") è un forum dedicato, come da acronimo, a quello che c'è dopo il post rock (metà tà phisicà, direi, aristotelicamente parlando. E ti va bene che non so come si scrivono i caratteri greci sul web...)
- Beh un forum musicale non mi sembra un posto particolarmenete interessante, immagino una marea di sfigati nerd indie-snob (post-rock-snob? noisesnob? dronesnob?) che sbrodolano pareri sui loro eroi del cuore?
- E invece no. Qui ci sono almeno due sezioni del forum che sono particolarmente interessanti.
La sezione dedicata al "Your Own Material", in cui si trovano le produzioni di etichette come l'appena citata Dead Pilot e simili (Heath Death Records ad esempio, e millemila altre) e di singoli artisti come Ekca Liena e Message to Bears ad esempio.
Ovvero, in sintesi, le cose più interessanti che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi.
L'ultima "scoperta" qui è stata la Rural Colours, che si presenta così: "RC è una net label ibrida che si concentra su generi quali il folk sperimentale/ambient/drone. Facciamo release fisiche su cdr 3". Il download, gratuito o a pagamento (a scelta degli artisti) è disponibile per tutti dopo ogni relase fisica"
Il formato scelto dalla Rural Colours ha come conseguenza l'essenzialità delle produzioni: sul cd 3" c'è posto per non più di una ventina di minuti di musica, un limite che costringe alla sintesi anche chi sarebbe portato al suo opposto.
Tra le prime produzioni, ho trovato molto interessante la proposta dei Finglebone.
L'altra sezione che trovo molto interessante è "Gear & Musician Discussion", in cui si parla di "Music Gear/Equipment, Software, Recording, Headphones/HiFi, etc."
Soprattutto ma non solo per musicisti, vi si trovano molte discussioni interessanti sulla parte "tecnica" della musica.
lunedì 27 settembre 2010
Artistinoiosi: Jimi Hendrix
A me Jimi Hendrix piace anche.
Qualche canzone, almeno.
Hey Joe, Little Wing, The Burning of the Midnigth Lamp.
Però.
Quanto è noioso. E' il prototipo di tutti i chitarristi che si prendono l'occhio di bue durante l'assolo.
Lui era bravo bravissimo eh!
Ma sarà un caso che la sua canzone più famosa e conosciuta non l'abbia scritta lui?
Bravo bravissimo, certo.
Ma sarà un altro caso che le schiere dei suoi imitatori si siano di massima limitati all'aspetto masturbatorio del suo modo di suonare la chitarra, dimenticandosi completamente (aveva già iniziato lui, d'altra parte) che assoli e chitarre sono solo una delle parti di una canzone, e non ne sono l'unico motivo d'essere?
Bravo bravissimo, come dire il contrario?
Ma insomma, è morto un po' prima dell'altroieri, lui ha sicuramente contribuito a definire la chitarra rock, ma per fortuna la musica è andata avanti nel frattempo.
Bravo bravissimo, ci mancherebbe altro.
Ma anche molto più conosciuto dal grosso pubblico per il "contorno" (chitarre in fiamme, suonate coi denti o dietro la schiena, il "bombardamento" di Woodstock) che per la musica vera e propria.
Bravo, impossibile negarlo.
E' pure morto ed era nero, ce le ha tutte perchè non se ne possa che dire bene.
Bravissimo, come non riconoscerlo.
Guai a dirne male.
Ma che noia i suoi dischi.
Note e links:
E sto parlando solo di quelli "ufficiali", della messe di postumi quasi non vale la pena neanche accennarvi...
lunedì 20 settembre 2010
Horomusic WJE 168 Arte
Si è svolta a Milano, dal 16 al 19 settembre 2010 la 23a edizione di "Top Audio Video Show"
Nella prestigiosa sede dell'Atahotel Quark di Via Lampedusa 11/A si sono dati appuntamento i più noti
Grandissimo il successo riscosso dal nuovo giradischi ("piatto" per gli intenditori) di Horomusic: il WJE 168 Arte, che alla modica cifra di 35.000 euro circa propone un piatto accordabile (?) con una serie di caratteristiche tecnico-fuffiche che impallidiscono di fronte al vero colpo di genio: il braccio accordabile costruito con un archetto per violino.
E' evidente come il modello 168 Arte sia però indicato per ascoltare soprattutto musica classica: i risultati migliori si ottengono accordando il piatto (?) e il braccio sulla tonalità della composizione da ascoltare. [1]
Ma noi siamo riusciti ad entrare nel sito di Horomusic tramite hackeraggio dell'indirizzo ip [2] e siamo quindi in grado di svelarvi le prossime uscite della serie WJE 168, studiate dalla casa produttrice per venire incontro alle esigenze di tutti gli appassionati di musica.
WJE 168 Dark
Il braccio accordabile è costruito con legno di bara stagionato in cripta dei cappuccini (generica).
Le risonanze della musica di Bauhaus e Cure non sono mai state così oscure e funebri come con questo piatto.
WJE 168 Classic Rock
Il braccio accordabile, costruito in legno di botte di whisky bevuto da Keith Richards nel 1975, suona solo dischi registrati fino a tale data, autodistruggendosi non appena messo a contatto con un disco prodotto in seguito.
WJE 168 BS
Edizione tra le più ricercate dagli appassionati: il braccio accordabile è fatto in sudore rappreso di Boss. Caratteristica aggiuntiva del modello è la tipica pesantezza della base, che deve esere posata in loco dalla gru di sollevamento dei razzi Saturn V di Cape Canaveral.
Il modello si rifiuta di spegnersi prima di 3 ore, quindi assicuratevi di avere abbastanza tempo libero quando lo accendete.
WJE 168 Punk
Il braccetto accordabile è costruito in spille da balia usate e indossa chiodo e anfibi di ordinanza. Sputa adosso a chiunque si avvicini a meno di tre metri dall'apparecchio.
WJE 168 Avant-Garde
Il braccetto accordabile è costruito in materiale immaginario, così come il piatto. Con questa versione potete immaginare di ascoltare un disco e godervi la purezza dell'idea, senza perdere tempo con la sua realizzazione.
WJE 168 Doom-Noise-Drone-Glitch
Il braccetto accordabile è costruito con il braccetto di una fonovaligia Geloso del 1960. La puntina non c'è, tanto non serve: suonateci un disco qualsiasi e questo modello ve lo trasforma in un'esperienza doom-noise-drone-glitch indimenticabile.
Note e links:
[1] Quando ci si mette d'impegno, si può riuscire a credere a tutto...
[2] Con il solito trucco del 127.0.0.1, funziona ancora!
giovedì 16 settembre 2010
Cazzata Corrige: Lou Reed - Metal Machine Music
A proposito di "MMM", ieri ho scritto una discreta dose di cazzate.
Ne ho parlato basandomi sui ricordi di un ascolto fatto diversi anni fa (e mai più ripetuto), integrato dalla recente lettura di alcuni articoli di Lester Bangs sul disco in questione.
Però mi è venuto il dubbio e ho provato a riascoltarlo.
Ora, non so se per Lou Reed era una semplice provocazione. Ma direi di no.
Perchè non è un disco "bello". Non ci sono canzoni, ma solo rumori.
Che non sono però macchine, anzi.
Si sente chiaramente che il 99% è fatto di chitarre, feedback e delay.
E quindi.
Questo è davvero un disco in anticipo sui tempi. Perchè da questo disco ne discendono - letteralmente - centinaia di altri, molti dei quali non fanno altro che girare intorno alle idee messe qui dentro da Lou Reeed. Tutta la musica che parte dalla scena industriale degli anni '80 fino al drone-noise dei giorni nostri deve qualcosa a questo disco, che ha generato tantissimi figli.
Poi, tra questi figli, mica tutti hanno fatto solo cose belle ed interessanti (ma questa sembra sia una specialità limitata gli autori "pop di classe", che non sbagliano mai non dico una canzone, ma neanche un album...)
Però Fennesz, William Basinski, Richard Skelton, Ekca Liena e in generale la migliore scena drone-diy (vedi ad esempio la raccolta "Drone Poets" della mia favorita Dead Pilot Records), sono tutti passati da qui.
"MMM" non è certo un disco da ascoltare tutti i giorni. Forse neppure tutti gli anni. Diciamo che una volta ogni dieci anni potrebbe essere una dose tollerabile.
Ma è davvero un disco di avanguardia: se per Lou era uno scherzo, una ripicca verso la casa discografica, beh - vuol dire che lui era così avanti che era addirittura più avanti di sè stesso. Pensava di scherzare, e invece stava inventando un nuovo modo di fare musica.
Note e links:
Nota per me stesso: ricordati di non parlare più di cose che non hai ascoltato negli ultimi dieci anni...
mercoledì 15 settembre 2010
Dialogo dei massimi sistemi: libri di carta e libri elettronici
Nella foto: ah come erano indubbiamente più appaganti per i sensi gli incunaboli del XV secolo rispetto ai libri di oggi!
- Hai visto la discussione a proposito "libro elettronico" sul blog di ReAnto?
- L'ho vista, l'ho vista, ma sono rimasto in disparte - però tu te la sei presa a cuore!
- Mah, un pochino sì. E' che a me le opinioni preconcette danno sempre fastidio, se poi sono unite a snobismo(anche non indie) mi fan venire la mia solita orticaria.
Questa del libro di carta contro il libro elettronico è una variante della solita mp3 contro cd contro dischi in vinile, ma se possibile è ancora peggio: perchè si svolge completamente in formato elettronico. E' un po' come girare un film che sostiene la superiorità assoluta del teatro sul cinema, oppure scrivere email che sostengono la superiorità assoluta della posta tradizionale su quella elettronica.
- Vabbè, ma che peso dai allora all'odore della carta, al peso del volume, alla bellezza della copertina e dei caratteri?
- Più o meno, un cazzo. Non ho mai comprato un libro per annusare la carta o assaggiarne le pagine, ma solo per leggere quello che c'è scritto sopra. A me sembra una cosa, come dire, naturale, che non dovrebbe nemmeno essere messa in discussione. Un libro di carta pieno di stronzate rimane pieno di stronzate. Il mezzo non è per nulla il messaggio.
- Su questo non sono d'accordo con te: esistono mezzi che "appiattiscono" il messaggio, lo distorcono, lo narcotizzano. Vogliamo fare l'esempio della televisione?
- Anche no. Questa cosa della televisione è indiesnobismo luddista, come il rifiuto della tecnologia cattiva che sostituisce i libri buoni. Non mi sembra che la televisione abbia abbassato il livello culturale delle masse, direi anzi il contrario.
Però è molto più figo rimpiangere i tempi prima della tv, quando tutti nel tempo libero leggevano Schopenauer ed ascoltavano Mozart.
Il web è un contenitore di democrazia e libertà, molto più di un giornale o di un libro. Perchè al web puoi partecipare. Altro che "dove metto le note a margine", qui ad esempio c'è una sezione di commenti, che oltretutto non rimangono solo a te, ma sono visibili da chiunque stia partecipando alla discussione.
- Ma mica tutto quello che è nuovo è buono! Così corriamo il rischio di buttare via anche cose valide.
- Forse. Ma qui stiamo in ogni caso parlando di messaggi, non di contenitori. L'originale di, per dire, uno dei Dialoghi di Platone era probabilmente scritto su un papiro, poi è stato trascritto su pergamena dagli amanuensi, poi è stato stampato con le varie tecnologie disponibili di volta in volta, e adesso si può trovare senza fatica sul web.
Beh, non ci crederete ma sono sempre le stesse parole. Le idee non cambiano a seconda del supporto che le contiene. Quindi questo focalizzarsi sul contenitore e non sul contenuto, torniamo all'orticaria.
- In effetti si potrebbe dire che, rimanendo nel campo della parola scritta, qualsiasi progresso tecnologico nella sua riproduzione abbia contribuito a una maggiore diffusione del "libro". Se non altro per la crescente diminuzione del costo di riproduzione e quindi del prezzo di vendita. A meno che non si voglia sostenere che la cultura fosse più diffusa e più accessibile al tempo degli amanuensi medioevali, o degli aristocratici ateniesi.
- Già, e chissà come si lamentavano i "conservatori" di ogni epoca, sostenendo come la pergamena fosse un esperienza tattile largamente inferiore a quella del papiro, oppure la freddezza asettica della diabolica macchina di Gutenberg rispetto alla calda scrittura gotica degli amanuensi di Tubinga, e via di seguito.
- Vero, figurati che sono risucito a trovare persone che si lamentano dei nuovi social network "cattivi" (Twitter, Facebook) che tolgono pubblico ai "buoni" blog...
- E in tutto questo, la cosa più bella è che nessuno ha parlato dell'oggetto della discussione citata all'inizio: cioè il Kindle, ovvero un lettore elettronico di nuova generazione, che non ha praticamente nulla a che vedere con lo schermo del computer. Ma l'importate era sostenere a prescindere la superiorità della carta.
Note e links:
"Massimi sistemi" è auto-ironico, eh: l'ispirazione per la forma è Gianni Brera, mica Galileo Galilei :)
venerdì 10 settembre 2010
Dischichenonciarrivoproprio: Captain Beefheart - Trout Mask Replica
Nella foto: piace proprio a tutti questo disco! E quella che ha in mano Obama è la copia lasciata alla Casa Bianca da Richard Nixon.
Eccoci qui. Quasi una richiesta questa puntata [1], ma è una "sfida" che ho raccolto volentieri.
Perchè la mia storia con questo disco è di lunga data, l'ho ascoltato per la prima volta attorno al 1985, poi una seconda volta una decina di anni dopo, e una terza volta qualche mese fa.
Ogni volta, arrivato alla fine del disco pensavo "mah" e passavo ad altro. [2]
Dopo aver letto la - veramente bellissima - recensione/saggio linkata da Sigur Ros [3] ci ho riprovato: il disco era rimasto nell'iPod e, con abnegazione e discreto sforzo di volontà, l'ho ascoltato non meno di quattro volte, dall'inizio alla fine, nel tragitto casa-ufficio e ufficio-casa. [4]
Ora.
Capisco e posso apprezzare la parte concettuale dell'opera.
Ma, come già anticipato nella discussione già citata nella nota 1, ancora prima di definire cosa sia la "piacevolezza" in ambito musicale, credo che nell'ascolto di un disco ce ne sia bisogno. Qualunque cosa sia per voi "un ascolto piacevole" [5], qui non c'è quasi nulla di quello che tale lo rende per me.
Non è che mi spavento per un po' di rumore, di disarmonia, di dissonanza.
Ma quando la dissonanza è la regola, quando il "non piacevole" è cercato ostinatamente, quando disarmonia e assenza di melodia sono tutto quello che c'è, beh, mi arrendo.
E posso anche capire la scrittura rigorosa delle parti strumentali, la ricerca di un obiettivo pienamente raggiunto, cosicchè ogni cosa che si sente sul disco è esattamente quello che Captain Beefheart voleva si sentisse.
Ma quando lo scopo è realizzare qualcosa di inascoltabile [6], perchè dovrei ascoltarlo? Se lo facessi, contribuirei a non realizzare lo scopo per il quale il disco è stato registrato...
Questo disco potrebbe essere uno scolapasta senza buchi, magari ideato da un famoso designer: forse anche bellissimo, ma inutile.
E' un disco senza musica e senza canzoni.
Ci sono alcune cose che mi piacciono lo stesso, intendiamoci: il suono delle chitarre è veramente bello, e quel suono, quel tipo di interplay tra le due chitarre che a volte si intra-sente sono secondo me la cosa che più ha influenzato i gruppi "eredi" di questo disco.
Per il resto:
- La voce è insopportabile. Le vocine e lo vocione, già non mi piacciono particolarmente nei dischi di Zappa...
- Le canzoni "a cappella" [7] sono irritanti: l'effetto "messa cantata" è obbrobrioso.
- Anche quelle poche volte che le chitarre stanno suonando "insieme", la voce non è che perda troppo tempo a seguirle: di solito continua ad andare per conto suo.
- Il basso forse c'è, forse no. Non pervenuto.
- La batteria è veramente registrata alla cazzo.
- Il missaggio, sembra fatto a seconda di chi c'era in quel momento al mixer: un tecnico del suono, un passante, il cane di Captain Beefheart, il ragazzo dei giornali o la signora delle pulizie. La voce è spesso insopportabilmente alta, a volte le chitarre spariscono del tutto.
- A volte arriva un sax suonato alla cazzo, che fa tanto figo e free-jazz. [8]
E parlando delle non-canzoni:
- C'è un brano che sembra root-blues, d'accordo. Carino. E quindi?
- Ci sono un due/tre di pezzi dove il Capitano non canta. Mi immagino la band che si ritrova in studio: "Dov'è il capo? Ha detto che oggi non viene, cià mal di pancia." E giù di corsa, tutti contenti, a registrare un pezzo senza quella cazzo di voce sopra.
- La poliritmia di cui si parla nell'articolo linkato, non la sento. "Poliritmia" sono diversi ritmi fusi insieme, non ritmi diversi in diverse canzoni (o diverse sezioni della stessa canzone), o una batteria suonata come capita.
- Le chitarre slide, (stessa fonte del punto precedente), boh. Sicuri che chi ha scritto quella parte il disco l'ha sentito? Io ho sentito una slide forse in un paio di brani.
- I testi, boh. Saranno anche bellissimi, ma non li capisco al volo, non conosco abbastanza bene l'inglese. Dovrei mettermi lì, sforzarmi di ascoltare solo il testo per cercare di capire: non è una cosa che faccio normalmente mentre ascolto un disco.
- I brani hanno un grosso pregio: sono corti. Almeno quello. Che poi sono tantissimi. Non mi capita spesso di guardare il contatore del cd ("Dove siamo, al brano nr. 15? Minchia, ancora 13?") e sperare che arrivi alla fine in fretta.
Questo è uno dei pochi dischi che mi fanno pensare "ma che bello, è finito!".[9]
Insomma, per realizzare un disco che sembri così compiutamente fatto alla cazzo, ci sono due strade: o scrivere esattamente il tutto, nota per nota, cercando continuamente di dare l'impressione di un caos casuale, per nulla controllato.
Oppure, più semplicemente, farlo alla cazzo. Come viene viene.
Se lo chiedete a me, la seconda che ho detto.
Note e links:
[1] Vedi il commento di Joyello (27/08/10 ore 13.13) e seguenti nel post Vacanze finite.
[2] Non è particolarmente originale, ma di solito mi veniva in mente la Corazzata Potëmkin.
[3] Nei commenti al post citato nella precedente nota 1.
[4] Il primissimo risultato è stato un ulteriore calo di entusiasmo all'idea di andare al lavoro, subito bilanciato da un inaspettato calo di entusiasmo all'idea di tornare a casa...
[5] Che può essere qualsiasi cosa: per me, il rumore controllato dei primi Sonic Youth, le melodie sepolte sotto il feedback dei My Bloody Valentine, le destrutturazioni sonore dell'ultimo David Sylvian, il rumorismo laptop di Fennesz, i droni minimali di Richard Skelton.
[6] Versione politcally correct: "diversamente ascoltabile".
[7] Non nel senso di "estremità anteriore del cazzo". O forse sì, ripensandoci.
[8] E qui, devo dire "no, grazie". Non mi interessa il jazz, stiamo parlando di rock. Non trovo la necessità di "nobilitare" il rock innestandovi supposte musiche più "alte", come il jazz o la musica classica.
[9] Per intenderci, che poi arriva Harmonica e ci lascia un paio di frasi contro la musica di avanguardia e a favore del pop di classe: con tanti dischi di avanguardia/noise/drone-psichedelico/field recording neppure aspetto che arrivino a metà, tasto "stop" e cancellazione perenne dall'iPod.
giovedì 9 settembre 2010
Prove tecniche di post: il disco "xxx" dell'artista/gruppo "yyy"
Oggi, un post-poll. [1]
Non sono rimasto veramente soddisfatto dal precedente post sul disco "xxx" dell'artista/gruppo "yyy", così provo qui a mettere altre versioni, nel tentativo di trovare una nuova strada per questo blog :) [2] [3]
1. Arrogante ed offensivo
E' finalmente uscito il nuovo lavoro di "yyy". Si intitola "xxx".
Non lo consiglio a nessuno di voi rincoglioniti che state leggendo. E' un disco di musica che può essere capita solo da me, da yyy e da pochissimi altri al mondo.
Cioè solo noi che abbiamo un q.i. superiore al 300.
Noi che non ci abbassiamo ad iscriverci al Mensa perchè il livello lì è troppo basso.
Per voi tutti ("gli altri") se la buona musica avesse le gambe non la riconoscereste neppure se vi prendesse a calci nel culo. Anzi, probabilmente avrebbe schifo a toccarvi il culo con i suoi piedi.
Non mi cagate il cazzo dicendo "si ma, però, io penso...". Soprattutto, rendetevi conto dei vostri limiti e non dite proprio "penso". Non è un'attività che fa per voi. Coglioni. Stronzi. Ignoranti.
2. Spiritoso (sembra basti mettere un po' di maiuscole, ripetere delle lettere e dirselo da soli...)
Ahahhahahhha CHE riiideeereee! COme sONO SPIRITOso! Non vi fa mOOOOOoooOOOrire daaaallLLL ridere questo poST? :-)))))
Qui si. AhhaAAAHHehheEEHHH!!!!
Ommiodddio non CE LA FaccIO a feeeermarMI! Sono DAVVEEEEErooo troPPO simPATIcoooo :)
3. Serio e poetico
A volte ti incanti per la pioggia: guardi le gocce che cadono, collidono sul vetro della tua finestra e sembra che muoiano schiantandosi lì. E invece non muoiono, ma si preparano semplicemente a rinascere. Si trasformano, assumendo una nuova identità: perchè questa non è la fine, ma è un nuovo inizio.
Gocciolando sgocciolano le gocciole di pioggia, e sul fondo del vetro, dove sbuffi di mastice lo uniscono al legno del telaio, si crea una nuova vita: le gocce si sono unite in qualcosa di più grande, più vasto della somma delle loro singolarità, più importante di ogni singola goccia, che non si è annichilita ma ha fornito il suo contributo alla creazione di questo nuovo rivolo d'acqua piovana.
A questo stavo pensando mentre ascoltavo l'ultimo lavoro di "yyy", in questo piovoso meriggio settembrino.
4. Tecnologico
"xxx" è il nuovo lavoro di "yyy".
Ho qui per le mani l'edizione in vinile da mezzo chilo, stampato presso gli studi "BASF/Deutsche Grammophone" di Hannover, già garanzia di qualità tecnica di per sè.
La qualità della stampa rende al meglio la perfezione del suono del lavoro, per il quale "yyy" non ha dato il consenso alla stampa su supporti diversi dal vinile, proprio nell'intento di fornire a tutti gli ascoltatori la massima qualità di riproduzione possibile.
Naturalmente la stampa non è che il passo finale dell'intero processo produttivo: le registrazioni sono state fatte esclusivamente con apparecchiature "vintage".
La lista comprende microfoni a condensatore valvolari del 1954 (Neumann e AKG), console autocostruita dagli studi Deutsche Grammophone nel 1952, registratore 2 piste su nastro da 1/2 pollice del 1958; in tutta la catena sonora non è stato utilizzato nessun effetto digitale (Delay a nastro Roland, Riverberi a piastra autocostruiti degli anni '50)
La cura posta durante l'intero arco della realizzazione rende "xxx" una gioia pura per gli orecchi degli appassionati di riproduzione sonora: qualsiasi impianto stereofonico di buon livello vi farà provare la sensazione di essere lì, in sala con i musicisti, a sentire il disco attraverso uno stereo.
5. Entusiasta
"Yyy" è, indubbiamente, l'artista più importante degli ultimi anni, e "Xxx" è un capolavoro, sia per le musiche che per i testi.
Le musiche, che si ispirano alla grande tradizione, ma non disdegnano la novità.
I testi, che sono veri stralci di vita vissuta.
Ma anche per il lavoro degli strumentisti: begli gli assoli, ottime le ritmiche, grandi gli arrangiamenti che portano innovazioni pur restando nel solco della storia della musica.
Di prim'ordine il lavoro sulla parte grafica, che ricorda molti ottimi lavori del passato pur trovando una via personale all'interpretazione artistico-visuale.
Le composizioni sono sempre ispirate, le atmosfere sono tese quando serve e rilassate negli altri casi, e bene si sposano con i brani che sono a volte veloci e a volte rallentano fino a sfiorare le atmosfere della ballata.
Con questo ennesimo capolavoro "yyy" si candida seriamente al ruolo di "nuovo zzz". Un titolo che, mi rendo conto, è stato spesso usato a sproposito negli ultimi anni, e che fa tremare i polsi - ma è un onore ed un onere che solo le spalle di "yyy" possono (sop)portare.
6. Tecnico e pedante
"xxx" è il nuovo lavoro di "yyy".
La ricerca sonora di yyy raggiunge qui vette mai toccate prima.
E limitiamoci a parlare solo della scrittura musicale: magari più avanti torneremo ad occuparci anche dell'immenso lavoro fatto sulla ricerca timbrica, sulla cura per i suoni in quanto tali, sull'attenzione ai dettagli produttivi.
Ma già a livello di scrittura siamo di fronte a un capolavoro.
Il primo brano, "aaa", parte con un semplice tema in 5/4, sviluppato con una progressione di accordi quasi classicamente blues (I - IV - V), ma ad ogni cambio di strofa l'accordo costruito sul V grado della tonica viene giocato e sostituito, ora dai gradi III e VI maggiori. ora dai gradi II e III minori, generando una serie di variazioni policrome francamente inaspettate.
Il ritornello varia il suo ritmo dai canonici 4/4 ai 7/8, con un paio di misure in 11/17 che generano un senso di straniamento nell'ascoltatore. Che subito viene però riportato su territori meno aspri dal middle-eight, sul quale si sviluppano due assoli contrappuntistici di chitarra e sax, la prima in scala misolidia minore e il secondo in scala frigia.
A questo punto, quando sembrerebbe naturale risolvere il middle-eight nella ripresa di strofa e ritornello, "yyy" con uno scarto tematico sorprendente introduce un finale in diminuendo, fatto di sostituzioni di accordi continue e reiterate, in uno schema di caos controllato che può ricordare la teoria delle stringhe. Genio allo stato puro.
Note e links:
[1] No, non è un gallinaceo cui piace ascoltare dischi di Mogwai e Tortoise.
[2] Chi volesse può lasciare la sua preferenza per uno degli stili nelle note!
[3] Questo post è una puttanata, tanto per giocare un po'.
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